
André Van Lysebeth accanto a Gabriella Ferrari negli Anni 80 a Parma.
Ero andata a Torre Pedrera a Rimini a un convegno di 3 giorni solo per seguire le conferenze di Frederick Leboyer. Avevo con me Laura e Luca piccoli e nessuno che me li tenesse (e neppure nessun compagno di seminario si offrì di aiutarmi per tre ore). Sono entrata in questa enorme sala conferenze con loro, i bimbi avevano da disegnare e dei giochini e mi sono messa proprio in fondo. Lui aveva da poco iniziato a parlare e come mi ha visto si è interrotto e rivolgendosi proprio a me, dal microfono ha detto: «Non continuo fino a che quella signora non esce, i bambini devono stare all’aria e non qui, deve portarli fuori». Io sono uscita, ma lo ho detestato e questo episodio mi ha rafforzato nell’idea che ci sono i diritti dei bambini, ma anche quelli dei loro genitori e che alcuni orientamenti sono settari e non equilibrati.
Molte invece le frequentazioni anche conviviali con André Van Lysebeth. Veniva molto spesso a Parma, insieme con la moglie Denise, ospiti di Gabriella Ferrari. Occasioni speciali per poter praticare con loro in gruppi relativamente piccoli e intimi e poi fermarsi a pranzare insieme. Andrè era vegetariano, amava molto il formaggio Parmigiano Reggiano e faceva volentieri un’eccezione alla regola con il prosciutto di Parma, di cui era ghiotto. Ricordo parecchi seminari, primo fra tutti quello di una settimana a Torgon in Svizzera nell’estate 1980 quando ero incinta. Al seminario partecipavano più di 150 persone, Andrè Van Lysebeth era su un palco e tutti noi sui prati attorno. Ho riportato da quella esperienza una sensazione di disagio per queste adunate oceaniche. Per fortuna ho avuto occasione di praticare con lui in altre occasioni.
Poter essere sua allieva è stato un grande dono, per la capacità straordinaria che aveva di spiegare tutto in modo semplice, per la precisione delle tecniche, per la presentazione delle varianti. Nella biblioteca della Millepiedi conserviamo con cura tutte le riviste Yoga (che André editava, ndr) tuttora molto attuali. Ho conosciuto tutta la famiglia di Van Lysebeth: ho seguito le belle lezioni di pranayama della moglie Denise, della figlia di lei Francoise Berlette e del suo primo marito di Denise, Antonio Nuzzo. In anni più recenti a Padova ho avuto il piacere di seguire un seminario molto interessante del figlio di André, Willy Van Lysebeth psichiatra e ricercatore che propone uno yoga che “sveglia” i sensi, ben descritto nel suo libro Lo yoga al cuore dell’essere.
A Palazzo Carmi venne anche Swami Satyananda Saraswati e forse allora non comprendemmo l’importanza dell’incontro con questo Maestro straordinario. Conservo con grande cura le prime pubblicazioni in italiano delle conferenze che ha tenuto in Italia e di alcuni testi a cura delle edizioni Satyananda Ashram Italia.

L’incontro con Janakiraman per me fu molto importante. Venne a Parma più volte, stupiva con effetti speciali, sapeva roteare il capo a velocità vertiginose, è l’autore con Carolina Rosso Cicogna di Lo yoga solare. Quando tornò a Parma, pochi anni prima che lui morisse, io decisi di avere con lui un incontro individuale. Parlava inglese e nella stanza c’eravamo io, lui e l’interprete. Mi guardò a lungo e disse semplicemente «con te posso farlo», afferrò il mio piede con forza e iniziò non a massaggiarlo, ma a torturarlo infilandomi anche qualche cosa sotto le unghie, io mi contorcevo, l’interprete era allibita, io urlavo (mi dicono che chi aspettava fuori per entrare dopo di me fuggì). Lui, inflessibile, teneva il piede incurante dei miei gemiti, quando tutto finì iniziai a tremare, ma non un tremito normale, tutti i nervi vibravano come corde, dal tremore quasi il corpo si sollevava dal pavimento, mi fece bere un bicchiere di acqua calda, mi copri con un panno e mi lasciò riposare e mi salutò dicendomi «Auguri per un buon cammino». Quando uscii ero stordita e dopo due giorni mi venne il fuoco di sant’Antonio che passò subito dopo la segnatura fattami da una vecchia segnatrice, dove ero andata con molto scetticismo. Seguirono due mesi in cui stavo benissimo, avevo la sensazione di essere in un’altra dimensione, di camminare a mezz’aria, ero piena di energia e di gioia. Questa è stata per me l’unica esperienza del tutto “ inconsueta”.
Sempre a Palazzo Carmi ho conosciuto l’esile Ramachandra, allievo di Gandhi. E la dolce Swami Yoga Mudra Ananda (Mataji), figlia e nipote di brahmini, allieva diretta di Satyananda. I suoi sorrisi inondavano ed erano contagiosi. Ma con che semplicità sapeva dire cose importanti! Mi piace ricordarla con le parole di una sua intervista pubblicata dalla rivista spagnola Yoga nel maggio 2013: «L’insegnamento deve essere fedele a se stessi. Possiamo condividere la nostra esperienza, solo quando continueremo la nostra pratica e la nostra esperienza, perché altrimenti trasformeremmo lo yoga in una professione e non in una trasmissione».
Molti i seminari di Carla Perotti (1929-2018), a Castelnuovo Fogliano, in una sua tenuta. Carla Perotti era una donna minuta, giornalista, apparteneva a una famiglia nobile e ricca, il Castello di Fogliano era suo. Allieva di Klein teneva delle lezioni molto belle, ma per me allora troppo poetiche e “ religiose”. Ha scritto numerosi libri. Credo di avere una perla rara , il suo romanzo Lungo le rive del tempo ormai introvabile che non è tanto interessante come trama, ma per le pagine di grande erotismo.
Nel 1980 ho incontrato Gabriella Cella e il suo metodo Yoga Ratna. L’interesse per lo yoga si è tramutato in una grande passione; ho seguito la sua scuola e si è aperto un nuovo capitolo: dagli anni Ottanta sono una sua allieva.

La situazione è di stallo totale, Krishna esorta Arjuna ad alzarsi e combattere, ma Arjuna è bloccato, non se la sente, è in uno stato di ansia soffocante, preso dal panico...

Quando la narrazione storica viene distorta, ignorata o cancellata, si compromette il tessuto culturale che tiene insieme le comunità. La dissoluzione della storia non è un fenomeno nuovo, ma nella contemporaneità ha assunto forme particolarmente insidiose. Tre esempi emblematici...

Osservare che non siamo sereni, siamo ansiosi, siamo inquieti, è parte della pratica. Ma Yoga non è “diventare più calmi”, ma realizzare il Sé, la nostra vera natura. E la mission è quella di essere utili all’umanità, al mondo, alla Storia. Di diventare più autentici, non affettati nei modi e nelle parole. Una rivoluzione epocale.

Negli Anni 70-80 furono molti i grandi Maestri indiani che vennero in Italia e che con i loro insegnamenti contribuirono a far crescere degli insegnanti di Yoga. Ho raccolto la testimonianza di due insegnanti di Parma con cui ho condiviso alcune esperienze di quegli anni: Maria Cortesi e Gianni Bertozzi...

Durante i nostri incontri a Caprese Michelangelo, per i seminari di Antonio Nuzzo, nasce l’idea: mettiamoci in gioco, portiamo avanti un certo insegnamento, scagliamo la freccia in avanti. Qual è l’obiettivo? O come si dice oggi, la nostra mission? Diffondere lo yoga tradizionale, cioè lo yoga che si basa sui testi antichi e sulle tradizioni più autorevoli

Si chiama così colui che nell’amore della sua esperienza personale completamente realizzata, si volta ed è lì a sorriderti, o a spronarti affinché tu possa vivere la tua. E per me è stato Paramhansa Yogananda..