Correva l’anno 1975 e per curiosità mi sono iscritta a un corso di yoga vicino a casa mia, a Palazzo Carmi, prestigioso palazzo di Via Farini a Parma. L’insegnante era Gabriella Arrigoni Ferrari (5 aprile 1940-17 febbraio 2020) una bella signora, con un trucco vistoso e le labbra a cuore, vestita con un body nero, calze nere a rete, grande anello, collana preziosa. Il mio primo pensiero fu: «Cosa ho a che spartire con questa vamp?». In realtà devo a lei l’inizio di un percorso tanto importante per me.
Gabriella era nata Arrigoni (proprio gli Arrigoni delle conserve e marmellate ) poi sposata Ferrari, donna molto estrosa, con notevoli disponibilità economiche e con tante conoscenze importanti. Aveva grande forza e carisma, solo oggi mi rendo conto della fortuna di essere stata sua allieva e di aver potuto, grazie a lei, avere delle solide basi sulle tecniche yoga e conoscere alcuni dei più grandi Maestri contemporanei.
Il centro yoga era un sontuoso ed enorme appartamento, occupava tutto l’ultimo piano di Palazzo Carmi, stanze con camini, due spogliatoi, doppio salone per la pratica. Moltissime le persone che lo frequentavano e di tutte le età. Al mattino signore attempate della Parma bene, in particolare ricordo le sorelle Bormioli, le Barilli… Mentre i corsi serali erano più eterogenei con persone di ogni età, fra cui moltissimi i giovani di entrambi i sessi.
È in un corso serale che inizia la mia avventura yogica. Tutte le mie perplessità sull’ambiente e sulla insegnante si dipanano nel momento in cui inizia la pratica. Ero una sportiva, mi piaceva sciare ed ero nella squadra di atletica della scuola non tanto perché fossi particolarmente interessata all’agonismo, ma perché gli allenamenti mi davano l’opportunità di passare molte ore al campo scuola anziché al liceo Romagnosi.
Ricordo molto bene le prime lezioni. Si ripeteva sempre la Serie di Rishikesh con minime variazioni: un riscaldamento attraverso la ripetizione di tanti Saluti al Sole (a volte 32!!), poi una sequenza tostissima, direi per corpi forti, che comprendeva in un ordine preciso le posizioni classiche più difficili dello yoga. A volte si iniziava direttamente in sirsasana, la posizione sulla testa. Ho trovato pane per i miei denti, la possibilità di esibire il corpo allora sciolto e agile, sentendo tutta la potenza di un lavoro muscolare intenso che dava tanta tonicità e forza. Non mi interessava nulla di ciò che riguardava gli aspetti filosofici dello yoga, né le pratiche meditative o respiratorie. I miei compagni di corso erano molto simpatici, a lezione si rideva molto. A fine lezione si andava a mangiare insieme, si faceva gruppo e questo ha favorito la mia continuità di frequenza.
Allievi di Gabriella erano moltissimi uomini, molti i medici (Nanni Terzano che poi diventerà direttore del Centro per il sonno, Davide Angelucci poi omeopata, Raffaele Meo uno dei primi agopuntori) e anche, cosa inconsueta, dei frati missionari. Addirittura Gabriella tenne per loro dei corsi di yoga alle Missioni estere in Viale Solferino. C’erano anche Fausto Guareschi, divenuto poi l’importante monaco zen Taiten che ha fondato a Bargone nel 1984 il Tempio e Monastero Fudenji, e Dario Mussel, esperto di arti marziali e molto bravo nel fare massaggi shiatsu.
Mi spiace non avere foto di quegli anni, noi ragazze praticavamo in body, i maschi in braghette corte e in estate anche in costume. In breve tempo nel centro yoga ci furono centinaia di iscritti e Gabriella dovette ricorrere all’aiuto di altre insegnanti, ma la collaborazione fu difficile e alcune fondarono i loro centri. Così Gabriella affidò dei piccoli gruppi ai suoi allievi più assidui e più agili e io fui una di loro. Nacque il gruppo yoga di Palazzo Carmi e molti di quei giovanissimi insegnanti di allora sono ancora oggi gli insegnanti “storici” della città.

Una preziosa collaboratrice di Gabriella era Paola Azzali che in particolare la affiancò nei corsi di preparazione al parto. In questo campo Gabriella fu davvero una pioniera e dedicò poi molta parte della sua vita proprio alla nascita non violenta (suo il testo del 2002 Dalla grande madre al bambino – Edizioni Mediterranee – con la prefazione di André Van Lysebeth)
Nel 1980 restai incinta e iniziai a insegnare alle gestanti insieme a Paola. Facevo esperienza della maternità e la condividevo con altre gestanti. Ricordo che ho eseguito la posizione capovolta sino ai giorni prima del parto. Un parto abbastanza unico in quegli anni in ambito ospedaliero: mi avevano lasciato tenere la musica, erano presenti mio marito e Paola ed è lei che ha accolto fra le mani Laura e che le ha fatto il bagnetto e che l’ha massaggiata.
Un aspetto importante di quegli anni è che la maggior parte di noi aveva un rapporto molto laico con lo yoga, eravamo mossi da una sincera curiosità accompagnata da un certo distacco nei confronti del mondo esoterico e mistico; questa è stata una fortuna e non a caso nessuno di noi ha poi seguito anni dopo il filone New Age.
Un’esperienza molto forte è stata quella di affiancare Gabriella nei corsi di yoga al Don Gnocchi. I ragazzi poliomielitici si toglievano gli arti artificiali, li deponevano a fianco del tappetino e poi iniziava la lezione di yoga. Noi “assistenti” li aiutavamo in particolare se c’erano posizioni di equilibrio. Gabriella li faceva praticare immaginando di avere integro l’arto mancante. Arti che i ragazzi si rimontavano dopo il rilassamento. È stato un prezioso insegnamento e spesso penso a quei ragazzi e vivo con molta gratitudine la mia integrità fisica.

Gabriella Ferrari negli Anni 70.
Negli Anni 70-80 il centro yoga di Parma divenne un punto di incontro di Maestri e Guru di rilievo internazionale e grazie a Gabriella Ferrari ho potuto incontrare e conoscere Andrè Van Lysebeth (11 ottobre 1919-28 gennaio 2004), Janakiraman (28 giugno 1921-18 novembre 1982), Swami Satyananda (25 dicembre 1923 – 5 dicembre 2009), Yoga Mudra Ananada, Carla Perotti (1929-2018), Frederick Leboyer (1 novembre 1918-25 maggio 2017), unico del quale ho un pessimo ricordo… Nella prossima puntata vi racconto perché.
1. Continua la prossima settimana

Foto Vichi Hamilton da Pixabay.

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Osservare che non siamo sereni, siamo ansiosi, siamo inquieti, è parte della pratica. Ma Yoga non è “diventare più calmi”, ma realizzare il Sé, la nostra vera natura. E la mission è quella di essere utili all’umanità, al mondo, alla Storia. Di diventare più autentici, non affettati nei modi e nelle parole. Una rivoluzione epocale.

Negli Anni 70-80 furono molti i grandi Maestri indiani che vennero in Italia e che con i loro insegnamenti contribuirono a far crescere degli insegnanti di Yoga. Ho raccolto la testimonianza di due insegnanti di Parma con cui ho condiviso alcune esperienze di quegli anni: Maria Cortesi e Gianni Bertozzi...

Durante i nostri incontri a Caprese Michelangelo, per i seminari di Antonio Nuzzo, nasce l’idea: mettiamoci in gioco, portiamo avanti un certo insegnamento, scagliamo la freccia in avanti. Qual è l’obiettivo? O come si dice oggi, la nostra mission? Diffondere lo yoga tradizionale, cioè lo yoga che si basa sui testi antichi e sulle tradizioni più autorevoli

Si chiama così colui che nell’amore della sua esperienza personale completamente realizzata, si volta ed è lì a sorriderti, o a spronarti affinché tu possa vivere la tua. E per me è stato Paramhansa Yogananda..