«Arjuna disse. Caro Krishna, vedendo parenti e amici schierati davanti a me in uno spirito così bellicoso, sento le membra tremare e la bocca seccarsi». (BG 1.28)
«Tutto il mio corpo rabbrividisce, mi si rizzano i peli, l’arco Gandiva mi scivola dalle mani e la mia pelle brucia». (1.29)
«Non posso più restare qui, sto perdendo il controllo e la mia mente vacilla. Prevedo solo avvenimenti funesti, o Krishna, uccisore del demone Keshi». (1.30)
Se lo visitasse uno psicologo moderno direbbe, senza ombra di dubbio, che Arjuna mostra tutti i sintomi di un attacco di panico: è preda di tremori e ansia incontrollata. Il condottiero, eroe e cugino di Krishna, viene colto di sorpresa da questo stato d’animo: è arrivato sul campo di battaglia sapendo benissimo chi avrebbe avuto di fronte, ed è un guerriero esperto, sa esattamente come raccogliere le forze, trovare la concentrazione e lo spirito giusto in battaglia. Non ne ha mai persa una, è l’eroe degli eroi, il guerriero che sta dalla parte del bene sempre e comunque, sa fare egregiamente il suo mestiere e sa benissimo che a quel punto non c’è altra soluzione se non combattere. Eppure è seduto sul carro e, sconvolto dalla confusione mentale, ha perfino lasciato cadere a terra il suo arco, cosa che nessun guerriero farebbe mai sul campo di battaglia.
«O Govinda, a che servono un regno, la felicità e la vita stessa, se coloro per cui desideriamo questi benefici sono schierati sul campo di battaglia? O Madhusudana, anche se i miei maestri, figli, padri, nonni, zii materni, suoceri, nipoti, cognati e altri parenti sono pronti a sacrificare i loro beni e la loro vita, perché dovrei volerli uccidere, pur sapendo che altrimenti ucciderebbero me? O Janardana, non li affronterei neppure in cambio dei tre mondi, che dire della Terra! Quale soddisfazione trarremo dallo sterminio dei figli di Dhritarashtra?» (1.32-35)
Il suo ragionamento non fa una piega, siamo tutti con lui. Govinda significa anche protettore delle mucche, è un nome confidenziale e amichevole che ricorda i giochi divini che il Signore compie con i pastorelli a Vrindavana, il luogo più elevato dell’universo. Quando nel lontano ’97 ho deciso definitivamente di seguire il sentiero del Bhakti Yoga, lo yoga dell’amore e del servizio devozionale, l’ho fatto quando mi hanno spiegato che Dio, nel mondo spirituale, passa le sue giornate a pascolare vitellini e giocare con i suoi amici e le sue amiche immerso nella natura. In effetti l’idea di Dio con una lunga barba bianca che sta tutto il giorno ad ascoltare i canti e le lodi degli angeli, con tutte quelle anime beate che lo fissano in contemplazione senza dire niente se non preghiere altisonanti piene di rispetto e venerazione, non mi ha mai affascinato più di tanto. Invece qui siamo di fronte a un Dio che si diverte: a volte è monello e ruba dolci o fa dispetti, altre volte gioca alla lotta e a nascondino, altre ancora la sua mamma lo decora con fiori e piume di pavone.
Gli abitanti di Vrindavana non sanno neanche che lui è Dio: lo considerano amico, figlio, fratello, cugino, o semplicemente compagno di giochi. In pratica a Dio, Krishna, non piace “fare Dio”: siamo noi, esseri condizionati, colmi di vanagloria e falso ego che vorremmo essere Dio! Nel senso che vogliamo controllare tutto, dominare su tutto e tutti, stare sulla poltrona più grande, avere la fetta di torta migliore (meglio ancora tutta la torta), desideriamo che tutti ci servano e siano a nostra disposizione quando e come vogliamo noi. Vorremmo guadagnare senza lavorare, essere rispettati senza dover rispettare, essere amati senza dover amare, essere i più intelligenti senza studiare e che tutti la pensino come noi, perché vogliamo avere ragione e non sbagliare mai.
Poi, ovviamente, a volte inaspettata come sta succedendo ad Arjuna, arrivano ansia e panico! Krishna invece no, lui che è Dio veramente, non vuole tutto questo benché gli spetti di diritto. Lui sa che la vera felicità non sta in quelle cose ma nell’Amore, con la A maiuscola, Amore che è sinonimo di Servizio. Perché ci sia Amore ci vogliono relazioni, ci vuole l’altro: ecco perché Dio si espande e manifesta infiniti esseri viventi. Ecco dov’è la chiave della felicità. Se avesse voluto “fare Dio” sarebbe rimasto da solo, così avrebbe avuto tutto per se stesso, senza dover litigare con nessuno. Invece, lui che è Dio ed è supremamente intelligente, sa benissimo che l’unico modo per avere una felicità che si espande all’infinito, che può diventare sempre più grande, senza limiti, è mettersi proprio dall’altra parte.
Il sentiero del Bhakti Yoga è il sentiero del Servizio Devozionale, dell’amore in azione, fatto di opere rivolte al bene di tutti gli esseri viventi e del creato. Arjuna usa per la prima volta quel nome, Govinda, perché è un devoto, ma anche perché, dolcemente, vuole convincere Krishna delle sue ragioni. Sta dicendo: «Dai Krishna, a noi piace giocare e divertirci nella natura, che ci importa del regno? Non è meglio se lasciamo tutto e torniamo a giocare senza pensieri?».
«O Janardana, anche se questi uomini accecati dall’avidità non vedono alcun male nello sterminare la famiglia e nel combattere gli amici, perché noi, consapevoli del crimine rappresentato dalla distruzione di una dinastia, dovremmo macchiarci di simili peccati?» (1.37-38)
In questo frangente Arjuna chiama Krishna con l’appellativo Janardana, che significa «colui che protegge tutti gli esseri viventi», proprio a sottolineare il suo discorso. Come il Sole, unica stella nel nostro sistema solare, sorge in tanti luoghi sulla Terra e viene chiamato con tanti nomi da diversi popoli, così Krishna viene chiamato con tanti nomi, ma è sempre lo stesso unico Dio. Non il mio o il tuo Dio, ma l’unico Dio di tutti, padre e protettore di tutti gli esseri viventi, anche di chi non crede nella sua esistenza.
Krishna non si lascia convincere dalle parole accorate di Arjuna, anzi, tutt’altro, risponde come credo che nessuno di noi avrebbe mai risposto:
«Dio, la Persona Suprema, disse: Arjuna, come hai potuto soccombere a simili debolezze? Sono indegne di un uomo consapevole del valore della vita e non ti condurranno ai pianeti superiori, ma all’infamia». (2.2)
«O figlio di Pritha, non cedere a questa umiliante impotenza perché non ti si addice. Scaccia dal cuore questa debolezza meschina e alzati, o vincitore del nemico». (2.3)
Dio padre onnipotente vuole la guerra, qui la questione si fa complicata…


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