Oggi sono andata in un centro commerciale. Non amo questi posti perché mi fanno sentire fuori luogo, inadeguata. Non solo nel senso fisico del termine (vista la mia statura in posti così mastodontici mi sento ancora più piccola!), ma anche in un senso più ampio: come se mi sentissi inadeguata alla vita, a quel tipo di vita. Una vita in cui abbiamo bisogno di avere, inteso nel senso di possesso, cose che in realtà nella maggior parte dei casi non ci servono a nulla e molto probabilmente non useremo o indosseremo mai. Non ci servono 4 paia di scarpe, 10 maglie, 8 jeans e tanto altro nel guardaroba, tanto per dire.
Vedo persone che mi sembrano estranee, in realtà lo sono, chi li conosce tutti? Estranee quindi non è forse il termine adatto: le sento lontane. Come se io facessi parte di un mondo diverso, se io respirassi un’aria diversa. Voi vi chiederete: ma allora perché ci sei andata? Ecco, il motivo è che mi servivano delle cose, nel mio caso attrezzatura sportiva, che ormai è impossibile trovare nel negozio sotto casa. I negozi di quartiere, almeno a Roma, non esistono praticamente più, sostituiti da una miriade di lounge bar, coffe break, steak house, pizzerie e piccoli negozi di souvenir costruiti a Taiwan e venduti a 1 euro al pezzo.
Non esiste più andare dal tuo negoziante di fiducia e chiedere consiglio su quale giacca comprare per l’inverno, qual è il paio di scarpe più comode, magari addirittura quale libro ti può consigliare. Ormai ci siamo tutti adeguati a entrare in questi negozi impersonali, in cui i commessi e le commesse, di soliti giovanissimi che si trovano lì solo perché devono dare una mano in famiglia o pagarsi gli studi, ti guardano disorientati mentre, intenti a piegare caterve di maglie e pantaloni che poi riporranno ordinatamente sugli scaffali, tutt’al più sanno indicarti dove si trova la cassa, così che tu possa sbrigarti ad andare a pagare e poi scappare da quell’inferno animato da musica commerciale a 100 decibel in cui loro sono costretti per 8 ore al giorno!
L’alternativa a questo, che io amo ancora meno che recarmi in un centro commerciale, è ormai una sola: il famigerato acquisto on line. Ecco, se dentro un centro commerciale io mi sento inadeguata, distante, un po’ un’aliena, nell’internet io mi sento Fracchia!

Non c’è niente da fare, se una cosa non la tocco, non la vedo con i miei occhi, attraverso i miei ormai inseparabili occhiali multifocali, non ce la faccio proprio a comprarla. La storia è quasi sempre la stessa: con animo ben disposto e un bel sacchetto di pazienza raccolta nei giorni precedenti a quello in cui la necessità dell’acquisto si fa sempre più incalzante io inforco i miei occhiali, accendo il pc, cerco il sito e inizio, selezionando 1 prodotto dopo l’altro, a riempire il carrello. Con grande fatica cerco di capire se la taglia S corrisponde alle mie misure e consulto la tabella delle taglie, se il colore è quello giusto per me e vado a cercare “vermiglio” su Google, poi clicco vai al pagamento, spendo altri 5 o 10 minuti a rivedermi tutto per poi…chiudere il sito e spegnere il pc!
Mi chiedo sinceramente come si possa preferire che qualcun altro scelga al posto nostro cosa ci serve realmente e cosa no, come non sia chiaro per tutti che questa società consumista sia una delle cose peggiori che il progresso abbia creato, facendoci credere che quello che stiamo acquistando sia un nostro reale bisogno mentre è solo un bisogno che ci è stato indotto allo scopo di far “girare l’economia” dicono loro, mentre in realtà stiamo creando solo altri poveri.
Lo Yoga mi ha insegnato a capire quali sono le mie reali necessità, quando è importante fermarsi invece di andare avanti, allentare invece che forzare. Mi sta insegnando l’importanza di ascoltare l’altro partendo da me stessa. E soprattutto mi sta insegnando a lasciar andare, a desiderare di avere sempre meno, a non essere attaccata alla materia e al materiale e che, come ci piace tanto dire ultimamente, less is more!
Io credo che questo nuovo modo di vivere in cui ognuno corre in una direzione che non è realmente la sua, ma quella della maggioranza, in cui avere è diventato molto più importante che essere e apparire è molto più fico che mostrarci per ciò che realmente siamo, sia un modo che ci sta sempre più allontanando dalla verità e cioè che alla fine poi, tutto quello che resta non è altro che l’Amore che abbiamo donato. Le cose che possediamo, ma anche quelle che no, non sono mai veramente nostre perché prima o poi ce ne dovremo separare. L’unica cosa che possediamo realmente è quella scintilla che dentro ciascuno di noi e da cui tutto trae origine. Il resto sono solo esperienze. Belle, brutte, allegre o tristi. «La vita è un mozzico» si dice dalle mie parti, qualunque cosa fai mettici il Cuore dico io, così questo “mozzico” ti lascerà un gusto dolce in bocca.
Il leggendario Yogi immortale è l’essere umano che completa l’evoluzione con la padronanza delle energie interiori e la realizzazione del Sé. E molte scuole tamil sostengono che il Kriya Yoga, reso famoso da Yogananda, abbia radici nel “Siddha Yoga” tamil...
Questo è un po’ il manifesto dello yoga che pratico e che insegno da quasi trent’anni. Lo yoga si occupa della domanda essenziale che abita ogni essere umano. Del mistero del vivere, del mistero dell’essere coscienti. Del “chi” siamo e “come” siamo. La parola “Yoga” indica uno stato, uno stato fondamentale della coscienza. Non è un percorso che conduce da un luogo a un altro, e neppure una ricerca di benessere. È la possibilità di essere consapevoli di essere vivi e di come lo siamo. La possibilità di sentirsi espressione di una realtà indivisa. La pratica di Yoga si fonda sull’Osservazione e sul Cambiamento.
Lavoro con la voce da cinquant’anni. È stata la mia compagna, la mia arma gentile, il mio specchio: la radio, la tv, il canto. Con la voce ho raccontato e ascoltato, ho cercato emozione, ritmo, verità. Ma più la uso, più capisco che la voce non è solo suono: è respiro che si manifesta, corpo che vibra, anima che prende coraggio e decide di farsi sentire. È la forma più diretta di presenza
La speranza di una donna che è scappata dall'orrore e ha cercato un futuro con i suoi figli su un'isola della Grecia. Ma ha lasciato l'amore della sua vita e non vuol sapere che lo rivedrà solo come nuvole nel cielo...
Per invecchiare meglio bisognerebbe leggere più libri sulla biologia e guardare meno pubblicità. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Perché i condizionamenti sociali sono enormi. Ma a prescindere dallo sviluppo tecnologico che l’umanità ha raggiunto, le domande sulla vita e sulla morte rimangono le stesse. Perché nasciamo, perché moriamo? Ai quesiti esistenziali senza tempo rispondiamo con trapianti e i ritocchi, mentre dovremmo imparare a meditare...
Mahavatar Babaji, il guru di Lahiri Mahashaya che ha portato il Kriya Yoga in tutto il mondo, è il protagonista di un nuovo libro scritto da Jayadev Jaerschky. Che ci spiega chi è quest'essere leggendario che Yogananda descriveva come «simile al Cristo»



