Attribuendo alla personalità suprema di Krishna diversi epiteti e nomi, un’altra importante distinzione riguarda le forme di Krishna che vengono descritte nei passatempi confidenziali dell’epopea del Mahabharata: a due braccia, che dimorano a Goloka-vrindavana, Il sistema planetario più elevato del mondo trascendentale conosciute come Gopala, Govinda, Gopinatha, Madana-mohana etc., a quattro e più braccia, che governano sui sistemi planetari Vaikuntha e manifestano le potenze regali e lo sfarzo mistico di Dio, conosciute come Narayana, Vasudeva, Vishnu etc.
Dalla forma suprema di Bhagavan Krishna si origina il Chatur-vyuha, le quattro emanazioni originali che sono all’origine di tutte le creazioni e manifestazioni materiali e divine. Queste sono in ordine Vasudeva, Sankarshana, Pradyumna e Aniruddha. Apriamo una parentesi importante per spiegare come, secondo questa tradizione, viene creato il mondo materiale. Da Sankarshana emanano le tre forme di Vishnu che sono tra le più iconografiche dell’intero Induismo, dalle quali si genera la creazione: Karanodakasaji-vishnu che, sdraiato sull’oceano causale, genera il Mahat-tattva, l’agglomerato delle influenze della natura materiale assieme a tutti gli elementi che formano l’universo materiale.
Da questo Vishnu emana Garbhodakasayi-Vishnu, dal cui ombelico cresce il fiore di loto su cui nasce il primo essere creato, Brahma, un’altra figura estremamente riconoscibile all’interno del culto induista. Da questo Vishnu emana infine il Paramatma, l’anima suprema che penetra ogni forma di vita chiamato Ksirodakasayi-Vishnu. Questa è una breve sintesi della complessa spiegazione che illustra come dalla forma originale di Dio, vengano a crearsi innumerevoli altre.
Nell’Induismo si dice che Bhagavan possieda differenti energie o potenze, le quali sono alla base delle diverse creazioni. L’energia interna del Signore, Cit-shakti, attraverso la quale egli si manifesta. Maya-shakti, l’energia illusoria del Signore che ricopre il mondo materiale. Jiva-shakti o energia marginale del Signore che è costituita dall’incalcolabile numero delle anime individuali.
I testi di riferimento di questo sistema di pensiero sono generalmente i Purana, il Maha-bharata, lo Srimad-bhagavatam e il Bhagavad-gita. Viene chiamato Bhakti-yoga o Yoga della devozione e quindi, all’interno dell’Induismo, è rappresentato dalla tradizione Vaishnava. La descrizione delle forme e delle attività delle diverse manifestazioni divine nelle diverse ere cosmiche, sono il contenuto principale, spesso descritto attraverso dialoghi di eminenti saggi e figure sante.
Il sistema Impersonalista considera il Brahman supremo come l’origine e la meta di tutto. Il Brahman è descritto come l’anima suprema da cui emana tutto, in cui tutto risiede e in cui tutto rientra. È eterno, immutabile. È l’origine del tempo e dello spazio ma non ne è condizionato, più sottile del più sottile e più grande del più grande, il suo sfolgorio accecante illumina più di milioni di Soli. Si dice che il Brahman supremo non sia un essere ma che non sia inesistente.
Tutti gli attributi che identificano ogni aspetto dell’individualità come i corpi materiali, i sensi, gli oggetti dei sensi, la mente, l’intelletto, la coscienza, originano da esso che penetra tutto e ne è l’origine ma non ne è condizionato. È indipendente ma sostiene tutto. È privo di attributi ma li genera tutti. È la fonte delle qualità materiali ed esiste al di fuori e dentro ogni essere vivente. È immutabile e si muove in ogni parte. La sua natura infinitamente sottile si trova molto al di là della percezione della mente e dei sensi e non può essere compresa con la ragione.
Il Brahman è indiviso, l’uno senza secondi ma simultaneamente appare diviso in tutti gli esseri e tutte le forme. Si dice che l’universo materiale venga manifestato e poi riassorbito ciclicamente dal Brahman supremo. Viene descritto come la meta suprema che si raggiunge attraverso la liberazione dal ciclo di nascite e morti mediante la conoscenza trascendentale.
Il concetto del Brahman è di pertinenza a tutto il sistema filosofico indiano. Viene descritto a partire dai Veda, i testi principali e più antichi della cultura indiana, si trova nelle Upanishad, le conclusioni filosofiche dei Veda, è il fulcro del pensiero del Vedanta-sutra e tutta la cultura Brahminica o sacerdotale, nei secoli, ne ha conservato e protetto il culto. Possiamo comprendere come la filosofia indiana, che ha saputo elaborare questi concetti di natura divina, si articola con ragionamenti e riflessioni spesso notevolmente diversi dal nostro impianto teologico-religioso-culturale. Sostenere che si tratti di una religione, termine non del tutto adeguato a definire l’Induismo, di tipo politeistico è una affermazione non coerente al vero, se si considerano tutti gli elementi di cui abbiamo parlato. La particolare sintesi di queste argomentazioni viene descritta nella dottrina chiamata Achintya-bheda-abheda-tattva, che si traduce con «inconcepibile unità nella diversità simultanee» della natura divina.
Il punto focale si trova proprio in questo atteggiamento orientale, che nulla ha di scientifico o razionale, che consiste in una semplice considerazione: l’infinito e l’assoluto, se esistono, possono essere inspiegabilmente e simultaneamente, irrazionalmente e illogicamente, uguali e diversi, infiniti e simultaneamente infinitesimali, eterni e temporali, una persona assoluta originale e infinite emanazioni o espansioni che coesistono simultaneamente alla coscienza totale impersonale.
Un ragionamento conclusivo riguarda il notevole numero di personaggi divinizzati presenti nell’Induismo, spiegabile con la nozione di classi di anime. Ne esistono due tipologie, le forme o manifestazioni divine, ampiamente descritte che rientrano nella classe di anima suprema, chiamate Svamsha e le Vibhinnamsha, le anime individuali incarnate. Proprio queste comprendono tre tipologie di creature, tra le quali i Deva, gli esseri di natura superiore dotati di poteri divini e posti al controllo del funzionamento dell’universo, che non vanno confusi con le manifestazioni divine.
Gli esseri umani e quelli demoniaci completano questa classificazione. Gli esseri celesti sono entrati così a far parte del culto popolare fino a diventarne l’elemento distintivo. Quel che è certo è che la vastità di contenuti filosofici, culturali e simbolici che si trovano in tutta la cultura indiana, non smette di sorprendere continuando a catturare l’attenzione di un vasto pubblico.
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