Quelli di noi che hanno già fatto abbastanza chilometri nel mondo sanno che le nostre storie, quelle che ci raccontiamo dentro, cambiano nel tempo. E che spesso, quando cambiano le storie che ci raccontiamo, cambia la realtà che viviamo. Il motivo è sottile e inesorabile: dove metti la coscienza porti energia. Dove va la tua attenzione va la tua forza vitale. Che può essere più o meno magnetica. Questo è un concetto chiave della via del Kriya Yoga: coscienza ed energia si muovono insieme.
Faccio un esempio molto semplice, magari è successo anche a voi. Cerco da tanto tempo e nella vita ho sentito diverse volte la spinta ad andare in India. Ogni volta che questo pensiero è passato nella mia testa, si attivava la catena dei motivi per cui non riuscivo a farlo: una volta era il lavoro, una volta erano i soldi, una volta era la famiglia – qualunque cosa voglia dire per noi – una volta era il tempo. «Oppure era lo yogurt scaduto», come dice una mia cara amica coach… Risultato? Non sono andata in India finché mi ci hanno mandata “a calci” a 40 anni, nel momento in cui, per motivi di salute, sono stata costretta a smettere di insegnare.
Quindi la realtà qual era? Potevo andarci? Non potevo? La realtà l’ho dipinta io, senza volerlo. Ma come si fa a scegliere cosa pensare? Forse è più realistico dire che possiamo scegliere “quanto pensare cosa”. Imparare a dirigere i pensieri e la consapevolezza muove la forza vitale sempre di più verso quello che vogliamo (sarebbe meglio dire: «che fa per noi») e sempre meno verso quello che non vogliamo.
Swami Vivekananda descriveva la mente come una scimmia ebbra di vanità e punta dall’ape dell’orgoglio. La linea di Kriya Yoga di cui sono acharya è una via di realizzazione di quel sé originario che ha le stesse caratteristiche del divino senza forma (ma tutte le linee di Kriya Yoga in generale lo sono). Kriya vuol dire «azione consapevole», è una disciplina tantrica perché enfatizza la trasformazione della natura umana in modo che il divino sia attivamente manifesto nel mondo, diversamente dalla filosofia Vedanta che invece distingue la trascendenza dalla realtà illusoria. In fondo stanno dicendo la stessa cosa, ma non diciamoglielo perché troviamo qualcuno che si arrabbia e mette i puntini sulle «i».
Potrebbe valere la pena ora di fare un breve riassunto delle linee di Kriya. Ci sono le tecniche ricevute da Lahiri Mahasaya nel 1861 che l’allievo Swami Sri Yukteswar insegnerà a Yogananda, il quale a sua volta le divulgherà in Occidente. Sono quelle alle quali accenna nella sua famosa Autobiografia di uno Yogi. Da allora, diversi eredi di tutti e tre insegnano alcune di queste tecniche, a volte modificate o adattate all’epoca e all’ambiente. Ci sono le 144 tecniche ricevute da Yogi Ramaiah nel 1954 e gli insegnanti le insegnano alcune o tutte. Ci sono le tecniche ricevute da Swami Sivananda a Rishikesh, che il suo allievo Swami Satyananda Saraswati diffuse e rese pubbliche, anche in alcuni importanti libri. Ma tutte hanno avuto origine da Babaji, un santo indiano che vivrebbe da millenni sulle montagne dell’Himalaya, e tutte danno importanza alla respirazione spinale e al risveglio della coscienza.
Grazie a questa pratica iniziatica si stabilisce un rapporto diretto con il Guru, senza mediazioni. Il Guru è un principio di natura che si manifesta attraverso una molteplicità di fattori e che, a volte e per un periodo, può anche incarnarsi in una persona. O in un libro, o in un luogo, o in un incontro. Il Guru è quello che vi fa cercare tra le vostre zone d’ombra e mentre cercate si accende la luce della consapevolezza e dell’ombra non rimane neanche il ricordo. Se pensate di incontrarne uno fuori di voi, in un essere vivente, “attraversatelo”, è una porta, non è la meta. Ramaiah diceva: quando sai chi sei, sai chi è Babaji.
È utile essere ricercatori, sperimentatori. Verificare i metodi, applicarli abbastanza a lungo da registrarne gli effetti. Nessun’arte si apprende con le sole informazioni, sui libri, e senza praticare in modo stabile. Io ho trovato nel Kriya Yoga un metodo raffinato e accessibile che da 15 anni mi accompagna nella scoperta di chi sono. Ho fatto cose che non avrei mai scelto di fare, ma quando la vita me le ha presentate sapevo che erano per me.
Giochiamo? Scopriamoci per scoprire il mondo che vogliamo. Consapevoli o meno, stiamo scrivendo il nostro film della vita.


Per la Cultura Vedica indiana, l’universo materiale viene manifestato eternamente dalla potenza interna del Signore, dove una parte del suo aspetto impersonale, il Tutto Assoluto chiamato Brahman, viene ricoperto da Maya, l’illusione cosmica...

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Il Sacro Catino è custodito nel Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo e si contende il “titolo” con il Santo Cáliz di Valencia. Le leggende sono tante e quelle letterarie e filmiche anche di più e questo testimonia il bisogno del sacro insito nell'uomo. Al punto che alcuni pensano che la reliquia sia l’idea che esista qualcosa che valga la pena cercare. Anche se non si troverà mai

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No, non si può conquistare come la padronanza del respiro o una certa attitudine a un asana. E non possiamo comprarla come provò Elvis Presley. È un dono quindi è gratis. Ma possiamo metterci nelle condizioni di riceverla con quattro atteggiamenti: studiare i testi della tradizione senza disperdersi, praticare con costanza, vivere la gratitudine, non avere strategia

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