«Il Vesak è una festività buddista, che celebra la nascita, l’illuminazione e il parinirvāṇa del Buddha storico». E fin qui Wikipedia ci aiuta a capire di cosa si tratti questa festività che ogni anno unisce tutti i buddhisti del mondo. Ma non basta a spiegare il perché dell’incontro che l’Unione buddhista italiana (Ubi) ha creato quest’anno a Milano. Un incontro che da solo, senza bisogno di parole, spiega cosa sia il buddhismo: una via filosofica o/e religiosa (nel significato di «unire», «tenere insieme») che prova a cambiare la vita e il destino del singolo uomo e dell’umanità tutta. Nei vari slogan che ha adottato per attrarre all”8 x Mille ce n’è uno che è tanto oscuro quanto esplicativo: dice che anche un pomodoro può essere buddhista. Cosa c’entra il pomodoro? C’entra perché anche nel coltivare un ortaggio o un frutto si può usare il senso di rispetto dell’uomo e della Terra che è prioprio di questa Via.
Il livello della frequentazione e dell’interesse mi ha particolarmente colpito. Non perché non lo conoscessi, perché io sono buddhista. Ma vedere così tanta gente affollare i dibattiti e non le bancarelle (che non vendevano gadget religiosi, ma facevano conoscere iniziative a favore dell’uomo e della natura) è stato davvero significativo. Ho pensato alle conferenze cui diamo vita a Yoga Festival con personaggi prestigiosi che sono popolate da poche decine di persone. Qui l’interesse prevalente è alla ricerca interiore. Come dovrebbe essere nello Yoga, ma tant’è. Eppure ci sono delle assonanze e di punti di contatto enormi tra queste due Vie parallele (ma sappiamo che in India non c’era separazione per un lungo periodo, no?): la ricerca di sé è la prima, indagare su chi sei e sul perché sei a questo mondo e su dove andare; timidamente in India e non solo, si è sviluppata anche una coscienza verso il creato e la protezione della Natura, ma è ancora soffocata dall’attenzione che si pone alle performance, alla dinamicità, alla realizzazione non del Sé, ma dell’asana. «Ma lo Yoga è anche asana», mi contestano spesso. Certo. Asana è uno degli otto membri di un corpo, ma è diventato prevalente, se non unico: oggi Yoga è solo asana e per questo l’interesse sta scemando.

Ma ecco che il buddhismo ci richiama a concetti basilari e che oggi appartengono a nuove vie yogiche come quelle interpretate dagli eredi di Swami Satyananda. L’interdipendenza, il fatto che se una farfalla sbatte le ali a Tokyo, si crea una tempesta in Italia… Siamo tutti interdipendenti, cioè siamo tutti dipendenti l’uno dall’altro ed è curioso che non ci sia chiaro in un tempo di globalizzazione dove se non arrivano componenti da certi Paese nessuno avrà più telefonini. La politica dei dazi è la negazione dell’interdipendenza? Sì, ma è soprattutti la prova che a certi livelli umani (la politica è umana) non hanno capito niente. E studiare non basta, bisogna entrare in noi stessi per “vedere”.
La conferenza del teologo laico Vito Mancuso e di Neva Papachristou, insegnante guida dell’Associazione per la Meditazione di Consapevolezza (A.Me.Co.) che ha fondato nel 1987 assieme a Corrado Pensa, ha aperto delle praterie di consapevolezza e di discussione. «Imparare a prendersi cura del corpo, sì, ma anche ascoltare il proprio corpo», ha esordito Neva. Perché, ha proseguito «si può diventare vittime delle nostre cure, ritmi di allenamento mostruose, oppure alimentazioni ascetiche. C’è un rischio anche nella cura del corpo, nel non ascoltarsi, nel cedere all’idea». Mente, cuore e corpo un unicum da inter-relazionare grazie alla meditazione, spiega, «cioè la capacità di coltivare intenzionalmente quotidianamente una pratica di consapevolezza che trova la sua casa nella consapevolezza del respiro perché il respiro è un grande veicolo di attenzione al corpo». Stare nel respiro. Lasciare andare e stare nel respiro, porta di accesso alla pace del cuore.
Vito Mancuso, uno dei teologi più lucidi e aperti, uno che si dichiara «cattolico ma a volte non cattolico e non buddhista ma a volte buddhista», ha pensieri altissimi sul rapporto con il corpo che riguardano i praticanti di tutte le religioni: «Quando parliamo del rapporto della nostra mente con la nostra materia, tocchiamo qualcosa di profondo e quindi la verità è antinomica, contraddittoria, perché si muove: in alcuni momenti della nostra vita noi ci identifichiamo con il nostro corpo, siamo il nostro corpo, in altri momenti basta avere una malattia o invecchiare e noi sentiamo che non siamo il nostro corpo. A volte il nostro corpo ci è fedele e a volte ci tradisce. Siamo e non siamo il nostro corpo. La verità per essere vera si deve muovere perché altrimenti è un dogma, è qualcosa che ti blocca e invece di essere in consonanza con la vita ti fa essere in dissonanza».
Lasciare andare. A volte bisogna lasciare andare e a volte non bisogna lasciare andare, bisogna tenere, opporsi, resistere, dice Mancuso. La realtà che si muove, già, che non è mai di granito, ma un flusso. E cita Resistenza e resa di Dietrich Bonhoeffer, uno dei massimo teologi del ‘900 (luterano, ucciso da Hitler). Dice Mancuso: «L’unica cosa che rimane come punto fermo è la coscienza morale che è la prima virtù cardinale: phronesis (in greco antico φρόνησις) è tradotta con “prudenza” ma è un errore perché la prudenza italiana è la cautela, la circospezione. Ma la prudentia latina è il discernimento! Il pensare ogni volta attaccato alla realtà, se si devi lasciare andare o ti devi oppore, la mente sempre attenta, sempre nel flusso, che usa gli schemi ma poi li fa reagire con la realtà».
Ditemi cosa separa questi concetti da qualsiasi sia la nostra filosofia di vita. Nulla, vero? Allora vi dico cosa penso: penso che dovremmo smettere di separare e di inscatolare. Penso che lo yoga avrebbe bisogno del Buddhismo per tornare a essere Yoga (e il cristianesimo pure). Lo yoga avrebbe bisogno del pensiero, delle parole e delle pratiche del Buddha, un uomo che non ha fondato una religione, ma ha provato a dare uno spunto per uscire dagli schemi ed entrare nel flusso della Vita. Penso che se la via dello Yoga non ritroverà le sue radici buddhiste, presto diventerà solo una pratica di ginnastica priva di senso e fuori dalla sua Tradizione.



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