La cosmologia potrebbe essere vicina a una scoperta fondamentale che cambierebbe la nostra comprensione dell’Universo e della sua evoluzione dal Big Bang, scrive Le Monde. L’espansione cosmica, che si credeva accelerasse senza sosta, potrebbe invece subire un rallentamento inaspettato.
Già negli Anni 20 gli astronomi avevano notato che le galassie si allontanavano, segno che l’Universo si stava espandendo. Nel 1998, si scoprì che questa espansione stava aumentando di velocità, sfidando le aspettative. Questo fenomeno, attribuito a una forza sconosciuta chiamata “energia oscura”, valse il Premio Nobel del 2011 agli scienziati che lo avevano misurato grazie alle supernove. Tuttavia, l’energia oscura resta un enigma, pur costituendo la maggior parte del contenuto dell’Universo.
Durante un congresso della Società Americana di Fisica in California, il DESI, un gruppo internazionale di 900 scienziati coordinato dal Laboratorio Nazionale Lawrence-Berkeley, ha portato nuove scoperte sull’espansione dell’Universo, rendendo però il quadro ancora più complesso.
La scoperta è avvenuta grazie al telescopio Mayall, situato in Arizona: i ricercatori hanno analizzato la posizione di 15 milioni di galassie, alcune delle quali distano 11 miliardi di anni luce. Questo è uno strumento straordinario che contente di catturare 5.000 immagini ogni venti minuti, consentendo di costruire una mappa tridimensionale dell’Universo e di comprenderne l’evoluzione nel tempo.
Le galassie non sono distribuite a caso, ma seguono uno schema legato alla materia primordiale di 380.000 anni dopo il Big Bang. Questa disposizione ha lasciato un’impronta che serve da riferimento cosmico. Come spiega il ricercatore Christophe Yeche, è come osservare un segno su un palloncino che si gonfia: misurando come cambia nel tempo, si può capire quanto velocemente si espande l’Universo.
A confermare questa ipotesi c’è anche uno studio recente sul predecessore di DESI, SDSS, che mostra segnali simili di rallentamento dell’accelerazione dell’espansione cosmica. « Se saranno confermati, i nostri risultati mostrano che l’accelerazione è stata leggermente maggiore 7 miliardi di anni fa e che è andata diminuendo negli ultimi 2,5 miliardi di anni», ha concluso Arnaud de Mattia, ricercatore del CEA.


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