Che cosa c’è da scoprire, ancora, sui Beatles? È difficile trovare qualcuno, nel mondo, che non sappia chi sono, che non conosca una loro canzone, che non abbia visto una loro immagine. Allora si cerca dietro le quinte, tra le pieghe della loro storia e si indaga in un mondo osservato anche dalla parte dei Beatles, dai loro occhi, si esplorano le loro emozioni, lo stupore davanti a ciò che stava accadendo nelle loro vite. Un viaggio, questo, che si arricchisce di una nuova testimonianza che s’intitola Beatles ’64, un documentario prodotto da un celebre appassionato di costumi musicali: Martin Scorsese, già autore del bellissimo Living in a Material World dedicato a George Harrison.
E come sono questi quattro ragazzi che arrivano per la prima volta a New York nel febbraio del 1964 per partecipare all’Ed Sullivan Show e poi in altre apparizioni a Washington e Miami? Non sanno che il loro atterraggio nella Grande Mela li renderà star mondiali, che saranno protagonisti di un cambiamento epocale, che diventeranno nutrimento per le nuove generazioni e, contemporaneamente, prigionieri di se stessi nella gabbia dorata della celebrità. E più passa il tempo e più diventano pagine di storia del Novecento.
I Beatles nel '64 in America. Foto Ufficio Stampa.
Sfogliando queste pagine il documentario ha tra i punti di forza le immagini girate in quel tour di tre settimane dai fratelli Albert e David Maysles, che testimoniano la vitalità, la spontaneità, l’inarrestabile energia e simpatia di quattro ragazzi di provincia della classe operaia inglese, capaci di sovvertire le regole e di portare al mondo quella ventata di ottimismo e di allegria di cui avevano bisogno dopo l’assassinio del presidente Kennedy, avvenuto solo 3 mesi prima a Dallas.
I Beatles mettono subito in luce personalità e storie uniche: John Lennon, con il suo spirito ribelle e le sue idee provocatorie, si mostra un visionario e un attivista. Paul McCartney, il melodista del gruppo, incarna una sensibilità più romantica, George Harrison porta già con sé un profondo interesse per la spiritualità e la musica orientale e Ringo Starr, con il suo senso dell’umorismo, completa il quadro, rendendo la band accessibile e umana.
«Mettiamo i Beatles in un contesto junghiano: la quaternarietà come struttura stabile», afferma la neuroscienziata e studiosa dei Beatles Donatella Caramia nella pagine del libro Yogananda mi ha cambiato la vita (2018, Ananda Edizioni). Che aggiunge: «Loro sono stati portatori di pace dopo il dramma della Seconda Guerra Mondiale e hanno mostrato come accedere alla spiritualità attraverso il canale di comunicazione più potente: la musica».
Il documentario firmato dal regista David Tedeschi (che ha lavorato con Scorsese anche nel documentario No Direction Home: Bob Dylan) ci racconta un’epoca in cui lo scarto generazionale è stato tra i maggiori, dando vita a una rivoluzione culturale e sociale senza precedenti e spiega perché i Beatles fossero invisi agli adulti, genitori dei ragazzi che impazzivano letteralmente per loro. Intanto perché si erano formati sulla musica nera, quella della Motown, il soul, il rock e il rhythm ‘n’blues, ovviamente mal vista dai bianchi adulti e razzisti. Poi perché erano inclusivi di tutte le minoranze, si sentivano ragazzi normali in un mondo impazzito, provvisti di una sensualità non aggressiva ma che proponeva un nuovo modello di uomo, capace di piangere, dichiarare il proprio amore di fronte a tutti, vestirsi in modo eccentrico. «Noi eravamo tranquilli, era il resto del mondo a essere folle, si univano tutti a questa follia quando arrivavano i Beatles in città», raccontano nel film. E Paul McCartney ricorda: «Arrivammo poco dopo l’assassinio di Johnn Fritgerald Kennedy, forse l’America aveva bisogno di qualcosa come i Beatles per elaborare il lutto».
Numerosi studiosi ed esperti hanno analizzato l’impatto dei Beatles, sottolineando come il loro lavoro abbia avuto la funzione di specchio delle trasformazioni sociali. La musicologia, per esempio, ha evidenziato le innovazioni armoniche e ritmiche della loro musica. Filosofi e critici culturali hanno esaminato le loro canzoni come commenti sociali e come manifestazioni di un desiderio di cambiamento e di una rivoluzione che oggi, ammettiamolo, vengono osservati con un velo di nostalgia.
I più famosi album-raccolta dei Beatles (Foto ufficio stampa).
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