
Si sono concluse un paio di settimane fa le due tappe italiane del The Eras Tour, tournée mondiale della cantante statunitense Taylor Swift che, dopo 13 anni dal suo ultimo concerto in Italia, ha fatto ritorno nel nostro Paese. Quando era venuta nel 2011, durante lo Speak Now Tour, il concerto al Mediolanum Forum di Assago rappresentò un flop totale: solo 3.421 posti venduti contro una capienza di 5.585. Praticamente, lo stadio era riempito solo a metà. Anno dopo anno, tour dopo tour, naturalmente le speranze di rivedere Taylor sul suolo italiano sbiadivano sempre di più.

Ricordo ancora il momento in cui è arrivato l’annuncio dei due concerti a San Siro del 13 e del 14 luglio 2024. Era l’estate del 2023, ero in sessione universitaria come molti dei ragazzi della mia età e avevo tante cose importanti a cui pensare, ma sapevo che avrei dovuto assistere a quel concerto. La leg americana del tour ormai era iniziata da qualche mese e tutti sapevamo quanto incredibili e scenografici fossero i suoi show. Tre ore e mezza di concerto, 44 canzoni in scaletta delle quali due variano ogni sera (vengono chiamate appunto “canzoni a sorpresa”), infiniti cambi di abito, bracciali che si illuminano e creano giochi di luce in grado di coinvolgere anche le persone al terzo anello. Vista l’entità dello show, un’esperienza irripetibile, in quanto questo tour celebra tutte le sue ere (ad oggi infatti Taylor ha rilasciato 11 album in 18 anni di carriera), ho deciso di acquistare biglietti per entrambe le date italiane.
Una scelta apparentemente senza senso agli occhi di una persona che vede da fuori il fenomeno di Taylor, ma completamente sensata per chi fa parte del suo fandom. Ciò che sfugge a un osservatore esterno è che non si tratta solamente di un concerto. Lo show è infatti condito da tutta una serie di rituali e di preparativi che rendono l’attesa stessa del concerto una parte vera e propria dell’esperienza. Ai suoi concerti infatti chiunque indossa un costume che celebra un’era di Taylor o un richiamo a qualche canzone. Sono ambienti incredibilmente inclusivi dove le persone possono travestirsi come vogliono e non vengono percepite come “strane” da nessuno, proprio perché il travestimento è un requisito non scritto dello show.

Un altro rituale nato con l’inizio del tour è stata la realizzazione dei friendship bracelets, i braccialetti dell’amicizia. Nella canzone You’re On Your Own Kid, in cui Taylor parla delle difficoltà della vita e di come affrontarle, Swift consiglia di fare i braccialetti e di assaporare ogni momento senza avere paura. Dopo il rilascio di questa canzone, noi fan, gli swifties, abbiamo ordinato kit di fili e perline e abbiamo cominciato a creare dei bracciali da scambiare con gli altri fan il giorno del concerto. Lo scambio è un momento molto dolce perché, anche grazie ai social, questo rito è noto a chiunque e tutti siamo arrivati agli show con decine (alcuni centinaia) di braccialetti pronti ad essere scambiati. Lo scambio dava poi origine a una chiacchierata e a dei complimenti sull’outfit scelto.
Personalmente non ho mai visto nulla di simile a nessun concerto, è un’atmosfera positiva e idilliaca nella quale avrei voluto essere immerso per sempre.

Dopo aver scambiato i braccialetti, atteso per ore sotto il sole e aver fatto i controlli di sicurezza entriamo nello stadio, e dopo qualche altra ora ecco Taylor, che esce dal palco con il suo body rosa glitterato.
Quando noi del parterre l’abbiamo vista uscire abbiamo finalmente realizzato che lei si trovava davanti a noi e che stavano per iniziare tre ore di divertimento, balli sfrenati e urla a squarciagola. Taylor è bravissima e sempre impeccabile, le performance sono complesse, il palco è enorme e lei deve sempre sapere dove deve trovarsi a ogni istante. Non è solo una performance canora, è un’esperienza a 360 gradi arricchita dai ballerini e dai musicisti che creano un ambiente estremamente dinamico e mai noioso, neanche quando è il turno delle canzoni più tristi e malinconiche della discografia. Era dopo era, canzone dopo canzone, la stanchezza si fa sentire e a un’ora dalla fine cominci a chiederti come faccia lei a continuare a ballare e a cantare in modo perfetto mentre a te fanno male i piedi e la tua voce comincia a sparire. Io l’ho fatto per due sere consecutive e a distanza di due settimane ho ancora il mal di gola, mentre lei al termine del tour l’avrà fatto per 152 volte. Ha una potenza unica, è instancabile, geniale e ogni performance è curata alla perfezione.
Il primo concerto l’ho visto dal parterre, un’esperienza intima perché Taylor canta a 10 metri da te. È vicinissima, si vedono le sue espressioni, i suoi movimenti, i dettagli a cui da lontano non faresti mai caso. Al secondo concerto invece ho assistito dal terzo anello, il biglietto aveva la dicitura “visibilità ostruita” ed effettivamente ero praticamente dietro al palco. Questo però non mi ha impedito di vivere il concerto da tutta un’altra prospettiva: quando sei sugli spalti fai molto più caso ad alcuni dettagli che dal parterre non si notano: i bracciali luminosi che abbiamo ricevuto creano dei giochi di luce incredibili, generando forme e colorando lo stadio, facendoti sentire parte integrante del concerto. Il palco si illumina e anch’esso si colora interagendo con i movimenti di Taylor.
Quando il concerto è terminato ho provato un senso di vuoto: l’attesa è finita, non ha più senso creare braccialetti o pensare all’outfit. Lo show rimane solo un dolce ricordo che spero di avere la possibilità di rivivere in uno dei prossimi tour.


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