
Parlare di morte non è mai facile, soprattutto quando si è nel pieno della vita. La morte, se intesa come fine di un percorso o come un traguardo indesiderato, è qualcosa che tutti cerchiamo di scacciare dai nostri pensieri razionali perché, razionalmente, non saremo mai pronti a morire. Negli Yoga Sutra, Maharishi Patanjali ci insegna che uno degli ostacoli alla realizzazione spirituale, e proprio l’attaccamento che il nostro istinto ha al rimanere vivi (abinivesha klesha, YS I.5).
La paura della morte ci porta a non vivere pienamente perché, sotto sotto, soffochiamo una verità inevitabile che non è tanto quella della morte stessa, quanto quella della continuità della vita oltre la morte. Tutto ciò di cui facciamo esperienza è creato e sorretto da energia, cioè da una danza subatomica di onde e particelle le cui manifestazioni dipendono da chi ci interagisce. Accettare che la morte non è la fine della vita, ma una sua continuazione, è un insegnamento spirituale importante che, quando compreso e integrato, ci aiuta a conquistare una serenità che dipende meno dagli alti e bassi della vita. Eppure, tutti noi resistiamo all’idea che “io” o “tu”, a un certo punto, non esisteremo più nella nostra differenziazione. E allora che si fa? La maggior parte di noi cerca di dimenticarsene e arriva “impreparata” a questo momento inevitabile.
Jarabi ci guida, con la delicatezza, la chiarezza e la fermezza necessarie quando si riflette su questo argomento, a prendere in mano le redini di una vita vissuta appieno, nella quale ogni momento è un invito a respirare consapevolmente e sentirsi grati verso se stessi e gli altri.
Scrive Cloza: «Noi qui, pezzi di stelle che contemplano le stelle, aggregati di carbonio e idrogeno divenuti consapevoli grazie al mistero della vita, pensiamo presuntuosamente di sapere, di comprendere questo mistero. E per questo abbiamo paura. Abbiamo paura perché crediamo nell’illusione del tempo e dello spazio, dell’inizio della fine. Ma se tu riuscissi a respirare calmare la mente alzando chiudendo gli occhi, ti accorgeresti che l’Universo intero, di cui siamo parte da miliardi di anni, ti guarda e ti sorride. È dentro di te. E non finirà con te» (p. 23).
Il nostro strumento di comprensione è l’Amore. Quello con la A maiuscola, sì. Non condizionato dalla paura e che la trascende. Quell’amore metafisico che è anche fisico, cioè ci spinge ad agire praticamente. «Jarabi è una parola usata nell’Africa occidentale che rappresenta il potere dell’amore su tutte le paure, la sua vibrazione che guarisce le ferite. Significa “amare” ed “essere amati”. La possiamo anche tradurre con “amore mio”, con la semplicità di quelle terre dove è più facile il sorriso, nonostante tutto» (p. 31).
Quando moriamo, cosa ha valore per noi? Cosa sarà stato importante nella nostra vita? Cloza ce lo suggerisce: «L’importante è fare la differenza nel cuore di qualcuno» e aver detto, quando e dove necessario, «quattro frasi fondamentali»:

«Grazie.
Mi dispiace.
Ti perdono.
Ti amo».
Il libro intreccia in modo naturale e accessibile riflessioni filosofiche, scientifiche e spirituali con un invito a mettere in pratica l’Amore, scegliendo di usare il nostro tempo qui per prepararci al momento della morte – nel prima, durante e dopo – con azioni chiare come «la lista per la guarigione emotiva e spirituale» che comprende, «concentrarsi sull’essenziale» (p.47), «non lasciare questioni in sospeso» (p. 48), «imparare il perdono» (p. 49), «condividere, accudire ed essere accuditi; prendersi cura, ascoltare» (p. 50), «lasciar andare» (p. 52). Bellissime, le parti sulla vibrazione, sul ritmo e sul suono espandono la nostra consapevolezza sulla realtà di questa manifestazione, dalla formazione del cuore del feto, al primo respiro del neonato, all’ultimo “alito” spirato, e oltre.
Cloza sceglie di guidare il lettore con uno stile intimo che unisce la riflessione personale e suggerimenti pratici alla scrittura di lettere, tutte indirizzate ad «Amore mio». Il libro trova il suo completamento nella sua ultima sezione dove il lettore trova uno spazio per scrivere la sua lettera, indirizzata ad «Amore mio» potendo così mettere in pratica quello che ha maturato nell’interazione con il pensiero dell’autore.
Jarabi è una gemma, brillante come la vita, preziosa come ogni respiro.
Giuseppe Cloza
JARABI
Nascere, morire, amare: come ritrovare il filo della vita
(Giunti)

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