Questo articolo è apparso su Yoga Journal nella rubrica La mia pratica e lo ripubblichiamo qui per gentile concessione del direttore Guido Gabrielli. Abbiamo scelto Francesca Alinovi perché il suo gruppo, i Lovesick, sta mietendo successo ovunque. Francesca trova tutta la potenza del suo contrabbasso nella pratica di meditazione buddhista e di yoga. Ecco il suo racconto.
Quando li scopri non li lasci più. Perché trasmettono genuinità e voglia di vivere e ti trascinano in un immaginario che sembrava perso nel tempo. Stiamo parlando dei Lovesick Duo (oggi Lovesick con l’aggiunta del violinista e percussionista Alessandro Cosentino, ndr), cioè Paolo e Francesca, ma stavolta l’inferno di Dante è lontano, qui siamo nel paradiso della musica. Sì, il loro paradiso è il blues, il bluegrass, il rock’n’roll degli albori, ci mettono tanta energia e anima nel suonare e cantare che il dubbio ci è venuto: c’è profumo di ricerca interiore?
Senti al telefono la voce di Francesca Alinovi, contrabbassista e voce del duo, e non hai più dubbi tanto è fresca, sincera, aperta, piena di fiducia nelle persone e di speranza nella musica. Così scopri che lei ne fa di pratica, eccome: Francesca è buddhista della tradizione diffusa a metà del 1200 dal monaco giapponese Nichiren Daishonin (ma che è nata in Cina nel 700 d.C.) e ogni giorno, anche quando è in tour e suona fino a tardi non manca mai il suo appuntamento con il mantra Nam myoho renge kyo.
Ma c’è di più. Ci pensa lei a raccontare, basta darle il LA ed è un fiume di parole: «Sono un orologio svizzero, mi sveglio ogni giorno alle 8 e dopo colazione inizio la mia pratica, il Gongyo, con la recita del mantra per circa mezz’ora e poi la lettura dei capitoli Hoben e Juryo del Sutra del Loto (da cui è tratto il mantra, ndr). Di solito, dopo, leggo qualche pagina di un libro sul buddhismo oppure pratico un quarto d’ora yoga o pilates. La sera, infine, dedico ancora una mezz’ora al mantra e al Sutra del Loto. Ma per chi è su questo sentiero la pratica è molto di più, è nella vita quotidiana, nel lavoro, nell’incontro con le persone».
«Ho scoperto il buddhismo di Nichiren Daishonin una dozzina di anni fa», spiega la trentasettenne parmense che oggi vive a Bologna e suona nei Lovesick Duo con Paolo Roberto Pianezza, cantante e chitarrista straordinario. «Ero cresciuta in parrocchia, all’oratorio, ma succede che al liceo cominci a studiare Filosofia e allora nascono le domande: purtroppo nella Chiesa cattolica non ho trovato le risposte e me ne sono allontanata. Poi, un amico cantante con cui suonavo mi ha parlato di questa pratica. Anzi, ho scoperto di essere circondata da praticanti buddhisti. Non mi spiegavo perché fossero sempre così sorridenti e positivi, senza sensi di colpa e pregiudizi: io ero in un periodo di sofferenza (una relazione non funzionava, il lavoro neppure) e la cosa mi colpì. “Ma come fate?”, chiedevo».
Il buddhismo Nichiren e la musica si sono spesso trovati a flirtare: in Italia il più famoso buddhista seguace degli insegnamenti di Nichiren è Roberto Baggio, ma c’è anche Carmen Consoli e all’estero Tina Turner, Suzanne Vega e i jazzisti Wayne Shorter e Herbie Hancock. Tutti vicini alla Soka Gakkai, il movimento fondato da Daisaku Ikeda che si rifà agli insegnamenti di Nichiren Daishonin.
«Ho studiato pianoforte classico fino alla seconda superiore», si racconta Francesca, «e con un diploma di Teoria e Solfeggio avrei voluto iscrivermi a Belle Arti, ma i miei mi spingevano in un’altra direzione; quindi ho ripiegato su uno Scientifico informatico (sono una smanettona…) e ho continuato pianoforte fino al 5° anno di Conservatorio». Poi ha “incontrato” il basso ed è stato subito amore: «Facevo mille cose, lavoravo, studiavo basso elettrico alla Rock Tv School di Cusano Milanino, giocavo a softball nel Collecchio in serie B, mi sono laureata a Rovigo in Conservatorio Jazz. Poi ho incontrato Paolo e la nostra storia di vita e musicale è cominciata…».
Oggi il duo è nella squadra della Barley Arts, hanno date in tutta Italia e sono quotatissimi anche all’estero, pubblicano molti album (il loro ultimo è All Over Again) e i loro video su Facebook, Instagram e YouTube sono cliccatissimi. Tutta questa attività ha portato Francesca a incontrare lo yoga: «Come accade a molti, a causa di un dolore alla spalla quando ho iniziato a studiare contrabbasso», sorride. «Mi sono bloccata a livello lombare e tra un trattamento cranio sacrale, uno di reiki e di riflessologia, a un seminario di contrabbassisti ho conosciuto Alessandro Fattorini, un amico che insegna yoga e tecnica Alexander. I suoi seminari con musicisti sono molto interessanti perché le pratiche sono sempre accompagnate da musica live e ci ha fatto scoprire, per esempio, come sia differente suonare dopo aver praticato le 12 posizioni del Saluto al Sole. Così lo yoga è entrato nella mia musica e nella mia vita a livello fisico, nella “presenza”. Sono piccola e timida e io suono uno strumento grande, e anche in amore ho avuto sempre persone alte e forti: ho un carattere tosto, ma non avevo quella “presenza”. Lo Yoga mi ha dato la stabilità e mi ha insegnato a prendere fisicamente il mio spazio e a mantenerlo anche durante le jam session in cui gli ego di ognuno si muovono parecchio. Mentalmente mi ha insegnato a stare più concentrata. Con lo yoga e recita del mantra ho acquisito “presenza” e ora quando suono mi esercito anche nella consapevolezza: “Sei qui devi stare qui, non disperderti, fai questa cosa e basta”». E che la musica inizi.


Il sistema delle caste in India è uno dei fenomeni sociali più antichi e complessi al mondo e affonda le sue radici nei testi religiosi dell’induismo. Nonostante i progressi legislativi, nella pratica le discriminazioni castali non sono scomparse. E anche se il peso elettorale degli “intoccabili” serve al potere, i loro diritti sono pochi e il cammino verso una piena uguaglianza rimane lungo e complesso...

Lo Yoga è patrimonio dell’umanità come lo sono le grandi religioni, il pensiero di Socrate e Platone e le canzoni di Bob Dylan e dei Beatles. Fa parte del nostro immaginario e ha dato all’uomo – non solo all’uomo indiano hindu – una via di liberazione dalle sofferenze. Ecco perché lo celebro sul palco dell'Arena di Milano...

Il primo ministro Modi che ha voluto questa “festa” è la persona meno adatta a parlare di yoga perché il suo governo e il suo partito sono repressivi, violenti e irrispettosi dei diritti umani. Io non ci sto: sono profondamente convinta che lo yoga non sia un proclama di intenti, ma uno stato d’essere, una esperienza personale di chi ha trovato in questa disciplina uno strumento per vivere con più equilibrio e serenità la vita quotidiana

Dice Swami Niranjanananda, erede di Satyananda: «Il secondo capitolo dello Yoga è una nuova visione dello Yoga, non come pratica, ma come vidya, una saggezza che va compresa, assimilata ed espressa nella vita». E poi ancora «risvegliare e integrare le facoltà di testa, cuore e mani». Qualcosa si muove nel mondo di questa via spirituale, non più con l'obiettivo di un corpo flessuoso, ma di una vita integrata. Ed era ora

Nell’agosto del 2022, a pochi mesi dalla morte di mio padre, decisi di ripercorrere le orme del principe Siddhartha Gautama. Il suo percorso, come sappiamo, culminò con l’“illuminazione”. Il mio è stata un'immersione nella sua spiritualità e nei luoghi che lui toccò. Un'emozione che vi racconto a parole e con le mie immagini

Quando si parla di testi della tradizione Hatha, di solito si menzionano la «Siva Samhita», la «Gheranda Samhita» e l’«Hatha Yoga Pradipika». Ma nelle biblioteche indiane giacciono migliaia e migliaia di manoscritti in attesa di essere tradotti. Gli esperti sono pochi e quindi ci vuole tempo. Da poco, per esempio, è stato scoperto e tradotto un altro testo, l'«Amṛtasiddhi», tradotto da James Mallinson, e a sua volta tradotto in italiano dalla nostra Amalia Cornale