La meditazione è un salto dentro noi stessi. Né in avanti, né indietro, dove la mente è abituata a spingersi o rifugiarsi. Quasi una caduta creata da alcune condizioni. Nello Yoga ci offriamo alla partecipazione della creazione. È un mettersi a disposizione. È un inciampare durante la fretta dell’esistere lungo binari spesso predefiniti, che ci sorprende e scuote. È un tuffo in una condizione inaspettata, dove la mente, priva di sostegni o argomenti noti alla propria esperienza, ci rivela, paradossalmente, la sorpresa del reale. L’esperienza del presente. Dell’ iconico «Qui ed ora». Tutt’altro che un retorico «Cogli l’attimo» per lo più inteso come «approfittane». Un presente infinito.
Salto in dentro, quindi. Cacofonico? Un po’ ma rende l’idea.
Non siamo abituati a lasciarci cadere laddove nulla è controllabile o previsto. Ci piace mettere le cornici alle cose, individuarle e identificarci in esse. Quasi un esistere nella rassicurazione del già vissuto, sotto la guida di un sé consolidato nell’abitudine. Una corsa all’attaccamento. Quando questa tregua da noi stessi, in noi stessi, si manifesta, l’esterno interrompe il suo ripetitivo gradevole/sgradevole impatto. Si scioglie il confine fra ciò che disturba e ciò che si desidera. Si neutralizza. Cambia la dimensione delle possibilità che trovano nuove infinite direzioni. Involucro contenuto e contorno svaniscono. Allora lì, dicono i grandi Maestri, inizia chi siamo davvero. Un processo trasformativo che, consolidandosi, diviene irreversibile.
L’esperienza delle pratiche meditative ci trasformano perché attenuano la presa che gli automatismi creano in noi facendoci diventare, a nostra insaputa o meno, un meccanismo reattivo/ripetitivo, sollecitato da infiniti stimoli ai quali rispondiamo senza soluzione di continuità, riproducendo le stesse dinamiche. E questo ci allontana da quello che potremmo chiamare “il nostro centro”. La trasformazione accade se lasciata emergere da sola, non è uno scopo da raggiungere. Il gioiello (Il Sé) si manifesta attraverso la costanza della pratica, l’intensità, l’accoglienza, la devozione, la disponibilità. Così come la pazienza del contadino, non il suo fissare il seme quotidianamente, e l’ordine degli eventi naturale, fanno germogliare il nuovo raccolto. Come un neonato cresce luminoso e sicuro, per l’amore di chi lo sostiene, madre e ambiente.
Il tuffo che compiamo ci offre una esperienza non riconducibile al già vissuto, ma apre a quell’infinita immensità e profondità che è alla base di tutta la materia ed è la sostanza su cui poggia ogni cosa, inclusi noi e la nostra mente. Un oceano di Coscienza che i grandi saggi del passato chiamavano Cosmica. Sat Chit Ananda. Un oceano di Unione. La Sorgente, l’Assoluto. E questo Oceano-Coscienza ha delle qualità riconducibili a qualcosa di familiare, ma slegate da qualunque idea di soddisfazione esteriore quali: Gioia, Amore illimitato, incondizionato, Pace infinita, profonda calma, Suono (vibrazione), Luce, Energia infinita/Potere, Saggezza.
Queste qualità Paramhansa Yogananda le chiamava «Le qualità dell’Anima». Sono qualità che trascendono il senso comune che gli diamo e che la mente cataloga con le esperienze comuni, che indicano una direzione nuova, una deviazione sulla veloce autostrada del mordi-e-fuggi del flusso dei pensieri, e affiorano, nei doni della meditazione, come un magnete che attrae a sé ciò che manifesta, lasciandolo in dono.

Qualità come quelle descritte, sono l’essenza della nostra anima. Della Sorgente alla quale stiamo risalendo, ognuno a modo suo, e la meditazione è il soffio che toglie il velo creatosi incarnazione dopo incarnazione, per ristabilirci in una nuova consapevolezza. Dietro la nebbia ognuno è queste qualità. Non “ha”, ma “È”. L’Amore di cui si parla, ad esempio, non è un’emozione. Noi conosciamo quello, l’aspetto emotivo, ma l’Amore è altro. L’ Amore è la forza che sostiene ogni cosa. Che nutre ogni atomo, che costantemente accompagna la creazione in ogni sua forma e che impregna ogni manifestazione, visibile o meno. Tutto, se esiste, può sperimentare questo miracolo dell’esserci, solo per Amore. Ogni cosa che nasce, lo fa grazie all’Amore, inteso come la qualità necessaria affinché sia possibile il generare e il sostenere. Non da parte di chi ha collaborato alla nascita (di qualunque cosa inclusi noi esseri umani), ma nel sorgere in sé, nell’abbandonare il “non essere” per divenire presenza, lì è Amore. L’ Amore è ciò che permette, nel separarsi, di esistere. L’Amore è cambiamento. Non esisterebbe un fiore se non si separasse dal seme, un bimbo se non lasciasse il ventre materno. E nel separarsi genera nuovo Amore. L’Universo è l’atto d’Amore per eccellenza. Se la mente tace, e guardiamo intorno, possiamo trovarlo ovunque. Riusciamo a percepirne il senso.
L’ Amore è il contatto più profondo che possiamo avere con noi stessi e con ogni esperienza che incontriamo, accogliendo ogni sfaccettatura in modo incondizionato, totale. Non è un’emozione appagante l’Amore, o attraverso cui cercare appagamento. E’ la linfa del dono impersonale. È la forza attrattiva che mantiene l’unione. È il potere divino dell’attrazione che unisce il creato. L’Amore è ciò che governa gli equilibri senza trarre profitto. La natura delle cose è Amore. È l’energia divina che permea ogni cellula vivente, senza la quale non potrebbe esistere ma che con essa diviene A-mors, senza morte. In perenne rigenerazione.
Ecco di quale Amore si parla nell’espansione della coscienza. Nell’incontro con il Sé. Si dice che l’amore “umano” sia solo un riflesso che l’incarnazione ci offre illusoriamente, come direzione. Mille forme prende l’amore nella nostra esistenza; la compassione (Maitri), la devozione (Bhakti), l’amore per se stessi che permette di vedere noi negli altri e viceversa (Atma Prema) Sringara e Kama, l’amore sentimentale e l’amore passionale, tutte esperienze sublimi, ma ciò a cui potremmo avere accesso, al di là della nostra percezione mentale, nel silenzio della meditazione, è l’Infinito Amore divino. Se questo termine non è adatto al sentire di chi legge, può chiamarlo Sorgente, Assoluto, Verità…. poco cambia. È Amore. Un oceano d’Amore di cui noi siamo parte. Non siamo gocce, siamo l’ oceano stesso.

Il sistema delle caste in India è uno dei fenomeni sociali più antichi e complessi al mondo e affonda le sue radici nei testi religiosi dell’induismo. Nonostante i progressi legislativi, nella pratica le discriminazioni castali non sono scomparse. E anche se il peso elettorale degli “intoccabili” serve al potere, i loro diritti sono pochi e il cammino verso una piena uguaglianza rimane lungo e complesso...

Lo Yoga è patrimonio dell’umanità come lo sono le grandi religioni, il pensiero di Socrate e Platone e le canzoni di Bob Dylan e dei Beatles. Fa parte del nostro immaginario e ha dato all’uomo – non solo all’uomo indiano hindu – una via di liberazione dalle sofferenze. Ecco perché lo celebro sul palco dell'Arena di Milano...

Il primo ministro Modi che ha voluto questa “festa” è la persona meno adatta a parlare di yoga perché il suo governo e il suo partito sono repressivi, violenti e irrispettosi dei diritti umani. Io non ci sto: sono profondamente convinta che lo yoga non sia un proclama di intenti, ma uno stato d’essere, una esperienza personale di chi ha trovato in questa disciplina uno strumento per vivere con più equilibrio e serenità la vita quotidiana

Dice Swami Niranjanananda, erede di Satyananda: «Il secondo capitolo dello Yoga è una nuova visione dello Yoga, non come pratica, ma come vidya, una saggezza che va compresa, assimilata ed espressa nella vita». E poi ancora «risvegliare e integrare le facoltà di testa, cuore e mani». Qualcosa si muove nel mondo di questa via spirituale, non più con l'obiettivo di un corpo flessuoso, ma di una vita integrata. Ed era ora

Nell’agosto del 2022, a pochi mesi dalla morte di mio padre, decisi di ripercorrere le orme del principe Siddhartha Gautama. Il suo percorso, come sappiamo, culminò con l’“illuminazione”. Il mio è stata un'immersione nella sua spiritualità e nei luoghi che lui toccò. Un'emozione che vi racconto a parole e con le mie immagini

Quando si parla di testi della tradizione Hatha, di solito si menzionano la «Siva Samhita», la «Gheranda Samhita» e l’«Hatha Yoga Pradipika». Ma nelle biblioteche indiane giacciono migliaia e migliaia di manoscritti in attesa di essere tradotti. Gli esperti sono pochi e quindi ci vuole tempo. Da poco, per esempio, è stato scoperto e tradotto un altro testo, l'«Amṛtasiddhi», tradotto da James Mallinson, e a sua volta tradotto in italiano dalla nostra Amalia Cornale