Quindi abbiamo cominciato un nuovo anno. Ma possiamo dire che oggi siamo le stesse persone di un mese fa? O queste feste hanno cambiato qualcosa in noi? Abbiamo attraversato qualche varco temporale e ritorno, abbiamo percepito onde, vibrazioni, energie che ci hanno turbato o ci hanno nutrito?
Forse non siamo caduti nel più classico dei luoghi comuni, la riflessione che una festa sacra è diventata un’occasione profana. Che questo ritrovarsi ha le stesse caratteristiche di una sfilata della settimana della Moda, una passerella di egoriferimenti, di «chi sei tu e chi sono io», di mal sopportazione di persone, di storie, di toni della voce, di regali inutili «che si capisce che non l’hanno pensato per me». E forse ci siamo ritrovati a pensare: ma con tutto lo yoga che faccio, con tutti i mantra, le meditazioni, possibile che non sia riuscito a sopportare questa o quella persona, questo o quel momento?
Quello di questa riflessione è un momento importante. Ci ritroviamo cioè a chiedere a noi stessi qualcosa che va al di là del nostro stato presente. Il che significa che il velo dell’illusione ci avvolge con la sua coltre. Crediamo di essere ciò che non siamo? Forse sì, ma c’è anche un altro fatto: siamo avvolti oltre che dall’illusione dalla dualità, dal fatto che non siamo puro spirito, ma anche corpo e questa caratteristica tendiamo a dimenticarla quando usciamo dalla pratica. Spesso sul tappetino o seduti in asana ci sentiamo invincibili, arrivati, illuminati, realizzati. Siamo pronti a tutto. Poi arriva la “prova del nove” e ci ritroviamo davanti allo specchio di Dorian Gray. Abbiamo la tendenza a chiedere a noi stessi ciò che noi non siamo. Spesso facciamo la stessa cosa con il nostro maestro. Abbiamo la tendenza di trasformare tutto in religione, assolutizziamo il relativo e poi restiamo delusi da noi e dagli altri.
Lo Yoga chiama la tendenza opposta a questo, «distacco»: il porre una distanza tra l’aspettativa e la realtà. Una distanza tra il coinvolgimento totale e quello effettivo. Esserci senza perdersi. E poi perdersi senza smarrirsi.

Il fatto che tra i libri fondamentali della nostra ricerca di questo Graal che è il nostro Sé ci sia la Bhagavad Gita che racconta di una guerra da vincere è una fortuna per due motivi: il primo perché dobbiamo sapere che perdere una battaglia fa parte della vita, ma è la “guerra” che dobbiamo vincere, cioè arrivare fino in fondo con la determinazione di obbedire alla “chiamata” che abbiamo ricevuto, al nostro karma. Che abbiamo il diritto di smarrirci, di abbatterci, di volerci nascondere o scappare senza per questo diventare reietti, eretici o streghe.
Nello Yoga non ci sono eroi, ma solo ricercatori.
Nello Yoga non ci sono santi, ma ricercatori.
Nello Yoga non ci sono falliti, ma ricercatori.
E la ricerca comincia oggi. È la ricerca di un anno che inizia assieme a noi, oggi. Domani sarà il nostro “oggi di domani” e qualsiasi cosa affronteremo saremo come Arjuna sulla piana di Kurukshetra (cfr. Bhagavad-Gita): avremo un momento di scoramento, forse, ma poi ci lanceremo nella battaglia della vita. Sapendo che abbiamo sì un possibile traguardo da raggiungere: la tolleranza, l’altro volto di ahimsa, la non-violenza.
Dice Radhanath Swami, erede di Bhaktivedanta Prabhupada, il fondatore degli Hare Krishna:
La grandezza è di colui che sa tollerare. Le persone amano adorare i grandi e vogliono diventare grandi a modo loro. Ma cos’è in realtà la grandezza? Secondo il principio universale di tutti i percorsi spirituali, questa frase descrive in modo sintetico cos’è la grandezza: “La grandezza di una persona deve essere valutata in base alla sua capacità di tollerare le situazioni provocatorie”.
Mentre leggevo queste parole mi chiedevo se valesse anche per i segni di fuoco… temo di sì. Dice ancora:
È facile fare sfoggio di grandezza. Tuttavia, quando si devono affrontare situazioni provocatorie, questa è la prova del proprio carattere. Ci sono nemici che esistono nel nostro cuore e che sono provocati da circostanze interne ed esterne. Questi nemici sono la lussuria, l’avidità, l’invidia, l’orgoglio e la rabbia. Una grande personalità è quella che è in grado di tollerare questi impulsi.
Capite perché non possiamo che dirci «ricercatori». Stiamo cercando nel fondo del nostro cuore il bandolo per prendere ahimsa per le corna. Swami Sivananda non voleva neppure che uccidessero i topi che infestavano il suo ashram. Ahimsa è fuori da ogni logica. «Bhaktivedãnta Prabhupada diceva che l’utilità è il vero scopo della vita», racconta Paolo Tofani, chitarrista degli Area diventato Hare Krishna in un libro poco fortunato che ho scritto con Elia Perboni (e al quale speriamo presto di potere ridare vita). L’elemento centrale è il viaggio, non il raggiungere la meta. Questo significa uscire da un concetto utilitaristico ed entrare nell’«essere utili».
Non lo dobbiamo fare per essere più buoni. Non sarebbe utile. Tra 100 anni chi si ricorderà di noi? Saremo solo un nome scritto su una lapide, ammesso che ci sia. Invece lo possiamo fare per entrare nella logica dell’Universo. Nell’universo tutto è utile a tutti. Hanno appena scoperto che il carbonio che emettiamo viene proiettato nell’Universo e raggiunge distanze degne di Star Trek. Siamo parte di questo Universo. Per questo ahimsa, a prescindere da noi e da quello che non possiamo fare, è anche essere utili. I bastioni di Orione ci attendono.

Era il 1975, a Parma. Avevo un rapporto molto laico con lo yoga, tutti noi eravamo mossi da una sincera curiosità accompagnata da un certo distacco nei confronti del mondo esoterico e mistico; questa è stata una fortuna e non a caso nessuno di noi ha poi seguito anni dopo il filone New Age...

Due scoperte importanti: uno studio americano spiega che partecipare ad attività sociali come visitare amici, partecipare a eventi o fare volontariato può aiutare a prevenire o ritardare la demenza. Una ricerca italo-svizzera, invece, ha “visto” con esami sofisticati delle alterazioni strutturali e cellulari dell'intestino legate alla malattia degenerativa.

Quanto è difficile essere all’altezza! In un mondo che ci chiede continuamente di metterci alla prova e superare i limiti. Ve lo dico da queen del disagio quale sono stata. Perché non riesco a uniformarmi e piuttosto preferisco sentirmi a disagio, restando ciò che sento di essere? Lo Yoga mi ha dato la risposta: perché ognuno di noi è unico perché custodisce in sé una piccola scintilla, una piccola Luce, che è parte di quella Energia che tutto sostiene e da cui tutto origina...

Birmingham, nell’Alabama, era nel 1963 «probabilmente la città più segregata negli Stati Uniti», secondo Martin Luther King. Domenica 15 settembre 1963 una bomba esplode davanti alla 16th Street Baptist Church di Birmingham (Alabama), prima dell’inizio delle celebrazioni. Quattro giovani ragazze afro-americane rimangono uccise nell’attentato. Per queste vittime innocenti, il grande sassofonista decise di comporre una sua elegia a supporto dei diritti civili

Quest’anno sono attesi 400 milioni di fedeli per il Maha (grande) Kumbha Mela, il più grande raduno religioso del mondo. La festa indiana rappresenta un’importante occasione per purificarsi dai peccati, raggiungere la salvezza e avvicinarsi al divino...

Le luci che vengono dalle case accendono i muri, dando un calcio alla solitudine della sera. Mi sento già felice. Intuisco, passo a passo, di trovarmi nel mezzo di una meraviglia e cresce il desiderio di farmi portare dall’aria e dai vicoli e anche dalle grandi strade. Ero pronta al degrado, invece ho trovato bellezza