Entro in un supermercato e vengo subito investito da un mondo parallelo, un universo di luci bianche, scaffali ordinati, profumi calibrati. Ogni prodotto sembra urlare la propria superiorità morale: “Senza zuccheri aggiunti”, “Biologico certificato”, “Fair trade”, “Senza glutine”, “Analizzato e garantito da laboratori indipendenti”. Cammino tra corsie perfette, illuminate da luci che esaltano il colore delle verdure e la lucentezza delle confezioni. Sul reparto frutta secca, le mandorle di Messina Est sono in fila, come soldatini, con il loro bollino di purezza e sicurezza. Non quelle di Messina Ovest, “pericolose” secondo il laboratorio che ha fatto i test. Accanto, bustine per la spesa in fibra vegetale, biodegradabili e certificate compostabili, pendono dai ganci, mentre carrelli in giunco nepalese, eleganti e fragili, attendono i clienti più virtuosi.
Ogni dettaglio sembra studiato per trasmettere fiducia: esami di laboratorio allegati ai succhi di frutta, certificati di tracciabilità per il riso, garanzie di purezza per il miele. Il rumore dei carrelli sul pavimento lucido è come un sottofondo orchestrato: uno scricchiolio qui, un tintinnio lì, a scandire la marcia della perfezione. E mentre cammino, non posso fare a meno di sorridere amaramente. Qui, ogni ingrediente ha la sua storia, ogni etichetta la sua promessa. Ma fuori da queste corsie ordinate, altrove, si muore di sete, di fame, di malattie curabili con un semplice farmaco che qui si trova da LIDL ma loro li non ce l’hanno. La fiducia, abbiamo deciso, non è più nella vita o negli altri: l’abbiamo delegata a un bollino, a un marchio, a un pezzo di carta firmato da un laboratorio.( quasi tutti francesi per impressionare)
Passo accanto ai succhi di frutta e leggo le etichette: “Analizzati per 123 parametri”, “Certificati da laboratorio indipendente”. Il pensiero corre subito ai bambini che in altre parti del mondo non hanno acqua potabile, a chi non può permettersi farmaci essenziali. Qui ci preoccupiamo di mandorle “sicure” mentre altri muoiono per mancanza di pane. Mi fermo davanti al reparto dei prodotti “senza”: senza lattosio, senza zucchero, senza glutine, senza colesterolo. Non posso fare a meno di pensare che, fuori da queste corsie illuminate, ci sono posti dove il “senza” non esiste: manca tutto. Pane, acqua, dignità. Questi sì che sono beni essenziali. Non serve un bollino per riconoscerli.
Esco con il mio carrello in giunco nepalese, le bustine di fibra vegetale e le mandorle certificate di Messina Est. Ma con me porto anche un pensiero amaro: io non sarò mai un virtuoso di questo genere. Un po’ perché non ci credo affatto, un po’ perché, considerando il costo di questa perfezione confezionata, faccio più di un ragionamento.
E poi una domanda resta sospesa nell’aria, tra scaffali e luci al neon: a questi consumatori così scrupolosi, così attenti a ogni certificazione, a ogni bollino, a ogni promessa di purezza… i soldi, chi glieli dà? Mentre cammino verso l’uscita, il rumore dei carrelli e il tintinnio delle bustine biodegradabili sembrano diventare un monito ironico: tutto questo benessere garantito è un grande lusso.La vita vera, quella che non si può bollinare, certificare o garantire con un esame di laboratorio, resta fuori. E forse è lì che dovremmo guardare cari radicaloni chic

Il leggendario Yogi immortale è l’essere umano che completa l’evoluzione con la padronanza delle energie interiori e la realizzazione del Sé. E molte scuole tamil sostengono che il Kriya Yoga, reso famoso da Yogananda, abbia radici nel “Siddha Yoga” tamil...
Questo è un po’ il manifesto dello yoga che pratico e che insegno da quasi trent’anni. Lo yoga si occupa della domanda essenziale che abita ogni essere umano. Del mistero del vivere, del mistero dell’essere coscienti. Del “chi” siamo e “come” siamo. La parola “Yoga” indica uno stato, uno stato fondamentale della coscienza. Non è un percorso che conduce da un luogo a un altro, e neppure una ricerca di benessere. È la possibilità di essere consapevoli di essere vivi e di come lo siamo. La possibilità di sentirsi espressione di una realtà indivisa. La pratica di Yoga si fonda sull’Osservazione e sul Cambiamento.
Lavoro con la voce da cinquant’anni. È stata la mia compagna, la mia arma gentile, il mio specchio: la radio, la tv, il canto. Con la voce ho raccontato e ascoltato, ho cercato emozione, ritmo, verità. Ma più la uso, più capisco che la voce non è solo suono: è respiro che si manifesta, corpo che vibra, anima che prende coraggio e decide di farsi sentire. È la forma più diretta di presenza
La speranza di una donna che è scappata dall'orrore e ha cercato un futuro con i suoi figli su un'isola della Grecia. Ma ha lasciato l'amore della sua vita e non vuol sapere che lo rivedrà solo come nuvole nel cielo...
Per invecchiare meglio bisognerebbe leggere più libri sulla biologia e guardare meno pubblicità. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Perché i condizionamenti sociali sono enormi. Ma a prescindere dallo sviluppo tecnologico che l’umanità ha raggiunto, le domande sulla vita e sulla morte rimangono le stesse. Perché nasciamo, perché moriamo? Ai quesiti esistenziali senza tempo rispondiamo con trapianti e i ritocchi, mentre dovremmo imparare a meditare...
Mahavatar Babaji, il guru di Lahiri Mahashaya che ha portato il Kriya Yoga in tutto il mondo, è il protagonista di un nuovo libro scritto da Jayadev Jaerschky. Che ci spiega chi è quest'essere leggendario che Yogananda descriveva come «simile al Cristo»



