«Recitiamo, tutti. Tutti recitiamo, tanto che nessuno sa più chi è».
(Luigi Pirandello – «Il fu Mattia Pascal»)
In termini di voti, vale più una traduzione dal Greco o un debate? Peseranno entrambi in egual modo?
Cercherò di rispondere a queste domande non attraverso citazioni di teorie docimologiche o didattiche, ma mediante esempi tratti dalla mia esperienza personale. Alla fine dell’anno scorso una classe mi ha ringraziata per aver organizzato dei debate, in cui gli studenti hanno potuto mettere alla prova la loro capacità di parlare in pubblico. Erano sempre più perplessi e insicuri nelle versioni, sconfortati ogni volta dalla prova. In generale, oggi è difficile insegnare ai ragazzi lo studio e la concentrazione: vivono in un mondo che li spinge a distrarsi continuamente, e questo rende più faticoso memorizzare o mantenere l’attenzione a lungo. Nonostante l’impegno, spesso faticano a ottenere risultati brillanti all’Esame di Stato. Tant’è che se ne sono accorti anche a Viale Trastevere e hanno deciso di cambiare l’Esame, non solo di nome (tornerà a chiamarsi «di Maturità»), ma anche di fatto: la valutazione non deve tenere conto solo del risultato, ma anche del percorso. Così, dei fondi saranno stanziati per formare gli insegnanti, i futuri commissari.
Si procede verso il futuro come ciechi in una grotta buia, che tastano le pareti e nel loro percorso verso la luce trovano chatbot, ansie, poco tempo, schermi, video virali. I ragazzi ormai sanno di avere a portata di clic non solo ogni informazione, ma anche ogni spiegazione o riassunto. E di questi chiarimenti, di questi riassunti, hanno bisogno. Da soli, semplicemente, non riescono. Poi, però, capita che le cose vogliano farle loro. Allora propongo il cosiddetto role-playing: «Immagina cosa faresti se fossi un cartaginese e dovessi decidere se accettare o rifiutare di scendere a patti con i Romani». Oppure dico loro di dividersi in gruppi, studiare un personaggio storico e rispondere a tre domande. Solo che in entrambi i casi mostrano dei limiti: sembrano aver capito, ma si esprimono in modo troppo semplice o interrompendosi dopo una o, al massimo, due frasi. Non tengono il filo del discorso. Non fanno collegamenti con il prima e con il dopo.
Mi chiedo se siano in grado di vedere e accettare il loro limite o se si sentano sopraffatti da un modo di apprendere frammentato, che li costringe a muoversi come in bolle fluttuanti e scollegate tra loro. E questo vale anche per la letteratura: sanno che è esistito Pirandello e che ha scritto opere anche interessanti, ma non vedono il filo che li unisce a lui o ad altri scrittori del passato. Fanno fatica a comprendere i testi che leggono, perché la velocità a cui sono abituati non li aiuta a soffermarsi sui concetti più profondi. D’altra parte, se l’attenzione per la visione degli stessi video si è abbassata a 8 secondi, figuriamoci per i libri. Non riescono a leggerne uno dall’inizio alla fine.
Allora torno alle cose semplici:
- faccio leggere un libro al mese, chiedendomi se lo facciano davvero o se non leggano le trame su Internet;
- dico loro di acquistare un taccuino con la copertina rigida, di quelli che si sentono, che non puoi confondere né dimenticare di avere;
- li invito a raccontare storie, aneddoti a cui hanno assistito.
All’inizio non sanno cosa scrivere. Mi raccontano storie con protagonisti dei videogiochi, o con cose viste nei sogni. Poi, piano piano, vengono fuori personaggi, avventure, tempeste marine.
E piace a me e piace a loro. Diventa un nostro codice di complicità: una cosa seria, ma allegra, dove non ci sono social, schermi, ma mani che scrivono con la penna. Qualcosa da custodire. Da mettere al riparo anche da verifiche, griglie, valutazioni, ma soprattutto da IA varie che non hanno esperienze o emozioni da raccontare, inciampi da trasmettere attraverso le crepe del cuore.
Quindi, per tornare alle domande iniziali, non ho un libro delle risposte. Una traduzione dal greco è un modo per imparare a risolvere molte cose della vita, perché abitua a comprendere il pensiero dell’altro e a trovare soluzioni. Ma se viene meno la capacità di esprimere il pensiero con il linguaggio e attraverso la propria lingua, forse occorre ripartire dalle basi. Se non lo facciamo adesso, facciamo un danno a noi stessi ma soprattutto ai ragazzi, li abbandoniamo agli algoritmi e neghiamo loro la possibilità di costruirsi un’identità individuale.

Il leggendario Yogi immortale è l’essere umano che completa l’evoluzione con la padronanza delle energie interiori e la realizzazione del Sé. E molte scuole tamil sostengono che il Kriya Yoga, reso famoso da Yogananda, abbia radici nel “Siddha Yoga” tamil...
Questo è un po’ il manifesto dello yoga che pratico e che insegno da quasi trent’anni. Lo yoga si occupa della domanda essenziale che abita ogni essere umano. Del mistero del vivere, del mistero dell’essere coscienti. Del “chi” siamo e “come” siamo. La parola “Yoga” indica uno stato, uno stato fondamentale della coscienza. Non è un percorso che conduce da un luogo a un altro, e neppure una ricerca di benessere. È la possibilità di essere consapevoli di essere vivi e di come lo siamo. La possibilità di sentirsi espressione di una realtà indivisa. La pratica di Yoga si fonda sull’Osservazione e sul Cambiamento.
Lavoro con la voce da cinquant’anni. È stata la mia compagna, la mia arma gentile, il mio specchio: la radio, la tv, il canto. Con la voce ho raccontato e ascoltato, ho cercato emozione, ritmo, verità. Ma più la uso, più capisco che la voce non è solo suono: è respiro che si manifesta, corpo che vibra, anima che prende coraggio e decide di farsi sentire. È la forma più diretta di presenza
La speranza di una donna che è scappata dall'orrore e ha cercato un futuro con i suoi figli su un'isola della Grecia. Ma ha lasciato l'amore della sua vita e non vuol sapere che lo rivedrà solo come nuvole nel cielo...
Per invecchiare meglio bisognerebbe leggere più libri sulla biologia e guardare meno pubblicità. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Perché i condizionamenti sociali sono enormi. Ma a prescindere dallo sviluppo tecnologico che l’umanità ha raggiunto, le domande sulla vita e sulla morte rimangono le stesse. Perché nasciamo, perché moriamo? Ai quesiti esistenziali senza tempo rispondiamo con trapianti e i ritocchi, mentre dovremmo imparare a meditare...
Mahavatar Babaji, il guru di Lahiri Mahashaya che ha portato il Kriya Yoga in tutto il mondo, è il protagonista di un nuovo libro scritto da Jayadev Jaerschky. Che ci spiega chi è quest'essere leggendario che Yogananda descriveva come «simile al Cristo»



