Londra, 5 Giugno 1975; negli studi Abbey Road, quelli storici dei Beatles, i Pink Floyd stanno registrando uno dei loro album capolavoro, Wish You Where Here, che vedrà la luce a settembre dello stesso anno, cinquant’anni fa (celebrati in questi mesi con molte iniziative compresa una riedizione dell’album). In particolare le sedute di quella giornata sono dedicate a una delle tracce più complicate del disco, quella che entrerà nella storia dei Pink Floyd per la sua sonorità; sia per il canto dilatato della chitarra nell’introduzione che sembra non finire mai, quasi come fosse sospeso nell’aria, sia per il significato del testo: Shine On You Crazy Diamond. È dedicata a Syd Barrett, la cui follia creativa ha acceso il motore sonoro della psichedelia, l’artista visionario, sperimentale e fragile la cui malattia mentale lo ha portato alla deriva e scomparso il 7 luglio 2006.
Durante la registrazione dell’album mentre si stava completando il missaggio finale di Shine On You Crazy Diamond, un uomo sovrappeso con la testa rasata e le sopracciglia completamente rasate a zero, con in mano una busta di plastica della spesa, entra nello studio. Roger Waters, che era concentrato nel lavoro, inizialmente non lo riconobbe, mentre Richard Wright pensò si trattasse di un amico di Waters o di un tecnico della Emi. Ma presto, con sconcerto, si rese conto che si trattava di un irriconoscibile Syd Barrett. Anche David Gilmour pensò a un membro, un po’ trasandato, dello staff della Emi prima di accorgersi che si trattava del vecchio amico, e Nick Mason restò inorridito quando Gilmour gli disse chi era quell’individuo che appariva come un homeless.
I Pink Floyd avevano di fronte l’uomo che aveva dato vita alla loro storia. Waters scoppiò in lacrime alla vista di come si era ridotto l’ex compagno di band. Il manager Andrew King, presente in studio, chiese a Syd come avesse fatto a mettere su così tanto peso. Barrett rispose semplicemente che aveva a casa un grosso frigorifero pieno di carne di maiale e che mangiava molte costolette. E disse anche che era pronto a dare il proprio contributo al disco suonando delle parti di chitarra. Ma quando ascoltò il mix di Shine On You Crazy Diamond non si mostrò entusiasta della canzone, definendola un po’ datata. E se ne andò. Nessuno degli altri membri del gruppo lo avrebbe mai più rivisto.
Anche se il testo del brano era stato già scritto in precedenza l’inaspettata visita da parte di Barrett potrebbe aver influenzato la parte finale della suite dove Wright suona un accenno della See Emily Play di Barrett a malapena udibile sull’album. «…Hai conosciuto il segreto troppo presto/hai voluto la luna/continua a brillare diamante pazzo/minacciato dalle ombre della notte ed esposto alla luce/continua a brillare pazzo diamante…», raccontano le parole di Shine On You Crazy Diamond. E persino la copertina di quell’album, nella cui immagine due uomini si stringono la mano e uno dei quali è in fiamme, si trovano i temi dell’assenza, dell’isolamento e della caducità dell’essere umano.

Follia e creatività. È un territorio complesso. Platone riconosce la follia come un’esperienza fondamentale dell’anima, non una malattia da cui guarire, ma un dono divino. Egli afferma che «i beni più grandi ci vengono dalla follia naturalmente data per dono divino». Questa frase esprime la consapevolezza che la follia non è solo una rottura dell’ordine razionale, ma anche una via d’accesso a verità più profonde, che sfuggono alla comprensione ordinaria. Per Platone, la follia non è semplicemente il caos, ma una forma di conoscenza che va oltre la saggezza umana e razionale. Le neuroscienze oggi suggeriscono che creatività e disturbi mentali condividano alcuni tratti cognitivi, come la capacità di pensiero divergente o la riduzione dei filtri inibitori. Tuttavia, la malattia in sé non è condizione necessaria per la creatività. Secondo Paramahansa Yogananda, la creatività è una combinazione di desiderio, gioia e una profonda connessione interiore con Dio, che permette di superare le limitazioni e manifestare poteri più elevati. La creatività non è legata solo a grandi creazioni artistiche, ma a tutti i miglioramenti che si apportano alla propria vita attraverso un lavoro di trasformazione interiore, stimolato dalla meditazione profonda e da un’attività mentale costruttiva e indirizzata verso mete più alte.
«Per tutto il nostro primo periodo, Syd fu la nostra mente creativa. Alla fine di un concerto era capace di andarsene a casa a incidere subito nuove idee e suoni ipnotici per tutta la notte. Ci fu chi scrisse che la nostra musica era adatta a far saltare il cervello ed è esattamente quanto successe a Syd», afferma Nick Mason. La vita di Syd Barrett è raccontata in ogni sua sfaccettatura dal giornalista Rob Chapman in una approfondita biografia uscita nel 2012 anche in Italia: Syd Barrett – Un pensiero irregolare (Stampa Alternativa/Nuovi equilibri). Syd Barrett ha seminato, preparato l’impalcatura per quello che sarebbe diventato uno dei fenomeni musicali più importanti della nostra era. Lui ha saputo destrutturare convenzioni sonore, sperimentare lasciando in eredità quel marchio diventato nel tempo più pop, consumato da tutti, ma mantenendo quell’anima visionaria che aleggia nelle composizioni e anche nelle rappresentazioni live.
È stato portato all’ennesima potenza ciò che sperimentavano nel loro mondo underground. Quei suoni di chitarra che si espandono lentamente nello spazio creano quella sensazione di “dilatamento” psichedelico, viaggio della mente. Musica ispirata, stato d’animo intenso (gioia, malinconia, rabbia, nostalgia) trasformati in melodia, ritmo o armonia. Syd, come viene raccontato dalla madre nella biografia, era un bambino molto inquieto finché non fu in grado di colorare su un foglio di carta. Lì incanalò tutto ciò che sentiva, come trascrivere con immagini, e più avanti saranno anche le parole i propri sogni, o incubi. E come si vedeva nello specchio Syd? «Sono una persona piena di polvere e chitarre».
Di che malattia soffriva Syd Barrett? Nel corso degli anni sono state avanzate diverse ipotesi, tra cui la schizofrenia, il disturbo bipolare e la sindrome di Asperger, senza che tuttavia sia mai stata formulata una diagnosi definitiva. L’uso di droghe psicotrope da parte di Barrett negli anni Sessanta è ampiamente documentato, e molti ritengono che proprio queste sostanze abbiano contribuito a scatenare o aggravare il suo stato di alienazione mentale. Syd Barrett è morto per un tumore al pancreas a Cambridge il 7 luglio 2006, all’età di 60 anni. (NdR).
Il leggendario Yogi immortale è l’essere umano che completa l’evoluzione con la padronanza delle energie interiori e la realizzazione del Sé. E molte scuole tamil sostengono che il Kriya Yoga, reso famoso da Yogananda, abbia radici nel “Siddha Yoga” tamil...
Questo è un po’ il manifesto dello yoga che pratico e che insegno da quasi trent’anni. Lo yoga si occupa della domanda essenziale che abita ogni essere umano. Del mistero del vivere, del mistero dell’essere coscienti. Del “chi” siamo e “come” siamo. La parola “Yoga” indica uno stato, uno stato fondamentale della coscienza. Non è un percorso che conduce da un luogo a un altro, e neppure una ricerca di benessere. È la possibilità di essere consapevoli di essere vivi e di come lo siamo. La possibilità di sentirsi espressione di una realtà indivisa. La pratica di Yoga si fonda sull’Osservazione e sul Cambiamento.
Lavoro con la voce da cinquant’anni. È stata la mia compagna, la mia arma gentile, il mio specchio: la radio, la tv, il canto. Con la voce ho raccontato e ascoltato, ho cercato emozione, ritmo, verità. Ma più la uso, più capisco che la voce non è solo suono: è respiro che si manifesta, corpo che vibra, anima che prende coraggio e decide di farsi sentire. È la forma più diretta di presenza
La speranza di una donna che è scappata dall'orrore e ha cercato un futuro con i suoi figli su un'isola della Grecia. Ma ha lasciato l'amore della sua vita e non vuol sapere che lo rivedrà solo come nuvole nel cielo...
Per invecchiare meglio bisognerebbe leggere più libri sulla biologia e guardare meno pubblicità. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Perché i condizionamenti sociali sono enormi. Ma a prescindere dallo sviluppo tecnologico che l’umanità ha raggiunto, le domande sulla vita e sulla morte rimangono le stesse. Perché nasciamo, perché moriamo? Ai quesiti esistenziali senza tempo rispondiamo con trapianti e i ritocchi, mentre dovremmo imparare a meditare...
Mahavatar Babaji, il guru di Lahiri Mahashaya che ha portato il Kriya Yoga in tutto il mondo, è il protagonista di un nuovo libro scritto da Jayadev Jaerschky. Che ci spiega chi è quest'essere leggendario che Yogananda descriveva come «simile al Cristo»



