Il sistema delle caste in India è uno dei fenomeni sociali più antichi e complessi al mondo. Affonda le sue radici nei testi religiosi dell’induismo, in particolare nel Manusmriti e nei Veda, dove la società veniva divisa in quattro varna principali: i Brahmini (sacerdoti), i Kshatriya (guerrieri), i Vaishya (mercanti) e i Shudra (servitori). Al di fuori di questa classificazione si trovavano i Dalit, un tempo chiamati “intoccabili”, ai quali venivano riservati i lavori più umili e ritenuti impuri. Questo sistema ha determinato per secoli l’organizzazione sociale, economica e culturale dell’India, creando barriere rigide tra i gruppi.
Il sistema delle caste non era solo una divisione lavorativa, ma un vero e proprio ordine sociale che determinava i diritti e i doveri di ogni individuo. L’appartenenza a una casta era ereditaria, e la mobilità sociale quasi impossibile. I matrimoni tra caste diverse erano fortemente scoraggiati, così come la condivisione di spazi pubblici. I Dalit, in particolare, sono stati vittime di gravi discriminazioni: esclusi dalla vita sociale, religiosa ed economica, spesso vivevano ai margini dei villaggi e non avevano accesso a istruzione, giustizia o risorse.
Durante il periodo coloniale britannico (dal 1858 al 1947), il sistema delle caste non venne abolito, anzi fu in molti casi consolidato per fini amministrativi. I britannici, nel tentativo di governare un territorio vasto e complesso, adottarono una politica di “divide et impera”, utilizzando e irrigidendo le divisioni sociali già esistenti. Attraverso censimenti dettagliati, come quello del 1871, le autorità coloniali registrarono ufficialmente la casta di ogni individuo, formalizzando così un sistema che fino ad allora era stato più fluido e locale. La classificazione rigida rafforzò l’identità castale, trasformandola in un criterio fondamentale per l’accesso all’istruzione, all’impiego e alla rappresentanza politica. Inoltre, le caste superiori furono spesso favorite nei nuovi percorsi educativi promossi dagli inglesi, mentre le caste inferiori e i Dalit rimasero ai margini. Sebbene alcuni riformatori britannici e missionari cristiani si opponessero alla discriminazione castale e cercassero di promuovere l’educazione delle classi svantaggiate, nel complesso l’amministrazione coloniale preferì non alterare troppo l’ordine sociale, utile a mantenere la stabilità e il controllo.
Un’eccezione importante fu rappresentata da Lord William Bentinck, governatore generale dell’India dal 1828 al 1835. Sebbene non intervenisse direttamente sul sistema castale, Bentinck promosse riforme sociali significative. La più celebre fu l’abolizione ufficiale del sati (l’autoimmolazione delle vedove) nel 1829, una pratica che toccava particolarmente le caste alte induiste. Questa misura, pur suscitando opposizione, rappresentò un passo decisivo verso la modernizzazione della società indiana sotto l’influenza britannica. Inoltre, Bentinck favorì la diffusione dell’educazione occidentale in lingua inglese, aprendo parzialmente nuove opportunità anche alle caste inferiori, sostenendo le idee di riformatori locali come Raja Ram Mohan Roy. Tuttavia, il suo impatto sul sistema delle caste fu limitato, poiché il potere coloniale continuò a utilizzare queste divisioni per governare più efficacemente. Con l’arrivo dell’indipendenza nel 1947, l’India cercò di superare queste barriere sociali. Uno dei principali artefici di questo cambiamento fu B.R. Ambedkar, un Dalit divenuto giurista e padre della Costituzione indiana. La Costituzione del 1950 abolì formalmente l’“intoccabilità” e vietò qualsiasi discriminazione basata sulla casta (Articoli 15 e 17). Inoltre, vennero introdotte politiche di “discriminazione positiva” (affirmative action), come le riserve di posti nei settori dell’istruzione e dell’impiego pubblico per le caste storicamente svantaggiate.
Nonostante i progressi legislativi, nella pratica le discriminazioni castali non sono scomparse. In molte aree rurali, i Dalit e altri gruppi svantaggiati subiscono ancora esclusione sociale, violenze e limitazioni nell’accesso alle opportunità economiche. In ambito urbano e tra le nuove generazioni, grazie anche alla globalizzazione e ai cambiamenti culturali, le divisioni di casta tendono ad attenuarsi, ma il cammino verso una piena uguaglianza rimane lungo e complesso. Da ultimo, il governo guidato da Neranda Modi è stato accusato di essere ambiguo sulla questione delle caste. Infatti, da una parte cerca il voto dei Dalit soprattutto alle elezioni federali; nelle elezioni locali, invece, il BJP ( il partito del primo ministro Modi) compie alleanze con gli elementi della società più tradizionalisti. In sostanza, le caste emarginate sono corteggiate politicamente, ma le ingiuste strutture sociali rimangono.
In sintesi, il problema delle caste in India rappresenta una sfida ancora attuale: un’antica struttura sociale che si scontra con i principi moderni di uguaglianza e giustizia sanciti dalla Costituzione. L’India contemporanea deve ancora trovare il modo di conciliare il peso della sua storia con l’ambizione di costruire una società realmente inclusiva.


Il sistema delle caste in India è uno dei fenomeni sociali più antichi e complessi al mondo e affonda le sue radici nei testi religiosi dell’induismo. Nonostante i progressi legislativi, nella pratica le discriminazioni castali non sono scomparse. E anche se il peso elettorale degli “intoccabili” serve al potere, i loro diritti sono pochi e il cammino verso una piena uguaglianza rimane lungo e complesso...

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