
Il 21 giugno è sempre una festa doppia: si celebra la poesia della Musica e quello dello Yoga che s’intrecciano come Natura e Spirito che danzano insieme per rinnovare la nostra complessa umanità. Non è un caso che all’evento organizzato da YogaFestival di Giulia Borioli a Milano, che quest’anno è dedicato alla Pace – e che avrò l’onore di introdurre con una breve pratica meditativa e di presentare – si intreccino le due arti, da una parte Patrizia Saccà, Sara Bigatti e Claudia Casanova, dall’altra Nicola Artico e Silvia Chitrini Papadia, musicisti e yogini. E nel resto d’Italia, in ogni centro o città, in tanti si uniranno per celebrare questa arte di ricerca sottile e profonda.
Non è un caso che Milano (e penso ovunque) la musica sia la colonna sonora di un’intenzione dolce e amara di questi tempi: il Sankalpa, la risoluzione, l’intenzione della Pace.
La pace, secondo l’immaginario rimasto tale nei secoli, la fanno gli uomini di buona volontà: la realtà della Storia ci dice che la pace la fanno le stesse persone che l’hanno vilipesa e violentata, i mercanti di morte, i venditori di ideologie, di “ismi”, i falsi profeti che ci dicono che per fare la pace bisogna preparare la guerra.
Per fare la pace non basta la buona volontà e non servono le armi. Per «dare una chance alla pace» è necessario cambiare la coscienza, dare un’occasione a un modo nuovo di intendere la vita, di condurre la vita.
Patanjali in “Yogasutra” suggerisce che questo moto perpetuo avviene nella nostra mente e che lì possiamo decidere se continuare a seguire i nostri pensieri che portano afflizione, o imparare un metodo dolce e accogliente che guidi quegli stessi pensieri in uno stato di quiete dove non possono più danneggiare noi e gli altri.

Verrebbe facile dire che la pace deve prima iniziare nei nostri ambiti, in famiglia (dove quasi mai c’è pace), sul posto di lavoro. In realtà, quello è ancora il passo successivo. Non possiamo essere portatori di pace se quella pace non l’abbiamo sotto la nostra pelle, se non l’abbiamo abbracciata, coccolata, mangiata, bevuta. I costruttori di pace sono coloro che la costruiscono dentro di sé. È dalla pacificazione della nostra mente, della nostra coscienza, delle nostre intenzioni che nasce un mondo di pace, il nostro piccolo grande mondo di pace. Solo coloro che hanno questa pace, che sanno cosa significhi essere donne e uomini pacificate e pacificati possono diffondere una brezza che non conosce più religioni, confini, barriere, distinguo, esclusioni. La pace porta l’empatia e l’accoglienza dove la parola accoglienza non fa più paura perché un cuore pacificato non può fare altro che accogliere.
Lo so, sembrano le parole di un figlio dei fiori della Summer of Love e sarebbe così se non fossero l’incrollabile certezza che la musica non può fare questo miracolo, ma lo Yoga sì. Non le sequenze di asana, ma quella Via interiore che parte con l’osservazione di sé per arrivare al Sé, dove si scopre che tra me, te e il mondo – e i mondi – non ci sono differenze. Che siamo realmente e indissolubilmente quell’Uno di cui parlano i testi, i grandi profeti come Sivananda, Aurobindo, Yogananda, Thich Nhat Hahn. Nello Yoga non ci sono neanche differenze di metodo: il metodo è solo uno, coltivare la consapevolezza ed espandere la coscienza.
Buon 21 giugno a tutte e a tutti.


Il sistema delle caste in India è uno dei fenomeni sociali più antichi e complessi al mondo e affonda le sue radici nei testi religiosi dell’induismo. Nonostante i progressi legislativi, nella pratica le discriminazioni castali non sono scomparse. E anche se il peso elettorale degli “intoccabili” serve al potere, i loro diritti sono pochi e il cammino verso una piena uguaglianza rimane lungo e complesso...

Lo Yoga è patrimonio dell’umanità come lo sono le grandi religioni, il pensiero di Socrate e Platone e le canzoni di Bob Dylan e dei Beatles. Fa parte del nostro immaginario e ha dato all’uomo – non solo all’uomo indiano hindu – una via di liberazione dalle sofferenze. Ecco perché lo celebro sul palco dell'Arena di Milano...

Il primo ministro Modi che ha voluto questa “festa” è la persona meno adatta a parlare di yoga perché il suo governo e il suo partito sono repressivi, violenti e irrispettosi dei diritti umani. Io non ci sto: sono profondamente convinta che lo yoga non sia un proclama di intenti, ma uno stato d’essere, una esperienza personale di chi ha trovato in questa disciplina uno strumento per vivere con più equilibrio e serenità la vita quotidiana

Dice Swami Niranjanananda, erede di Satyananda: «Il secondo capitolo dello Yoga è una nuova visione dello Yoga, non come pratica, ma come vidya, una saggezza che va compresa, assimilata ed espressa nella vita». E poi ancora «risvegliare e integrare le facoltà di testa, cuore e mani». Qualcosa si muove nel mondo di questa via spirituale, non più con l'obiettivo di un corpo flessuoso, ma di una vita integrata. Ed era ora

Nell’agosto del 2022, a pochi mesi dalla morte di mio padre, decisi di ripercorrere le orme del principe Siddhartha Gautama. Il suo percorso, come sappiamo, culminò con l’“illuminazione”. Il mio è stata un'immersione nella sua spiritualità e nei luoghi che lui toccò. Un'emozione che vi racconto a parole e con le mie immagini

Quando si parla di testi della tradizione Hatha, di solito si menzionano la «Siva Samhita», la «Gheranda Samhita» e l’«Hatha Yoga Pradipika». Ma nelle biblioteche indiane giacciono migliaia e migliaia di manoscritti in attesa di essere tradotti. Gli esperti sono pochi e quindi ci vuole tempo. Da poco, per esempio, è stato scoperto e tradotto un altro testo, l'«Amṛtasiddhi», tradotto da James Mallinson, e a sua volta tradotto in italiano dalla nostra Amalia Cornale