L’argomento è delicato: chi decide se una frase, una vignetta o un testo è blasfemo o no? Nelle società religiose è l’autorità preposta che dà le regole e spesso i risultati sono drammatici o tragici. Lo insegna la Storia. E oggi?
L’articolo «Nell’era dei mass media, gli scandali di blasfemia generano una vera e propria macchina dell’identità, alimentando un presunto scontro di civiltà», pubblicato da Le Monde des Religions analizza come il concetto di blasfemia si sia evoluto nel contesto moderno, prendendo spunto da eventi recenti per ricordare che la questione è ancora attuale, primi tra tutti gli attentati a Charlie Hebdo, l’attentato a Salman Rushdie e «la polemica su una presunta parodia dell“Ultima Cena” alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi».
Lo storico Gerd Schwerhoff, professore all’Università di Storia Moderna di Dresda (Germani), sottolinea che la definizione di blasfemia varia da cultura a cultura e da epoca a epoca. Sottolinea che, sebbene possa essere definita come un’offesa al sacro, è la percezione che la società ha di questa offesa a determinarne la gravità: «Non esiste una definizione condivisa di blasfemia universalmente valida», spiega. «La bestemmia può essere intesa in generale come un’offesa al sacro. Ma sorge subito un’altra questione: la definizione di sacro, che varia da cultura a cultura e da epoca a epoca. In definitiva, non è l’intenzione di chi parla a determinare se qualcosa è blasfemo, ma la percezione e la reazione del suo ambiente sociale».
L’articolo discute anche il passo della Bibbia sulla bestemmia, sottolineando che questa nozione emerge in realtà con il monoteismo, dove la fedeltà alla propria fede è fondamentale. L’idea che la bestemmia sia rivolta principalmente a Dio, ma anche ad altre figure sacre, viene esplorata, soprattutto in relazione all’importanza dell’onore nelle società religiose: «Nell’antico mondo politeista gli dei potevano essere ridicolizzati e sminuiti», spiega Gerd Schwerhoff su Le Monde, «per cui è vero che la denigrazione del sacro in senso stretto è emersa solo con il monoteismo. La richiesta incondizionata di fedeltà alla propria fede si accompagnava allora a un feroce rifiuto di tutti coloro che non condividevano quella fede o la violavano. Così, la legge tramandata da Mosè, come appare nel Levitico, stabiliva che chiunque bestemmiasse il nome del Signore doveva essere lapidato dalla comunità (Levitico 24, 16)».
E aggiunge: «Secondo la concezione cristiana classica della bestemmia, ad essere offeso è soprattutto Dio, ma possono essere anche Maria e i suoi santi. I teologi medievali definivano la bestemmia come un attacco all’“onore” di Dio, un’accusa grave in una società in cui l’onore aveva un ruolo centrale».
Ciò solleva interrogativi sul modo in cui le società moderne affrontano i reati contro il sacro e le tensioni che ne derivano, un tema che sembra particolarmente rilevante nell’era dei mass media e delle reazioni a catena che possono provocare.

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Dice Swami Niranjanananda, erede di Satyananda: «Il secondo capitolo dello Yoga è una nuova visione dello Yoga, non come pratica, ma come vidya, una saggezza che va compresa, assimilata ed espressa nella vita». E poi ancora «risvegliare e integrare le facoltà di testa, cuore e mani». Qualcosa si muove nel mondo di questa via spirituale, non più con l'obiettivo di un corpo flessuoso, ma di una vita integrata. Ed era ora

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