C’è una nuova speranza per chi soffre di mal di schiena cronico e assume oppioidi senza ottenere miglioramenti. Secondo uno studio condotto da un team di ricerca guidato dal Penn State College of Medicine e dall’Università del Wisconsin-Madison, otto settimane di mindfulness o terapia cognitivo-comportamentale (CBT) possono ridurre in modo significativo dolore e uso di farmaci, migliorando allo stesso tempo la qualità della vita e la funzionalità fisica. I risultati sono stati pubblicati su JAMA Network Open e rappresentano il più ampio studio mai condotto che mette a confronto le due terapie psicologiche per il trattamento del dolore cronico lombare in pazienti che fanno uso di oppioidi. Un dato rilevante: i benefici sono stati osservati fino a 12 mesi dopo l’intervento.
Un problema globale
Il mal di schiena cronico è una delle principali cause di disabilità nel mondo e colpisce circa un quarto della popolazione americana. Oltre l’80% dei pazienti afferma di desiderare trattamenti più efficaci. In molti casi, l’unica strada percorribile sembra essere quella degli oppioidi, con tutti i rischi connessi alla dipendenza. Ma lo studio offre un’alternativa concreta. «Mindfulness e CBT si sono dimostrate sicure, efficaci e con effetti duraturi», spiega la professoressa Aleksandra Zgierska, coordinatrice dello studio. «Dovrebbero diventare parte integrante delle cure disponibili per chi soffre di dolore cronico.»
Il trial clinico
Lo studio ha coinvolto 770 adulti in tre città statunitensi (Madison, Boston e Salt Lake City). Tutti i partecipanti avevano dolore lombare cronico da moderato a grave, assumevano oppioidi da almeno tre mesi e non avevano risposto ad altri trattamenti. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: uno ha seguito un percorso di otto settimane di mindfulness, l’altro di CBT, con sessioni settimanali di due ore condotte da terapeuti. Entrambi i gruppi hanno continuato le cure abituali e non sono stati invitati a ridurre l’assunzione di oppioidi. Tuttavia, al termine del percorso e nei mesi successivi, entrambi hanno registrato una significativa riduzione del dolore, un miglioramento della funzionalità e una diminuzione dell’uso quotidiano di oppioidi.
Strategie per convivere con il dolore
Secondo gli autori, le due terapie hanno permesso ai pazienti di cambiare il modo in cui vivono e interpretano il dolore. La mindfulness insegna a prendere consapevolezza delle sensazioni corporee e delle emozioni, mentre la CBT offre strumenti per modificare i pensieri negativi legati al dolore. «L’obiettivo non è eliminare il dolore, ma ridurne l’impatto sulla vita quotidiana», ha commentato Penney Cowan, fondatrice dell’American Chronic Pain Association e coautrice dello studio. «Le persone possono convivere con il dolore, se hanno gli strumenti per farlo». Un esempio concreto? Alcuni pazienti hanno riferito di aver imparato a prendersi un momento di consapevolezza prima di assumere un farmaco. Un piccolo gesto che, nel tempo, li ha portati a ridurre spontaneamente la dose di oppioidi.
Un passo avanti nella cura del dolore
Lo studio, finanziato dal Patient-Centered Outcomes Research Institute (PCORI), è stato progettato in collaborazione con pazienti, caregiver e professionisti sanitari, per garantire risultati realmente applicabili nella pratica clinica. «Queste terapie non sono una cura miracolosa, ma offrono strumenti pratici per migliorare la vita delle persone», ha concluso Eric Garland, coautore e professore all’Università della California, San Diego. «Mindfulness e CBT sono risorse interne che il paziente può apprendere e utilizzare ogni giorno».


Il problema con un sano iter del piacere nasce quando noi vogliamo costantemente riprodurre quei momenti. La nostra mente diventa “drogata di piacere” anche se, razionalmente, sappiamo che questo è un inganno. Come può un momento unico, frutto di innumerevoli sacrifici e fatica, o semplicemente di circostanze favorevoli, essere ripetibile a piacimento?

«Yoga è governare gli aspetti sottili della personalità», dice Yogasutra. Gestire le emozioni, i pensieri, le reazioni, le sensazioni. E questo può avvenire solo nel silenzio della staticità

Non esiste più una verità. Ogni cosa può essere vera o falsa, a seconda se si è follower di quella fonte, se si crede all’autorità che rappresenta, o se si rifiuti ogni forma di dogmatismo e principio di autorità. Così le notizie false vengono diffuse via social insieme a quelle vere. Perché, come dice il professor Galimberti, «quando sai dire solo mi piace o non mi piace, è chiaro che la bugia e la verità si confondono»...

Cattolici e buddhisti tibetani sono gli unici ad avere un capo spirituale e temporale della loro fede. Il che è una forza dal punto di vista di rappresentanza ma conta anche le sue problematicità. E mentre sta per iniziare il conclave, alcuni si chiedono chi penserà ai poveri ora che Francesco è scomparso. Se ne occuperanno le stesse persone che se ne occupavano prima: le donne e gli uomini di buona volontà di tutte le religioni. E continueranno a farlo qualsiasi pontefice verrà eletto

La verità non è solo quello che dici. È come lo dici. È il rispetto per chi ascolta e per chi parla. E sì, a volte fa male. Ma come diceva qualcuno molto prima di noi: «La verità vi farà liberi».

Il termine in questi anni ha perso la sua connotazione originale e originaria ed è diventato sinonimo di attività fisica. Mentre è sinonimo di ricerca interiore. Il passare da un’attenzione esterna a noi a un’attenzione all’interno di noi. E come facciamo? Questa domanda è il fulcro della pratica...