All’orecchio contemporaneo le melodie, armonie e parole del lascito dell’opera registrata dei Beatles sono rassicuranti, simbolo di un’era di crescita felice, di utopia. Erano degli innovatori istintivi, instancabili, irriverenti mai aggressivi. Hanno aperto ai nostri occhi un nuovo sguardo al mondo.
Testimoni inconsapevoli di architetture musicali ben digerite, dal rock a Bach (con i loro cori e contrappunti) a Mozart. George Martin, il loro direttore artistico e produttore, era un musicista di estrazione classica, ma anche produttore di commedie radiofoniche e che ha saputo dotare i loro brani di corredi sonori sempre semanticamente coerenti e mai banali. Sono stati i primi a inserire in un contesto pop quartetti d’archi vaudeville (Yellow Submarine), controcanti, distopie sonore come rumori, giostre, chitarre registrate al contrario.
Non mi sentirei di dire che siano né attuali né moderni, anzi direi che siano vecchi, nel senso nobile del termine. Geniali come l’eclettismo dei grandi dell’arte, da Leonardo a Picasso. Senza paura di cambiare e, al contempo, di rimanere fedeli al loro metodo.
Diciamo pure che sono ancora significativi, portatori di vissuti nostalgici di come eravamo, ma anche vecchi perché il panorama musicale pop contemporaneo è piatto e ben preservato. Le possibilità di fare una nuova musica di un’era contemporanea ci sono tutte, ma ci si è fermati alle innovazioni tecnologiche sonore, senza che ci fosse una innovazione nella struttura musicale dei brani popolari. Anzi, si sono considerevolmente semplificate.
Molti hanno sottolineato che un buon 80% dei brani in classifica degli ultimi 15/20 anni siano formati dalla modulazione degli stessi 4 o 5 accordi. Il mio solito mentore John Cage diceva che «l’uomo si ingegna nell’inventare nuove sonorità tecnologiche per poi utilizzarle nelle solite vecchie strutture di 50 o 100 anni fa».
Sulle spalle dei Beatles hanno vissuto discariche di gruppi che hanno tentato e tentano di poter godere di un centimetro del loro tocco divino e essere eroi solo per un giorno. Gli stessi Beatles dopo i Beatles, quelli superstiti, paradossalmente sono rimasti fulminati dal loro stesso sogno.

Il sistema delle caste in India è uno dei fenomeni sociali più antichi e complessi al mondo e affonda le sue radici nei testi religiosi dell’induismo. Nonostante i progressi legislativi, nella pratica le discriminazioni castali non sono scomparse. E anche se il peso elettorale degli “intoccabili” serve al potere, i loro diritti sono pochi e il cammino verso una piena uguaglianza rimane lungo e complesso...

Lo Yoga è patrimonio dell’umanità come lo sono le grandi religioni, il pensiero di Socrate e Platone e le canzoni di Bob Dylan e dei Beatles. Fa parte del nostro immaginario e ha dato all’uomo – non solo all’uomo indiano hindu – una via di liberazione dalle sofferenze. Ecco perché lo celebro sul palco dell'Arena di Milano...

Il primo ministro Modi che ha voluto questa “festa” è la persona meno adatta a parlare di yoga perché il suo governo e il suo partito sono repressivi, violenti e irrispettosi dei diritti umani. Io non ci sto: sono profondamente convinta che lo yoga non sia un proclama di intenti, ma uno stato d’essere, una esperienza personale di chi ha trovato in questa disciplina uno strumento per vivere con più equilibrio e serenità la vita quotidiana

Dice Swami Niranjanananda, erede di Satyananda: «Il secondo capitolo dello Yoga è una nuova visione dello Yoga, non come pratica, ma come vidya, una saggezza che va compresa, assimilata ed espressa nella vita». E poi ancora «risvegliare e integrare le facoltà di testa, cuore e mani». Qualcosa si muove nel mondo di questa via spirituale, non più con l'obiettivo di un corpo flessuoso, ma di una vita integrata. Ed era ora

Nell’agosto del 2022, a pochi mesi dalla morte di mio padre, decisi di ripercorrere le orme del principe Siddhartha Gautama. Il suo percorso, come sappiamo, culminò con l’“illuminazione”. Il mio è stata un'immersione nella sua spiritualità e nei luoghi che lui toccò. Un'emozione che vi racconto a parole e con le mie immagini

Quando si parla di testi della tradizione Hatha, di solito si menzionano la «Siva Samhita», la «Gheranda Samhita» e l’«Hatha Yoga Pradipika». Ma nelle biblioteche indiane giacciono migliaia e migliaia di manoscritti in attesa di essere tradotti. Gli esperti sono pochi e quindi ci vuole tempo. Da poco, per esempio, è stato scoperto e tradotto un altro testo, l'«Amṛtasiddhi», tradotto da James Mallinson, e a sua volta tradotto in italiano dalla nostra Amalia Cornale