Il romanzo di Milena Palminteri è una storia di riscatto e un affresco popolare.
Il romanzo d’esordio di Milena Palminteri, Come l’arancio amaro, intreccia le storie di tre donne – Nardina, Sabedda e Carlotta – ambientate nella Sicilia tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento. Il racconto, infatti, offre anche uno spaccato della realtà sociale e storica dell’isola.
Carlotta è una donna di 36 anni convinta che chiunque ami la lascerà. Cresciuta in un ambiente familiare freddo e distante, si rifugia nel lavoro all’Archivio notarile dopo aver abbandonato il sogno – ritenuto prerogativa maschile – di diventare avvocato. Un giorno, scopre un segreto nei documenti dell’Archivio: sua nonna paterna aveva accusato sua madre di averla comprata e non partorita. Questo la spinge a intraprendere un’indagine personale sulle radici della sua rabbia e solitudine. Nardina, una giovane piena di progetti, vede il suo desiderio di indipendenza frustrato dalle convenzioni sociali che la costringono a un matrimonio infelice. Sabedda, invece, è una donna fiera che lotta contro la povertà e l’emarginazione, cercando di vivere una vita libera dai vincoli sociali.
Il romanzo si distingue per l’esplorazione dei temi della sottomissione femminile, del potere seduttivo e generativo del corpo delle donne, e della loro forza nel superare le avversità anche in epoche dominate da ingiustizie e pregiudizi. Azzeccate le metafore e le similitudini, a partire da quella del titolo, ben definiti i caratteri psicologici dei personaggi.


Il sistema delle caste in India è uno dei fenomeni sociali più antichi e complessi al mondo e affonda le sue radici nei testi religiosi dell’induismo. Nonostante i progressi legislativi, nella pratica le discriminazioni castali non sono scomparse. E anche se il peso elettorale degli “intoccabili” serve al potere, i loro diritti sono pochi e il cammino verso una piena uguaglianza rimane lungo e complesso...

Lo Yoga è patrimonio dell’umanità come lo sono le grandi religioni, il pensiero di Socrate e Platone e le canzoni di Bob Dylan e dei Beatles. Fa parte del nostro immaginario e ha dato all’uomo – non solo all’uomo indiano hindu – una via di liberazione dalle sofferenze. Ecco perché lo celebro sul palco dell'Arena di Milano...

Il primo ministro Modi che ha voluto questa “festa” è la persona meno adatta a parlare di yoga perché il suo governo e il suo partito sono repressivi, violenti e irrispettosi dei diritti umani. Io non ci sto: sono profondamente convinta che lo yoga non sia un proclama di intenti, ma uno stato d’essere, una esperienza personale di chi ha trovato in questa disciplina uno strumento per vivere con più equilibrio e serenità la vita quotidiana

Dice Swami Niranjanananda, erede di Satyananda: «Il secondo capitolo dello Yoga è una nuova visione dello Yoga, non come pratica, ma come vidya, una saggezza che va compresa, assimilata ed espressa nella vita». E poi ancora «risvegliare e integrare le facoltà di testa, cuore e mani». Qualcosa si muove nel mondo di questa via spirituale, non più con l'obiettivo di un corpo flessuoso, ma di una vita integrata. Ed era ora

Nell’agosto del 2022, a pochi mesi dalla morte di mio padre, decisi di ripercorrere le orme del principe Siddhartha Gautama. Il suo percorso, come sappiamo, culminò con l’“illuminazione”. Il mio è stata un'immersione nella sua spiritualità e nei luoghi che lui toccò. Un'emozione che vi racconto a parole e con le mie immagini

Quando si parla di testi della tradizione Hatha, di solito si menzionano la «Siva Samhita», la «Gheranda Samhita» e l’«Hatha Yoga Pradipika». Ma nelle biblioteche indiane giacciono migliaia e migliaia di manoscritti in attesa di essere tradotti. Gli esperti sono pochi e quindi ci vuole tempo. Da poco, per esempio, è stato scoperto e tradotto un altro testo, l'«Amṛtasiddhi», tradotto da James Mallinson, e a sua volta tradotto in italiano dalla nostra Amalia Cornale