«Possiamo ottenere riconoscimenti prestigiosi e non essere capaci di sorridere, essere scienziati rinomati e invidiare i colleghi, avere tutto e vivere nel perenne malumore. Senza coltivare la vita interiore è facile cadere nella trappola dell’io con il suo angusto egocentrismo». Parola di Vito Mancuso, autore della prefazione del libro Pratico, ergo sum della giornalista Isabella Schiavone. Sottotitolo del volume uscito da pochi giorni per l’editrice Mimesis: «Una guida gentile per rivoluzionare la società con la meditazione e il tai chi chuan».
Schiavone è una tra le firme più prestigiose della Rai, giornalista di razza, ambasciatrice di Telefono Rosa, autrice di due romanzi presentati al Premio Strega, Lunavulcano e Fiori di mango, ed è anche un’istruttrice di Mindfulness e una praticante di Tai Chi. È grazie a queste due pratiche che avviene la sua indagine nel profondo e in questo agile volume realizza una sorta di documentario scritto in cui dà voce alla sua ricerca e alle parole di Neva Papachristou, insegnante di Dharma, e di Anna Siniscalco, maestra di Tai Chi stile Yang che ci portano nelle intenzioni più segrete di queste due “arti interne”.
Un volume che è anche un percorso che prende il via da una domanda di Isabella: «Esserci. Essere presenti a ciò che si sta facendo. Quante volte attiviamo il pilota automatico senza essere presenti a noi stessi»? Già. I lettori di Rispirazioni sanno che questa è la domanda che è sottesa a ogni articolo che trovate in questo giornale. «Tai chi chuan e meditazione», scrive l’autrice, «sono pratiche per molti versi rivoluzionarie, che possono entrare a far parte della vita di ogni giorno, in ogni più piccolo gesto».
E allora il punto, riflette Schiavone, è lasciare uscire le emozioni, prendere coscienza di quello che abita dentro di noi, per evitare che poi questi fiumi esondino e facciano danni. Significa capire e vedere «la differenza tra reazione e risposta (…), spazio bianco che porta non solo alla risoluzione dei conflitti, ma prima di tutto alla pace interiore».
Già. Sui social tutti si riempiono la bocca della parola «pratica». Ma praticare per cosa? Per rilassarsi? Per fare più business? Per avere una vita amorosa più felice? Per vivere l’esperienza dell’estasi? Siamo certi che siano questi gli obiettivi concreti e legittimi di una pratica? Non sembrano, invece, solo quei finti obiettivi da team building che sono stati e forse sono ancora così di moda?

Isabella, invece, ci riporta al centro e ci ricorda che meditare è una pratica che ripristina «un contatto armonioso tra mente e corpo» che «cambia il modo di rapportarsi a se stessi (…) e di affrontare la vita, di gestire le giornate»; grazie alla meditazione si diventa consapevoli degli eccessi (sappiamo che l’eccesso di cibo e alcol sono un problema sociale, vero?), della dipendenza da acquisti compulsivi, dalla causa dello stress che ci rovina la vita e i rapporti.
Il libro è una cavalcata entusiasmante in questa riappropriazione di vita. Perché prima di pensare all’estasi o alle pratiche più avanzate, è necessario riprendere in mano la propria esistenza, il proprio quotidiano, tornare al centro per capire chi siamo e chi vogliamo essere. Sembra niente, ma è tutto. Ecco cosa significa il titolo del libro, «Pratico ergo sum», pratico quindi esisto, sono, sono vivo, so chi sono, un passo avanti rispetto al «Penso, quindi sono» di Cartesio. «Ascoltandoci in profondità entriamo più in contatto con le cose che davvero ci nutrono e ci fanno sentire bene», scrive Isabella. Il resto è Vita.

Il sistema delle caste in India è uno dei fenomeni sociali più antichi e complessi al mondo e affonda le sue radici nei testi religiosi dell’induismo. Nonostante i progressi legislativi, nella pratica le discriminazioni castali non sono scomparse. E anche se il peso elettorale degli “intoccabili” serve al potere, i loro diritti sono pochi e il cammino verso una piena uguaglianza rimane lungo e complesso...

Lo Yoga è patrimonio dell’umanità come lo sono le grandi religioni, il pensiero di Socrate e Platone e le canzoni di Bob Dylan e dei Beatles. Fa parte del nostro immaginario e ha dato all’uomo – non solo all’uomo indiano hindu – una via di liberazione dalle sofferenze. Ecco perché lo celebro sul palco dell'Arena di Milano...

Il primo ministro Modi che ha voluto questa “festa” è la persona meno adatta a parlare di yoga perché il suo governo e il suo partito sono repressivi, violenti e irrispettosi dei diritti umani. Io non ci sto: sono profondamente convinta che lo yoga non sia un proclama di intenti, ma uno stato d’essere, una esperienza personale di chi ha trovato in questa disciplina uno strumento per vivere con più equilibrio e serenità la vita quotidiana

Dice Swami Niranjanananda, erede di Satyananda: «Il secondo capitolo dello Yoga è una nuova visione dello Yoga, non come pratica, ma come vidya, una saggezza che va compresa, assimilata ed espressa nella vita». E poi ancora «risvegliare e integrare le facoltà di testa, cuore e mani». Qualcosa si muove nel mondo di questa via spirituale, non più con l'obiettivo di un corpo flessuoso, ma di una vita integrata. Ed era ora

Nell’agosto del 2022, a pochi mesi dalla morte di mio padre, decisi di ripercorrere le orme del principe Siddhartha Gautama. Il suo percorso, come sappiamo, culminò con l’“illuminazione”. Il mio è stata un'immersione nella sua spiritualità e nei luoghi che lui toccò. Un'emozione che vi racconto a parole e con le mie immagini

Quando si parla di testi della tradizione Hatha, di solito si menzionano la «Siva Samhita», la «Gheranda Samhita» e l’«Hatha Yoga Pradipika». Ma nelle biblioteche indiane giacciono migliaia e migliaia di manoscritti in attesa di essere tradotti. Gli esperti sono pochi e quindi ci vuole tempo. Da poco, per esempio, è stato scoperto e tradotto un altro testo, l'«Amṛtasiddhi», tradotto da James Mallinson, e a sua volta tradotto in italiano dalla nostra Amalia Cornale