La cultura di una società è indissolubilmente legata alla sua storia. Quando la narrazione storica viene distorta, ignorata o cancellata, si compromette il tessuto culturale che tiene insieme le comunità. La dissoluzione della storia non è un fenomeno nuovo, ma nella contemporaneità ha assunto forme particolarmente insidiose. Vediamo alcuni esempi emblematici che mostrano come la manipolazione della storia possa contribuire alla dissoluzione culturale.
- Uno degli esempi che possono essere fatti riguarda la cancellazione della memoria storica dell’URSS post-sovietica. Con il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, molti paesi dell’ex blocco sovietico hanno avviato un processo di “de-sovietizzazione”. Monumenti e simboli legati al comunismo sono stati abbattuti e, in molti casi, si è assistito a una riscrittura della storia per demonizzare il periodo sovietico. Pur comprendendo la necessità di prendere le distanze da regimi autoritari, l’eliminazione sistematica di simboli e narrazioni legate a quell’epoca ha lasciato intere generazioni prive di riferimenti storici essenziali per comprendere il passato. Questa cancellazione non ha solo dissolto parte dell’identità culturale delle nazioni ex sovietiche, ma ha anche impedito una riflessione critica sulle lezioni del XX secolo.
- Un’ulteriore esempio di cancellazione storica, però, può riguardare il tentativo di dissoluzione dell’identità di un popolo. Come nel caso dell’ Ucraina con la negazione del Holodomor (la carestia creata da Stalin con l’implementazione dalle sue politiche economiche degli anni trenta) come genocidio da parte della Russia.
- Oltre a ciò, abbiamo un’ulteriore esempio legato alla dissoluzione della storia e quindi alla cultura di un popolo, il genocidio armeno, perpetrato dall’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1917. Tale crimine è un avvenimento storico ancora oggi negato da parte della Turchia. Questa negazione non solo ostacola il riconoscimento e la giustizia per le vittime, ma ha anche un profondo impatto sulla cultura e sull’identità del popolo armeno.
L’assenza di un riconoscimento ufficiale a livello globale ha impedito una piena integrazione di questa tragedia nella narrazione storica mondiale, lasciando cicatrici culturali e contribuendo alla frammentazione di una memoria collettiva condivisa.
Oltre al rifiuto di alcuni governi di riconoscere avvenimenti e fatti storici comprovati, ve ne sono altri che hanno promosso una riscrittura della storia nazionale per rafforzare l’identità patriottica. In Polonia, per esempio, la legislazione del 2018 che criminalizza le accuse di complicità polacca nell’Olocausto rappresenta un chiaro tentativo di alterare la narrazione storica. Sebbene sia legittimo voler sottolineare gli aspetti positivi della propria storia, la soppressione di fatti scomodi mina la comprensione critica del passato. Questo revisionismo storico, spinto da un’agenda politica, contribuisce alla dissoluzione culturale eliminando lo spazio per il dibattito e la memoria inclusiva.
Di conseguenza, la dissoluzione della storia non è mai solo un atto accademico o politico: è un attacco diretto alla cultura. Senza una narrazione storica condivisa e onesta, le società perdono il senso di continuità e identità, lasciando spazio a conflitti e divisioni. Questi esempi dimostrano quanto sia urgente proteggere la storia dall’oblio e dalla manipolazione, affinché rimanga un pilastro fondamentale per la coesione culturale e la comprensione del presente.


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