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The Buddhist Tapes/1 La verità del Buddha

Il buddhismo è ormai entrato nell’immaginario e nella cultura occidentale, italiana, anche a nostra insaputa. Alcune persone hanno deciso di seguire questa via, altre ne sono semplicemente attratte e comunque i principi scaturiti dalla predicazione del Buddha hanno intriso la nostra quotidianità e il pensiero comune.

Uno degli intellettuali che ha maggiormente avvicinato il buddhismo alla nostra realtà, con parole semplici ma adeguate, è Stefano Bettera, filosofo, scrittore, divulgatore, che opera anche nel cuore del buddhismo italiano. Tra i suoi libri ricordiamo Felice come un Buddha, Fai la cosa giusta, Il volto dell'altro e l’ultimo La pornografia dell'essere - La modernità oltre l'agonia del presente (Meltemi.)

A lui abbiamo fatto alcune domande che hanno scatenato un fiume in piena, perché le domande sul buddhismo secondo me servono certamente per dirimere alcune questioni di tipo filosofico e religioso, ma anche per smascherare alcune fake news e un semplicismo che permea la cultura spirituale e spiritualista italiana. Bettera è un uomo di cultura che fa un suo percorso coerente e che qui porta il suo pensiero, da me assolutamente condiviso. Bettera dice: «È ora che il buddhismo venga conosciuto per quello che effettivamente è», e noi vogliamo dare il nostro contributo.

Li ho chiamati The Buddhist Tapes per parafrasare un famoso album di Bob Dylan con The Band, The Basement Tapes, e sono “registrazioni” che portano chiarezza su diversi punti. Iniziano con una domanda semplice e secca e ne nasce un ragionamento lungo e complesso. Che spero sia utile a chi è sul percorso della ricerca interiore.

Mario Raffaele Conti

direttore di «Rispirazioni»


Domanda: Disse Krishnamurti: «Nel momento in cui segui qualcuno, smetti di seguire la verità». Il buddhismo come filosofia e religione dovrebbe seguire questo assunto, anche se poi l'uomo è uomo e cerca certezze dove non ci sono. Qual è la verità del Buddha?


Risponde Stefano Bettera


«Krishnamurti ha ragione da questo punto di vista. Dipende sempre da come segui qualcuno: un conto è se sono all’inizio di un percorso e riconosco alla persona, insegnante, religioso o studioso che sia, una determinata saggezza e competenza in un determinato campo o in determinati aspetti morali, se mi affido alla saggezza più avanzata di altri. L’importante è ricordare che la ricerca la facciamo noi, non la fa la persona che seguiamo: non bisogna prendere il percorso di saggezza di una persona, che ha anche dimostrato nella propria vita di avere qualità alte, con oro colato. Non dobbiamo trasformarci in Gandhi, in Krishnamurti, in Thich Nhat Hanh, in Nietzsche o in Heidegger. Il percorso della singola persona, per quanto possa essere nobile o meno nobile, è comunque il suo percorso.


Seguire qualcuno in questo senso, cioè seguirne i passi, cioè fidarsi dei passi compiuti da una determinata persona può essere un elemento positivo, ma mantenendo sempre un’autonomia di giudizio, Cosa che, del resto, è quello che il buddhismo ti spinge a fare. Per esempio il Buddha nella sua predicazione dice: non credete a nulla, nemmeno a quello che vi dico io, mettetelo in pratica. Ti sta dicendo esattamente questo, non seguite me che sono il Buddha, fate di testa vostra. Poi io vi posso dare dei “consigli di pratica” perché non vi facciate male. Ma la fiducia è da leggere in questo modo.


Sarnath (India). Lo stupa eretto nel luogo in cui il Buddha pronunciò le Quattro Nobili Verità.

Ma è importante chiarire, nell’ottica di comprensione del Buddha, anche il concetto di «verità». Per quanto ci sia sempre la vulgata secondo la quale il buddhismo sia una religione o una filosofia non dogmatica (che è vero, nel senso che non ti viene chiesto di credere nel senso dogmatico), questo non vuol dire che il buddhismo non abbia una sua verità è una sua ontologia.

La verità buddista, che è quella da cui scaturisce tutto il percorso, è il fatto che la vita è complessa, il vivere crea disagio e sofferenze, che questo stato di disagio, incomprensione, inadeguatezza (che non è il dolore per capirci, perché parla di una verità della sofferenza che non è neanche un «io soffro») è la presenza soggettiva di una condizione di fragilità umana che tutti sperimentiamo.

Questa è la prima prospettiva ontologica del buddhismo. Quello di cui parla il buddhismo è uno stato psichico che nasce non tanto dall’esperienza in sé, quanto piuttosto dalla narrazione sull’esperienza.


Dove comincia il problema? Inizia quando io rifiuto di accettare quello che la vita è realmente e su questo costruisco tutte le mie narrazioni che mi portano distanti dalla vita e che mi portano in attrito, in frizione, (dukkha) con l’esperienza stessa. Lì nasce lo stato di disagio, di insofferenza e di incomprensione della vita, di malessere. Il francese ha il termine «malaise»: è questo di cui parla il buddhismo, uno stato esistenziale di insoddisfazione. Questa è la prima verità ontologica che il buddhismo propone.


L’altra verità ontologica è dirimente riguardo al fatto di essere o non essere buddhista: il Buddha sostiene che c’è la rinascita, c’è una legge che domina il meccanismo della rinascita e che sono il Dharma e il Karma. Questa è dal punto di vista filosofico la verità buddhista. Non devi credere: il buddhismo ti dice “io ho sperimentato che c’è, vi dico che c’è, fidatevi, fate questo percorso e ci arriverete pure voi». Però di fatto è una verità ontologica.


Il vero problema, l’altra vera incomprensione nasce quando il Buddha parla di questa insofferenza ed elenca quelle che sono le caratteristiche della sofferenza: nascere, crescere e invecchiare sono dukkha. Allora non è la sofferenza ontologica! Ti dice, invece, che il non interrompere il ciclo di rinascere (cioè ritornare di vita in vita ad affrontare sempre lo stesso problema) è quello che ingigantisce e cresce il tuo stato di malessere. È sottile come ragionamento, ma, da questo punto di vista, il discorso buddhista è totalmente proiettato verso il futuro.


Allora la speranza nasce all’interno delle Quattro nobili verità. Il Buddha ti dice: sì, c’è questa condizione di malessere (Prima nobile verità), esistono delle cause che sono alla base di questa condizione di malessere, desiderio attaccamento avversione (Seconda nobile verità) e questa è la part destruens; poi c’è la part costruens e dice: attenzione. perché uscire da questa condizione è possibile, io attesto che è possibile perché l’ho sperimentato (Terza nobile verità) e ti dico anche come: il nobile ottuplice sentiero (Quarta nobile verità). Quindi il messaggio di speranza è proprio questo».



Sopra, alcuni libri di Stefano Bettera.


Sarnath (India). L'illuminazione del Buddha.

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