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  • Immagine del redattoreMario Raffaele Conti

Il tantra e quella pratica semplice che ribalta la vita

C’è un famoso esercizio dimostrativo della potenza del rilassamento che viene fatto nelle manifestazioni di T’ai Chi Ch’uan: il maestro si mette davanti a una robusta persona del pubblico con i piedi ben piantati a terra, le braccia tese e i pugni chiusi all’altezza dell’inguine. Il maestro a quel punto invita la persona a tentare di sollevarlo, di spostarlo, e nel mentre pratica un completo rilassamento. E l’energumeno di turno non riesce a smuoverlo di un centimetro. Pare che fosse una dimostrazione che amasse fare anche Paramahansa Yogananda quando negli Anni 20 dello scorso secolo arrivò negli Stati Uniti per portare il messaggio dello Yoga. Non c’è forza che possa spostare un corpo rilassato. Questo perché non esiste forza più grande di quello che viene dal rilassamento.

 

Quando si parla di “arti interne”, di vie di ricerca interiore, il primo vero “impegno” da assumere è quello di un completo e profondo rilassamento. Sempre nel T’ai Chi, nella sua versione esplosiva e marziale del Dim Mak (link Erle Montaigue) viene insegnato che la forza di un pugno è decuplicata se l’energia di tutto il corpo viene veicolata attraverso un braccio completamente rilassato in cui il qi (in sanscrito prana) scorre come un’onda, arriva nelle nocche e trasferisce lì la potenza dell’intero essere. Non c’è niente di misterico o di spirituale o mistico. L’energia elettromagnetica funziona, arriva, si espande, si proietta, se e solo se il corpo (o l’arto) è completamente rilassato.

 

Questo è il motivo per il quale prima di iniziare ogni lezione, dedico parecchio tempo a far rilassare il corpo. Alcune volte è un rilassamento profondo, alcune volte una pratica di Yoga Nidra, altre volte una centratura del corpo e della mente nella posizione seduta, dove però il primo obiettivo è quello di rilassare dalla punta delle dita dei piedi al cuoio capelluto. Non esiste la possibilità di accedere a delle pratiche interne senza questa accortezza. Niente può entrare se tutto il resto non è uscito. I maestri del Tantra ci spiegano che è il rilascio delle tensioni la forza del rilassamento. Le tensioni non sono forza, sono semmai debolezza. Con le tensioni il sistema immunitario diventa più debole, la mente si stanca, la concentrazione si affievolisce, la vita sfugge. Ricordo il mio maestro, Antonio Nuzzo, che mi diceva: «Se tu perdessi i sensi adesso, potrebbero piegarti in due come un foglio». I pensieri tengono i muscoli all’ancora, muscoli e mente sono uniti indissolubilmente fino a che il rilassamento, nel tempo, dissolve questo legame. Facile, no?

 

No, per niente facile. Talvolta impossibile. Per qualcuno sempre impossibile. Sono i pensieri che ci mettono all’angolo, eppure senza pensieri saremmo esseri allo sbando, vele nella tempesta. Ci sono i pensieri che ci guidano e che talvolta si trasformano in altro, diventano illusioni, talvolta si mascherano di ricordi, o di sogni, e altre volte ancora i ragionamenti sragionano e perdiamo il centro e finiamo in un vicolo cieco. Finché il buon ragionamento ci riporta sul giusto percorso. E che cos’è che ci permette questo cambio di passo, dal vicolo cieco al percorso? È l’attimo in cui molliamo gli ormeggi, cediamo il passo al rilassamento, rilasciamo il controllo (illusorio) della mente e permettiamo all’intuizione di riportarci al centro.


Da qualche tempo ho trovato e provato che questa difficilissima pratica mi risulta facilitata se àncoro la mia consapevolezza al centro tra le sopracciglia, se questo gesto diventa più importante del pensiero che mi ha allontanato dal centro. Se quest’ultimo non provo a combatterlo, ma semplicemente dico a me stesso: «A me di quel pensiero non interessa un fico secco» e con questa determinazione porto la barra della concentrazione in quel punto, il centro tra le sopracciglia, luogo in cui trovo sicurezza, “casa”, il senso del mio essere e del mio percorso stesso. È un non-luogo eppure è tutto ciò che ho, contiene tutto ciò che possiedo.

 

La pratica è semplice. La insegnano i maestri del Tantra.

1.    Sedetevi quieti, anche su una sedia, con la schiena diritta e le mani poggiate sulle cosce.

2.    Chiudete gli occhi, senza serrarli con forza.

3.    Ascoltate il respiro che entra ed esce dal naso, che entra fresco ed esce caldo.

4.    Portate dolcemente il vostro sguardo – con gli occhi chiusi – al centro tra le sopracciglia.

5.    Lì, visualizzate l’immagine di una candela immobile.

6.    Restate in ascolto del respiro e ogni volta che arriva un pensiero, persino il più nobile, non lo combattete, ma portate con tenetevi con fiducia ancorati al centro tra le sopracciglia.

7.    A questo punto potete recitare un mantra o semplicemente far diventare il respiro il vostro mantra.

 

Ogni tradizione ha il suo percorso, ma tutte iniziano da questo gesto semplice eppure così determinante di uno sguardo nel buio degli occhi ancorato al nostro interno. Come a volerci ricordare che la risposta, la sicurezza, la forza, non la troveremo mai in una richiesta, in una ricerca al di fuori di noi, in un’attesa fuori da noi, ma è lì nascosta in un gesto di completo abbandono rilassato e fiducioso a un Tutto che è tutto da scoprire.    

 


L'immobilità in asana durante una mia lezione all'Associazione Artè di Milano.

 

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