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  • Immagine del redattoreAmalia Cornale

«Succession», i soldi non salvano dal proprio karma

Un dramma shakespeariano è in onda su Sky. Per ricordarci che le leggi universali valgono anche per chi è molto ricco.


Forse anche voi siete completamente presi dall’ultima stagione della serie tv Succession. Per quanto mi riguarda non vedo l’ora che sia lunedì per vedere gli sviluppi di questa intrigante saga familiare. La piattaforma Sky, purtroppo, lavora con questa antiquata modalità di rilasciare le puntate una alla volta, anziché proporre la stagione completa, o quantomeno blocchi di quattro o sei puntate, come fanno le piattaforme più evolute. Ma tant’è. La serie è così bella che vale questo sacrificio, oltre a quello di sorbirsi la pubblicità, altra condizione antidiluviana.  

La serie Succession narra le vicende della famiglia Roy, il cui capo, Logan, è il proprietario, nonché CEO di una delle più grandi multinazionali dei media e dell’intrattenimento.

Nella prima stagione Logan, interpretato dal monumentale Brian Cox, decide di ritirarsi dal suo ruolo di vertice dell’azienda. Davanti a questa prospettiva inattesa i suoi quattro figli entrano in competizione fra di loro per subentrargli. Il che sarebbe nell’ordine delle cose se non fosse che tutti e quattro sono seriamente compromessi dal punto di vista mentale ed emotivo. Tossicodipendenza, alcolismo, disturbi del comportamento sessuale, narcisismo patologico si mischiano a cattiveria gratuita, perfidia, comportamenti passivo-aggressivi, macchinazioni e manipolazioni, degli uni verso gli altri, in un’escalation di soprusi e sgomitate. Il tutto per arrivare primi, per stabilire chi vincerà il favore del vecchio magnate, vero campione della manipolazione, totalmente privo di fragilità e di sentimenti.


Nella seconda stagione Kendall (Jeremy Strong), il figlio più in lizza per il vertice, deve fare i conti con le conseguenze di un incidente che gli costa il vantaggio sugli altri. Salgono in classifica la figlia Shiv (Sarah Snook) e il secondo figlio maschio, Roman (Kieran Culkin), entrambi totalmente inadatti al ruolo e raggirati dal padre. C’è un quarto figlio, Connor, che in realtà è il primogenito, nato dalla prima moglie di Roy, che però non viene mai considerato per il vertice in quanto completamente svalvolato. A un certo punto Kendall riprende in mano la sua vita e tenta di uccidere freudianamente il padre, ordendo un voto di sfiducia nel consiglio, colpo di mano che gli andrà male, e che gli costerà un marcato allontanamento dai fratelli.  


Nella terza stagione è in gioco la permanenza della famiglia Roy nel consiglio di amministrazione della Waystar. Tutti devono quindi mettere da parte i dissapori reciproci e coalizzarsi contro le cordate di altri soci che vorrebbero subentrare al comando. Superato questo ostacolo si manifesta l’intenzione del capofamiglia di vendere tutta la baracca ad un fondo svedese, e i quattro figli, adesso più uniti e solidali fra loro, sono intenzionati a fermarlo. Ma in conseguenza di un gesto di inconcepibile egoismo da parte di un insospettabile membro della famiglia (non posso dirvi di più), si ritrovano invece senza più azioni e tagliati fuori dai giochi.


La quarta stagione si apre con i tre fratelli, Kendall, Shiv e Roman, intenti a disturbare, a distanza, le operazioni finanziarie del padre, che festeggia il suo compleanno in una casa gremita di ospiti ma senza familiari. La distanza fra loro è però solo geografica, perché in realtà i ragazzi sono totalmente soggiogati dalla personalità del padre. Dicono a se stessi di esserne fuori, ma in realtà sono profondamente invischiati sia nelle sorti dell’azienda, che nelle decisioni del padre. Vogliono piacergli, pur sapendo che li guarderà sempre come fossero scarafaggi.


La stagione in corso sarà l’ultima, dunque nei prossimi quattro episodi si deciderà chi capitanerà questa successione. È difficile capire quale sarà l’epilogo anche perché gli autori ci hanno abituato a colpi di scena eclatanti (quello della terza puntata è sconvolgente), e in fondo ci siamo affezionati a tutti e tre i pretendenti. Riusciamo anche a perdonare i loro eccessi adesso che conosciamo più particolari del contesto familiare, emotivamente devastante, in cui sono cresciuti. Ci provano questi fratelli ad amarsi e ad amare, solo a sprazzi, e male, ci riescono e la loro tragedia personale e familiare ci commuove e ci indigna allo stesso tempo. Potrebbero fuggire lontano, con tutti i soldi che hanno potrebbero salvarsi! Ma nessuno può sfuggire al proprio karma. Non c’è conto in banca che tenga.


Questa serie è un dramma, e se fossimo alla fine del ‘500 sarebbe un autentico dramma shakespeariano. Dentro c’è tutto: la sfida, l’odio, il tradimento, l’abbandono, l’amore non corrisposto, la follia, l’uccisione (qui i fendenti sono finanziari), la nemesi. I dialoghi sono perfetti. Serratissimi e pungenti. A volte bisogna riguardare la puntata per coglierne appieno le citazioni, l’ironia e il cinismo. Personalmente mi piacerebbe un finale in cui i fratelli rimangono uniti anziché azzannarsi e rimanere dannati. Credo rimarrò delusa.

Intanto vi consiglio vivamente di guardare questa serie vincitrice di 13 Emmy e qualche Golden Globe.

 

Foto di Gerd Altmann da Pixabay.

 

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