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  • Immagine del redattoreMario Raffaele Conti

La “purezza” è un mito che fa diventare disumani

Aggiornamento: 16 mar 2023

Ma il «sauca» dello yoga ci aiuta a purificarci dal pericolo del fondamentalismo


Il tema della purezza è molto dibattuto in tutte le società. In quelle più arretrate è rivolto soprattutto agli ambiti sessuali e riguarda soprattutto la donna, ma in quelle cosiddette avanzate, o addirittura progressiste, la purezza assume risvolti politici, ideali, ideologici e genera atteggiamenti che risultano simili a quelli considerati “arretrati”.


C’è chi auspica la purezza del linguaggio, chi richiede una purezza intellettuale, la purezza della politica, la purezza del giornalismo, la purezza della coerenza, la purezza morale; la purezza del comportamento sessuale è sempre di gran moda, così come la purezza della razza e il concetto di purezza della pelle bianca sono sempre in voga in tutta Europa e nell’America del Nord.


Ora, un attacco come il mio al concetto stesso di purezza, sembra quasi voler dire che chi scrive sia per l’impurità, i costumi lassi, il laissez faire.

Niente di tutto questo. Ritengo che nessun atteggiamento dell’elenco che ho appena fatto abbia a che vedere con la purezza, né nell’intenzione, né nella pretesa, né negli effetti. La purezza così coniugata, infatti, è spesso causa e frutto di un fondamentalismo intellettuale che si rinchiude in un recinto sempre più stretto e asfissiante. Che toglie il respiro, la bellezza e la felicità del diverso, dell’imperfezione, dell’iperbole, della sana incoerenza, del relativismo.

Toglie il respiro all’umanità e porta doni di intolleranza. Che non è appannaggio di una sola parte politica, ma si ritrova nella mente di tanti uomini dai pensieri più diversi e - a parer loro - nobili. Ma non c’è nobiltà nel rimanere arroccati in una presunta superiorità intellettuale o religiosa o morale.


A lungo il mio pensiero si fermava qui. Ricordo il giorno in cui ho intuito tutto questo – avevo 26 anni – e ho giurato a me stesso che non sarei mai più stato dalla parte dei fustigatori morali, ma sempre dalla parte dell’ultimo, del giudicato, del reietto. Anni dopo ho capito perché. Perché la purezza reale, è libera dal giudizio, dalle regole precostituite, dalle esperienze stereotipate, dal perbenismo, dal desiderio di prevalere sull’altro, dal considerare l’altro sempre in difetto o dalla parte sbagliata, dal passare al setaccio le parole e le presunte intenzioni dell’altro. La purezza ha a che fare con l’amore, forse, perché anche l’amore “puro” contempla la liberazione dall'illusione della purezza.


La purezza è una delle virtù di chi pratica yoga e molti pensano a inarrivabili doti morali, al vegetarianesimo precostituito e assoluto, a una calma perenne anche in mezzo alle tempeste della vita, a quel macchiettismo sprirituale stereotipato che si incontra in tanti ambienti ritenuti “spirituali”.


Niente di tutto ciò. Quando si parla di sauca (il termine sanscrito che indica la purezza) si parla di tante indicazioni differenti, la prima delle quali è la pulizia del corpo (perché è necessario lavarsi), delle narici (perché aiuta gli allergici), delle viscere (perché ogni tanto potrebbe disintossicare).

Ma c’è molto di più. La necessità di chi si mette in un percorso di ricerca interiore è quella di purificarsi intellettualmente, cioè di purificarsi dalle illusioni: l’illusione di essere nel giusto, nella verità, nel percorso più giusto, con il guru più saggio. L’illusione di essere arrivato a un alto livello spirituale, di vedere dove gli altri non vedono, di avere intuizioni divine, di «essere in grado di lasciar fluire, mentre, guarda, tu non riesci». L’impurità è la fantasia di sé, è restare in una bolla intellettuale che ci allontana dalla realtà della realtà.

Sauca, la purezza è la purificazione dalle aspettative, dalla schiavitù dell’attrazione e della repulsione, dal desiderio di carriera spirituale, di ottenere i poteri della mente per dominare gli altri e guardare dall’alto in basso. La purificazione dal presumerci «maestri». Dalle costruzioni mentali. Dall’attaccamento verso gli altri.


Scrive Sri Swami Krisnananda, in The Yoga System (The Divine Life Society, Sivananda Ashram, Rishikesh, India https://www.dlshq.org): «Nessuno dovrebbe cercare di meditare senza la purezza del cuore. Non si deve entrare nel sentiero a meno che non siano soddisfatte le precondizioni. Non si dovrebbe semplicemente costringere la mente alla meditazione senza sentimenti purificati. I desideri frustrati rappresentano grandi pericoli. Avvicinarsi allo yoga con desideri in agguato sarebbe come toccare una dinamite che esplode. Lascia che il cuore sia libero, perché è il cuore che deve meditare e non solo il cervello. Il pensiero non può ottenere nulla quando il cuore è altrove e i sentimenti sono diretti a un obiettivo diverso» (dalla newsletter di Lo Yoga della Tradizione https://loyogadellatradizione.com).


Purificarsi, in definitiva, è il passare attraverso il fuoco il nostro sentire e i nostri sentimenti. La purezza è un “esame” che riguarda noi e dal quale non usciremo mai vincitori, perché è un esame impossibile. Perché è una “virtù” che si trova nei libri, nelle poesie, in Melania di Via col vento, cioè nell’irreale e nell’irrealtà.

Talvolta se ne scorgono barlumi in noi. E quando ci si accorge della loro esistenza, non si può che provare un puro sentimento di gratitudine. Perché sono un dono, non un merito.


Un paradosso: le pratiche di purificazione mattutina nelle acque inquinatissime del Gange a Varanasi.

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