Quando si parla di yoga ormai è assodato che oggi i metodi e le pratiche che ci possiamo trovare davanti sono tantissimi. Talvolta, quando mi capita di imbattermi nell’ennesima proposta bislacca, penso che non vorrei mai trovarmi nei panni di una persona che decide oggi di iniziare a praticare yoga, proprio perché negli ultimi anni le cose sono molto cambiate, e le probabilità che questo primo incontro si riveli disastroso sono abbastanza elevate. E se da una parte è vero che non c’è mai stato, e mai ci sarà, un unico e vero yoga, dall’altra è comprovato che lo yoga contemporaneo, fagocitato dal capitalismo come un bene di consumo qualsiasi, si è spinto, fin dall’inizio del secolo scorso, ben oltre la mercificazione, raggiungendo molto spesso la totale mistificazione dei suoi fondamenti.
La regola economica secondo cui “il mercato ha sempre ragione” ha generato la credenza che lo yoga moderno dinamico fosse il “vero yoga”, in considerazione del numero impressionante di praticanti che lo seguono, e a scapito dei metodi più tradizionali, in cui il focus delle pratiche non riguarda esclusivamente la forma e l’agilità del corpo. Per molti anni questa convinzione ha imperversato, contribuendo a modificare la percezione globale di cosa sia lo yoga.
Sulle pagine di Rispirazioni abbiamo parlato spesso delle difficoltà che lo yoga tradizionale subisce, ponendosi per sua natura al di fuori delle logiche consumistiche e del culto del corpo, nel fronteggiare lo tsunami delle aberrazioni dello yoga contemporaneo. Non è facile, e chi prova a reagire spesso fa i conti anche con l’effetto paradosso, cioè viene bollato come “non yoga”. E allora che fare? È un po’ come in politica, quando ti arriva addosso una valanga di contenuti appiattiti e “mainstream”, quando le parole sembrano non avere più un significato è meglio stare all’opposizione, tenere la barra delle proprie convinzioni a dritta, e aspettare tempi migliori, piuttosto che voler piacere a tutti, a ogni costo, diventando schiavi del consenso, diluendo e adattando gli insegnamenti ricevuti dai maestri per esigenze egoiche o commerciali.
Questa paziente attesa sulla sponda del fiume a volte dà i suoi frutti e può capitare che compaiano dei segnali che indicano che qualcosa sta cambiando. Per esempio ho notato che sui social media sembra aumentare il numero di proposte di insegnanti che promuovono il ritorno di uno yoga “delle origini”. Nel leggere il dato come una tendenza sono cauta, mi dico che probabilmente quello che mi viene proposto è falsato dalle mie attività e interazioni. Si sa che il “feed” è personalizzato, e mostra in prevalenza i contenuti che ci interessano maggiormente. Quindi le proposte che vedo potrebbero essere “drogate” dal fatto mi interessa un certo tipo di yoga. In ogni caso, tra i tanti titoli e profili che arrivano alla mia attenzione ci sono cose così: «Basta con lo yoga fitness», «Perché ho mollato l’ashtanga yoga», «Non come appari ma come ti senti», «Limitare lo yoga al fitness diminuisce la sua vera essenza» … e via discorrendo.
Ma, a parte ciò che può essere artatamente pilotato dagli algoritmi dei troppi social media a cui aderiamo (e a cui concediamo troppo tempo ed energia!), non è forse un dato di fatto incontrovertibile che i maggiori centri yoga faticano a “riempire” come prima? Che i grandi eventi collettivi si prendono un momento di legittima riflessione? E che anche l’interesse per le lezioni online sta scemando? Qui l’algoritmo non c’entra. Qui sembrerebbe esserci un segnale di cambiamento. O c’è una nuova consapevolezza, come tutti noi di Rispirazioni ci auguriamo, o il “mercato” si è stufato delle solite sequenze e si sta riciclando seguendo la nuova tendenza: meno ossessione per il corpo, più introspezione e meditazione. Forse ci sono meno soldi per lo yoga delle palestre e, come ci piacerebbe pensare qui nella redazione della rivista, finalmente abbiamo sviluppato gli anticorpi allo yoga della GDO (grande distribuzione organizzata, ndr). Non lo sappiamo.
Questi segnali possono significare tante cose e al momento non ci sono risposte. Certo, sarebbe un colpaccio se lo yoga intercettasse l’attuale nuova consapevolezza legata all’accettazione dei corpi così come sono, alla condanna al bodyshaming, alla ricerca di ciò che sta al di là dei granitici e spietati canoni estetici degli Anni 80 e 90. Quindi, almeno sulla carta, questo sarebbe il momento più adatto per lo yoga per ripartire dalle sue otto colonne, per uscire dal ricatto della forma del corpo che dura da qualcosa come cento anni. Ma per dirigersi dove? Questo è il punto. Speriamo non nel comodo frullatore della mindfulness e nel calderone olistico.

Fra pochi mesi, il prossimo gennaio, avremo oltrepassato il primo quarto del XXI secolo. Incredibile ma vero, sono passati 25 anni dall’inizio del 2000. Sono date che spingono a riflessioni più profonde. Qual è il destino dello yoga occidentale e chi lo detiene? Sono domande che bisognerebbe farsi come praticanti, come insegnanti e come formatori. Perché ci sono delle responsabilità oggettive in capo a ciascuno. Il maggior onere spetta ai formatori e poi, a cascata, si ripercuote verso il basso. Chi sta formando gli insegnanti di yoga del futuro? Verso quale direzione?
Come insegnanti siamo chiamati a non minori responsabilità. Siamo consapevoli di non doverci mai sostituire ad altre figure professionali (psicologo, medico, dietologo, osteopata, sacerdote?) Abbiamo percorso la necessaria analisi personale per comprendere la realtà e i nostri limiti egoici? Conosciamo la necessità quotidiana dello studio immersivo nei testi antichi e della pratica personale? Siamo capaci di impostare un ciclo annuale di lezioni che contempli tutti gli otto rami dello yoga classico, distribuendoli equamente nelle pratiche, e che sia generativo di una trasformazione interiore profonda?
Infine come allievi domandiamoci perché pratichiamo. A quale scopo. Con quale intenzione e mentalità affrontiamo soprattutto la pratica di āsana, che è quella che stuzzica di più il nostro narcisismo. Domandiamoci quanti e quali libri leggiamo ogni anno sull’argomento yoga. Quanti sutra conosciamo. Se abbiamo mai sentito parlare di yama e niyama. Le riflessioni da fare sono tante e la sincerità nelle risposte è d’obbligo, perché satya (verità, ndr) fa parte del percorso ed è meglio avere le idee chiare adesso che stiamo per iniziare le attività e i corsi.
Il leggendario Yogi immortale è l’essere umano che completa l’evoluzione con la padronanza delle energie interiori e la realizzazione del Sé. E molte scuole tamil sostengono che il Kriya Yoga, reso famoso da Yogananda, abbia radici nel “Siddha Yoga” tamil...
Questo è un po’ il manifesto dello yoga che pratico e che insegno da quasi trent’anni. Lo yoga si occupa della domanda essenziale che abita ogni essere umano. Del mistero del vivere, del mistero dell’essere coscienti. Del “chi” siamo e “come” siamo. La parola “Yoga” indica uno stato, uno stato fondamentale della coscienza. Non è un percorso che conduce da un luogo a un altro, e neppure una ricerca di benessere. È la possibilità di essere consapevoli di essere vivi e di come lo siamo. La possibilità di sentirsi espressione di una realtà indivisa. La pratica di Yoga si fonda sull’Osservazione e sul Cambiamento.
Lavoro con la voce da cinquant’anni. È stata la mia compagna, la mia arma gentile, il mio specchio: la radio, la tv, il canto. Con la voce ho raccontato e ascoltato, ho cercato emozione, ritmo, verità. Ma più la uso, più capisco che la voce non è solo suono: è respiro che si manifesta, corpo che vibra, anima che prende coraggio e decide di farsi sentire. È la forma più diretta di presenza
La speranza di una donna che è scappata dall'orrore e ha cercato un futuro con i suoi figli su un'isola della Grecia. Ma ha lasciato l'amore della sua vita e non vuol sapere che lo rivedrà solo come nuvole nel cielo...
Per invecchiare meglio bisognerebbe leggere più libri sulla biologia e guardare meno pubblicità. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Perché i condizionamenti sociali sono enormi. Ma a prescindere dallo sviluppo tecnologico che l’umanità ha raggiunto, le domande sulla vita e sulla morte rimangono le stesse. Perché nasciamo, perché moriamo? Ai quesiti esistenziali senza tempo rispondiamo con trapianti e i ritocchi, mentre dovremmo imparare a meditare...
Mahavatar Babaji, il guru di Lahiri Mahashaya che ha portato il Kriya Yoga in tutto il mondo, è il protagonista di un nuovo libro scritto da Jayadev Jaerschky. Che ci spiega chi è quest'essere leggendario che Yogananda descriveva come «simile al Cristo»



