
Si avvicina il Natale e si intensificano le cene con parenti e amici. Al classico ritrovo al ristorante preferisco senza alcun dubbio pranzare o cenare nelle case. Qualche settimana fa, ho organizzato un pranzo per 12 ospiti e, la settimana successiva, per 10. Mi rendo conto che preparare un pranzo per tante persone e vederle sorridere, rilassarsi, sentirsi accolte non è facile, ma è il mio obiettivo ogni volta che apro la porta di casa. Nonostante i tanti impegni, ritagliarmi uno spazio per un pasto sociale, più intimo e rilassato che in un locale, è rigenerante. Non è solo una questione di cibo, mi accorgo che abbiamo tutti bisogno di un’atmosfera in cui stare bene insieme, in cui alla fine ci sia voglia di ritrovarsi ancora.
Organizzazione
Sfruttare al meglio lo spazio è fondamentale. Ho creato ambienti diversi: l’aperitivo su un tavolo dedicato, poi ci siamo spostati nella veranda per il resto del pranzo. La preparazione comincia presto.
Mi sono svegliata alle 7 e ho iniziato dalla fine: il dolce. La crema per il tiramisù, il caffè preparato il giorno prima per essere freddo al punto giusto, il ragù e la besciamella. Ho assaggiato tutto, anche se erano le otto del mattino: le cose da fare sono innumerevoli e la precisione è tutto.
La giornata in cui ho ospiti la dedico esclusivamente a loro, lasciando da parte le mie attività. Preparo la tavola con attenzione: allungo il tavolo, sistemo le sedie, posiziono tovaglia, tovaglioli e posate. Controllo che piatti e pentole siano sufficienti.
Poi c’è la cura dei dettagli: il vino nel decanter, i flûte pronti per l’aperitivo, le lasagne assemblate e pronte da infornare, il rosmarino fresco per le salsicce. Tutto è sotto controllo, o quasi.
Accogliere con il cuore
Quando arrivano gli ospiti, li ricevo con un sorriso e un benvenuto. Mi piace che si sentano a casa, accolti con calore. Stare insieme è ciò che conta: il pasto è solo un mezzo per condividere il tempo. Anche se mi muovo tra tavola e cucina, il momento più bello arriva quando li vedo rilassati e felici. È allora che trovo l’occasione per una conversazione più approfondita, per una domanda curiosa che poi mi fa rivivere l’allegria dell’incontro.
Una volta, ad esempio, scopro la passione che ha un amico nel fare teatro, mentre un altro mi svela il suo studio sui brand delle pizzerie di tutta Italia; in un momento del pasto scopro che una ragazza mangia prima il contorno e allora iniziamo a psicanalizzare la sua abitudine alimentare. Durante un pranzo insieme c’è la brama di dire la propria; d’altra parte, se fossimo tutti uguali o non parlerebbe nessuno o parleremmo tutti insieme senza ascoltare nessuno. Cioè saremmo soli.
Il valore dell’ospitalità
Ospitare è un atto di fiducia, di disponibilità e di bellezza e non è solo un gesto moderno, ma un valore radicato nella nostra cultura. Nell’antica Grecia, l’ospitalità era sacra: si offriva cibo e acqua al viandante prima ancora di chiedere chi fosse. L’ospite era protetto da Zeus, e il mondo allora civile si fondava su leggi condivise di accoglienza. Nell’Odissea, Polifemo e i Ciclopi osano infrangere queste leggi in quanto sfidano gli dei e sono perciò relegati in un’isola selvaggia, lontani dalla civiltà.
Così oggi, in un mondo dove tanti valori sembrano perdersi, dove spesso temiamo l’altro, l’ospitalità resiste come atto rivoluzionario, di generosità e condivisione. Aprire la porta di casa è aprire il cuore e, quando vedo gli ospiti a loro agio, so di aver fatto qualcosa di bello. Accogliere è creare un clima di benessere e gioia, per gli altri e anche per se stessi.


Per la Cultura Vedica indiana, l’universo materiale viene manifestato eternamente dalla potenza interna del Signore, dove una parte del suo aspetto impersonale, il Tutto Assoluto chiamato Brahman, viene ricoperto da Maya, l’illusione cosmica...

In questo momento sembra che l’invisibilità sia diventata una condanna. I giovani dai social media e dalla società dei riflettori, sentono il bisogno di essere visibili per sentirsi importanti. Ma per inseguire il riconoscimento e il successo immediato, si rischia di perdere se stessi. Ma la nostra grandezza è determinata dalla qualità delle nostre azioni e delle nostre creazioni...

Il Sacro Catino è custodito nel Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo e si contende il “titolo” con il Santo Cáliz di Valencia. Le leggende sono tante e quelle letterarie e filmiche anche di più e questo testimonia il bisogno del sacro insito nell'uomo. Al punto che alcuni pensano che la reliquia sia l’idea che esista qualcosa che valga la pena cercare. Anche se non si troverà mai

...e quest’arte comprende la capacità di non considerare nostri i frutti dell’azione. Se agiamo in questa consapevolezza siamo sempre in equilibrio, sempre in pace, e le nostre azioni non generano più legami e successive reazioni, né buone né cattive. Quello che importa è che siano azioni in linea con il dharma

No, non si può conquistare come la padronanza del respiro o una certa attitudine a un asana. E non possiamo comprarla come provò Elvis Presley. È un dono quindi è gratis. Ma possiamo metterci nelle condizioni di riceverla con quattro atteggiamenti: studiare i testi della tradizione senza disperdersi, praticare con costanza, vivere la gratitudine, non avere strategia

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