Le origini della cosmogonia e dell’astrologia Vedica vengono ricondotte al periodo della civiltà della valle dell’Indo, collocato alla fine del II millennio a.C. e sviluppatosi tra il II e il I. Sono parte fondamentale del sapere Vedico e costituiscono il contenuto di alcuni degli inni del Rig-Veda e dello Yajur-Veda. A partire dal V°-VI° secolo a.C. assumono le forme proprie del Vedanga di cui ne sono uno dei tratti fondamentali relativamente ai riti sacri. Infine dal Brahmanesimo si evolvono nelle forme dell’Induismo dando origine alla forma moderna di concezione astrologica.
Per la Cultura Vedica indiana, l’universo materiale viene manifestato eternamente dalla potenza interna del Signore, dove una parte del suo aspetto impersonale, il Tutto Assoluto chiamato Brahman, viene ricoperto da Maya, l’illusione cosmica. Dal Brahman non manifesto si genera il Maha-tattva, l’aggregato di tutti gli elementi materiali, che, a contatto con il tempo e sotto l’impulso dell’energia divina dell’Anima Suprema, viene animato dalla vita delle infinite anime individuali.
Queste spiegazioni contenute nelle formule dei Veda, commentate nei Brahmana ed elaborate nelle Upanishad, costituiscono il fondamento del sapere Vedico e il tema di fondo del Vedanta. Nei Purana si abbandonano le formule dei rituali vedici e, nella prosa dei racconti epici, vengono descritte nel dettaglio le caratteristiche proprie delle diverse forme ed energie divine che danno luogo a ogni creazione. Sri Vishnu si sdraia sull’Oceano Causale e attraverso i suoi pori emana tutti gli universi. Dal suo ombelico sorge un fiore di loto da cui nasce Brahma, il primo essere creato. Dalla mente di Brahma sorgono i primi esseri celesti, i Sapta-rishi, i saggi e asceti originali che comporranno le diverse sezione dei Veda e dalla cui unione con le rispettive consorti, genereranno tutti gli esseri viventi nelle diverse forme. Poiché è il primo essere creato e ne è l’artefice delle sue forme, è consuetudine calcolare la durata dell’universo materiale secondo la durata della vita di Brahma. Questo tempo scorre e si manifesta per cicli di Kalpa, dove ogni Kalpa costituisce un giorno della vita di Brahma, che conta mille cicli di quattro ere, o yuga: il Satya-yuga che dura 1.728.000 anni; il Treta-yuga, che dura 1.296.000 anni; lo Dvapara-yuga che dura 864.000 anni e il Kali-yuga che ne dura 432.000. Durante il giorno di Brahma l’universo materiale viene manifestato e le anime si incarnano. Durante la notte di Brahma l’universo materiale viene annientato e le anime riassorbite nel Brahma-jyoti, lo sfolgorio impersonale della luce spirituale.
Il sistema planetario del nostro universo viene chiamato Bhu-mandala e si dice che assomiglia a un fiore di loto. Esso è composto da tre divisioni che identificano i pianeti Celesti, Svarga, gli intermedi, Martya e gli inferiori, Patala. Nel centro di questo fiore di loto, Jambudvipa, lungo e largo un milione di yojana, cioè tra 12 e 13 milioni di chilometri, si trova la montagna Sumeru che ne costituisce il pericarpo. Si dice che la sua altezza e lunghezza siano di 100 mila yojana cioè 1 milione 287 mila chilometri, sulla cui sommità si erge Brahma-puri, la citta di Brahma.
Si dice che nel mondo materiale Sri Vishnu rappresenti la virtù nel sattva-guna, Brahma la passione nel rajas-guna e Siva l’ignoranza nel tamas-guna. Dalla collera di Brahma, che ricevette il rifiuto dai suoi figli di popolare l’universo, nacque Rudra, la forma di Śiva che personifica il falso-ego. Tuttavia Śiva è l’emanazione di Vishnu che si mescola con le energie materiali. Si racconta che mentre Vishnu era sdraiato sulle rive dell’Oceano Causale che racchiude il mondo materiale, abbia forato il confine che li delimitava con il suo alluce e che le sue pure acque abbiano cominciato a fluire nell’universo come Gange celeste, passando dai mondi superiori fino a giungere a Brahma-puri, dove venne a dividersi in quattro rami, rivolti nelle quattro direzioni e conosciuti come Sita, Alakananda, Cakshu e Bhadra. Tradizionalmente si narra che, per evitare che l’impeto delle acque distruggesse il mondo Śiva lo ricevette sulle sue spalle e sulla sua testa, attutendone la caduta. Tutto il Bhu-mandala è delimitato da monti, laghi e fiumi celesti elevatissimi per dimensioni e struttura, strutturato in nove divisioni in cui dimorano le diverse specie viventi, tra cui i principali esseri celesti, Deva, Kinnara, Gandharva, Siddha, etc.
La durata della vita in ogni divisione dell’universo cambia ma rimane sempre regolata dal susseguirsi delle quattro ere o Yuga descritte prima. Per esempio si dice che il tempo che il Sole impiega per percorrere i due emisferi, Samvatsara, equivalga a un giorno e una notte degli esseri celesti o Deva. La durata delle quattro Yuga per mille compongono un Giorno di Brahma e altrettante la notte. Quando sopraggiunge la notte di Brahma, i tre mondi scompaiono e Brahma vive per un tempo di cento di questi anni cosmici… (Continua).

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Questo è un po’ il manifesto dello yoga che pratico e che insegno da quasi trent’anni. Lo yoga si occupa della domanda essenziale che abita ogni essere umano. Del mistero del vivere, del mistero dell’essere coscienti. Del “chi” siamo e “come” siamo. La parola “Yoga” indica uno stato, uno stato fondamentale della coscienza. Non è un percorso che conduce da un luogo a un altro, e neppure una ricerca di benessere. È la possibilità di essere consapevoli di essere vivi e di come lo siamo. La possibilità di sentirsi espressione di una realtà indivisa. La pratica di Yoga si fonda sull’Osservazione e sul Cambiamento.
Lavoro con la voce da cinquant’anni. È stata la mia compagna, la mia arma gentile, il mio specchio: la radio, la tv, il canto. Con la voce ho raccontato e ascoltato, ho cercato emozione, ritmo, verità. Ma più la uso, più capisco che la voce non è solo suono: è respiro che si manifesta, corpo che vibra, anima che prende coraggio e decide di farsi sentire. È la forma più diretta di presenza
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