Mario Raffaele Conti
YogaFestival, al cuore dello Yoga senza... “bagagli”
Lo Yoga è l’unico viaggio nel quale non devi portare bagagli. Anzi, per partire devi mollare più pesi possibili. Ma è un viaggio, eccome se lo è. Sto parlando dello Yoga come darśana, come punto di vista sulla Vita e sul Mondo, che sia il nostro piccolo mondo, come l’universo intero. È un punto di vista che non chiede di predicare punti di vista, non pretende di esprimere giudizi nel suo nome, non chiede nemmeno che un praticante venga giudicato per ciò che fa o non fa, dice o non dice.
Lo Yoga ti porta al cuore della responsabilità di ciascuno di noi nei confronti di questa via e di questa vita. Non è una gara a punti, non c’è in palio un paradiso per chi è bravo e non si va all’inferno se non si raggiunge il vertice promesso da Yogasutra. Nello Yoga non ci sono principianti e avanzati, ogni giorno siamo tutti “principianti”, ricominciamo daccapo.
L’unica cosa che ti chiede lo Yoga è la serietà. E la fedeltà a ciò che è stato scritto da Patanjali. Chiede che si leggano questi 195 Sutra e che almeno si sia sfogliata la Bhagavad-Gita, chiede che si faccia una pratica ogni giorno, che ci si ponga nel respiro e nella consapevolezza, che si provi a espandere la coscienza e ad affrontare le cinque vritti e i cinque kleśa.
Chiede che si parli meno di anahata e più di equilibrio, di fondamenta, di basi, di muladhara, di pramana, di abhyasa e vairagya. Diceva Swami Satchidananda che «lo Yoga non è imparare a stare sulla testa, ma imparare a stare sui propri piedi».
Mi piace, in occasione di questo Yoga Festival, ricordare le parole di Gerald Blitz, fondatore dei Club Mediterranée e allievo di Krishnamacharya e Vimala Thakar e monaco Zen con Deshimaru: «Lo Yoga propone il risveglio, l’affinamento e lo sviluppo della coscienza che è il contrario della dispersione. La finalità dello yoga è uno stato di coscienza, di responsabilità, di chiarezza. Lo yoga è una ricerca. Alcuni corrono da tutte le parti per accumulare più nozioni possibili e pensano così di ottenere più risultati, ma è un errore, ci si perde nel mescolare i generi». E la sua conclusione è fulminea e definitiva: «Lo scopo è la vita, lo yoga è il mezzo».
Non ci sono dubbi: per andare al cuore dello Yoga è necessario lasciare i bagagli, l’accumulo, l’ansia del controllo, la tentazione di uscire dalla Tradizione. O almeno dalla tradizione che è arrivata fino a noi, edulcorata, certo, esemplificata anche, ma pur sempre portata in Occidente dagli eredi delle parampara (i lignaggi), quelle di Sivananda, Satyananda, Ramakrishna, Gitananda, Yogananda e altri ancora, tutti i leoni dello Yoga vissuti nel `900.
Queste parampara sono il cuore pulsante dello Yoga, hanno in sé tradizioni, tecniche e formule che non hanno bisogno d’altro. Sì, lo Yoga è l’unico viaggio in cui il bagaglio lo devi dimenticare a casa.
