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  • Immagine del redattoreRiccardo Serventi Longhi

Yoga facile fai-da-te? Ahi, ahi, ahi...

Aggiornamento: 30 mag 2023

Nessuna magia, questa è una via per diventare «scintille divine». Non per tutti...


Non dovremmo essere troppo faciloni quando parliamo di yoga. Slogan come «lo yoga è semplice, tutti possono farlo» vengono urlati ovunque come specchietto per le allodole. Siamo attratti dal «Tutto subito, senza fatica, basta un clic». Cascate social di aforismi moderni sul tema hanno il sapore del «venghino siori e siore, venghino! Accorrete al numero magico!», in un pot-pourri circense di offerte di dubbia provenienza, con la scusa del «prendi ciò che ti serve».


Eppure lo yoga non è uno show e non ha nulla di magico. Mantiene le sue promesse, se lo incontriamo, pratichiamo, assimiliamo, nel tempo e nella costanza, come indicato nei testi della tradizione. Uno su tutti, per come conosciamo noi questo cammino interiore, Yoga Sutra di Patanjali. Ma è poi necessario entrare nella cruna dell'ago della Bhagavad Gita (e l'ego è un bel cammello), o il mistero dell' Hatha Yoga Pradipika e della Geranda Samita, per esempio, dove una lettura strettamente letteraria o intellettualmente conoscitiva non sono sufficienti, anzi probabilmente risulteranno impossibili da digerire nel vero senso della parola. Essenziale, quindi, diviene una guida esperta, con radici solide.


Tutto s'impara, è vero, ma, al contrario del messaggio che viene fatto passare, lo yoga non è affatto qualcosa di facile né qualcosa di adatto a tutti. Non gli facciamo alcun dono spogliandolo della sua sostanza essenzialmente spirituale, nascondendolo sotto la cornice del "easy wellness".

Per questo, forse, lo Yoga antico si sta perdendo o si è quasi già perso. Dovrebbe essere tutelato come fosse un prezioso Essere in estinzione. Non svilito nel mercato del fatturato e degli alti numeri a suon di coloriti ammodernamenti.

È proprio curioso come si faccia a non capire che quando qualcosa diviene un “fenomeno di massa" rischi, per forza di cose, lentamente, di perdere la sua essenza.

Corsi su corsi con attestato a tempi di record offrono l'illusione di un sapere privo di conoscenza a cui segue, troppo velocemente, la condivisione dell'eredità di una ricchezza incalcolabile, carpita nella superficialità di poche ore di apprensione e un permesso (tecnico) per divulgarla senza la chiarezza necessaria di cosa si stia facendo, e senza averne fatto esperienza.

In questo modo è facile incappare in una diffusione ammantata di pseudo mistica semplicità. Probabilmente perché si è colto solo l'aspetto esteriore di un cammino che, basandosi invece sull'osservazione di se stessi e sull'ascolto, già nella sua premessa, prevede una grande dose di coraggio, e incondizionata disponibilità.


Coraggio perché dobbiamo essere pronti ad osservare le innumerevoli maschere che ci hanno condotto al momento in cui abbiamo detto a noi stessi «possibile che sia tutto qui?» rivolgendosi alla nostra vita. Perché e da lì il cammino è iniziato. Il punto di svolta del «Chi sono davvero? Cosa sono venuto a fare?».

Sono domande che spesso prevedono come risposta una doccia gelata. L'abbattimento di molte nostre credenze. La realizzazione che il percorso condotto fino a quel momento, non va più bene per noi. E questo è straordinariamente meraviglioso, ma non privo di difficoltà (innanzitutto di accettazione della presa di coscienza) dolore o sofferenza.

Ma d'altronde, ci vuole coraggio per essere felici! Lasciar andare non è una passeggiata.

Se ragioniamo per rispondere ai quesiti così profondi, è tutto un mettere a posto tasselli in modo abitudinario fatto di visto e rivisto, che prima o poi ci riporterà al punto di partenza. Lo Yoga arriva proprio per sussurrarci che è ora di scendere dalla ruota del criceto. Pollicino deve smettere di seminare briciole, e noi di raccoglierle, perché Pollicino siamo sempre noi.

E se interrompiamo di seguire noi stessi, fra soluzioni e pensieri, finalmente ci perdiamo nel silenzio. Disponibilità, perché se non siamo poi davvero totalmente disponibili a lasciarci trasformare dal flusso della vita stessa, che finora abbiamo forzato dentro solchi ben radicati, non solo non staremo bene come promesso dagli slogan, ma anzi risvegliatasi per qualche istante in noi la luce di una possibilità di cambiamento, nel non concedergli il suo completo divenire, torneremo in una condizione forse ancora più difficile da sostenere. Quella di chi è fuggito dalla propria verità.


Infiniti "maestri" ammiccano alle loro pratiche personali inondando il web con la lista delle loro ore di pratiche e di meditazione, che raramente (ce ne sono per carità) sembrano condurre alla libertà, quanto piuttosto a fidelizzare un'utenza. Cristo non credo che tornando dal deserto abbia preso i discepoli e gli abbia detto «Uè raga! 40 giorni! Non so se rendo l'idea». Forse perché Lui davvero si è lasciato attraversare senza resistenza da ogni vritti, dolore, smanie egoiche.

Lo Yoga non è facile. Lo Yoga non è per tutti. Perché abbiamo così tanto rafforzato il nostro ego con l'allenamento della ricerca dell'appagamento a breve termine, perennemente deluso appena ottenuta la chimera. Perché ci siamo allontanati da una fondamentale sensazione antica di essere frutto del mistero.

In un mondo che corre nel fare e nel diventare, del meglio al posto del bene, dell'intervento piuttosto che del lasciar accadere, lo yoga è un atto eroico. E gli eroi sono pochi.


L'immobilità si manifesta come un baluardo al rotolare appresso al campanello continuo dei nostri pensieri che aprono file su file alla ricerca della cartella della soddisfazione perduta.

Non dico che sia necessario ritirarsi in un eremo (per carità, se si sente la necessità ben venga la scelta), non c'è bisogno di non fare per essere. Forse, è necessario Essere nel fare. Ma la vita è un dono da riscoprire in noi, eppure diviene un continuo sballottamento che trascina al ripetersi, al soddisfare, all'ottenere. Perché questo i sensi fanno.

La pratica è una porta al (temporaneo almeno) ritiro delle nostre calamite dell'appagamento, per rivelarci l'infinito che siamo.

C'è da rimboccarsi le maniche e accorgerci che tutto è Grazia che giunge per il benedetto cambiamento a cui aneliamo. Tutto è Grazia. Non solo l'evento codificato dal subconscio come "mi piace", ma anche l'apparente momento buio, la sfida, l'incidente di percorso più o meno grave. Tutto è Grazia per chi pratica. Perché se lo yoga è una porta per noi stessi, la vita ci offre ciò che ci capita per comprendere che abbracciandola completamente, la com-prendiamo diventando uno con la vita stessa. E questo è yoga.


È così facile tutto questo?

È possibile, ma non semplicissimo. È necessario cadere. Rialzarsi. Cadere. Rialzarsi. Senza pensare che "non funziona", (e mollare) senza cercare di ottenere qualcosa. Solo mettersi a disposizione affinché avvenga in noi la volontà che ci rende come Paramhansa Yogananda chiamava l'essere umano: scintille divine.


Allora perché non iniziare a chiederci: siamo pronti a brillare davvero? Altro che posizioni contorte e nomi strani. Siamo pronti a brillare davvero per ciò che siamo, al di là di ciò che siamo stati o quello che abbiamo voluto interpretare che non ci apparteneva? Non è questione di scoraggiare o reprimere è questione di incoraggiare, spronare all'audacia! Siamo pronti ad ascoltare il nostro vero suono nascosto dietro il silenzio?


Allora ok! cominciamo.

L' anima non urla.



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