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  • Immagine del redattoreMario Raffaele Conti

Uscire dalla comfort-zone (ovvero, come ho incontrato mia moglie e ho deciso di suonare il basso)

Aggiornamento: 7 dic 2022

Ho la fortuna di suonare la batteria in una classe di musica d’insieme in una prestigiosa scuola musicale milanese. La causa di tale fortuna risale a 7-8 anni fa circa, quando iniziai a studiare batteria jazz in questa scuola.


Avevo deciso di cominciare a studiare batteria - io che per tutta la vita ho suonato chitarra ritmica - perché un giorno, per gioco, mi accomodai sullo sgabello di un batterista (il mio amico Elia) e iniziai a tenere il ritmo sui piatti. Elia mi osservò e mi disse: «Ma tu sei un batterista».

Decisi che quella era una sorta di indicazione designazione divina. Non ero più giovane, ma un conto è esserlo e un conto è sentirlo e io sento ancora l'entusiasmo dei 30 anni, anzi di più. Mi piace uscire dalla comfort-zone, sfidare l'impossibile. L'ho fatto a 25 anni quando venni assunto come speaker da Radio Montecarlo. Non avevo mai fatto il dj, ma non aveva importanza per loro, figuratevi per me. Mi sono ritrovato dall'oggi al domani con dieci ore di diretta per weekend. Ho imparato in fretta e ho acquisito un'alta professionalità radiofonica. Così ho iniziato a studiare batteria anche se ero chitarrista ed è stato grazie a questo – per una serie di meravigliose coincidenze – che ho conosciuto la donna che è diventata mia moglie. Un colpo di fulmine, la donna più bella che potessi incontrare. Il caso. Scusate, manca il punto di domanda: il caso?


Torniamo alla batteria. Quando sono stato sufficientemente addestrato, ho iniziato a suonare seriamente in questa band della scuola formata da un sassofonista, un pianista, un trombettista, una flautista, e il mio amico Elia con cui mi alterno allo strumento.

La scorsa settimana sono arrivato un po’ prima e in un’aula, c’erano il sassofonista e il pianista. Hanno 88 e 83 anni e la loro energia darebbe luce a un paese. Mi dicevano che ci manca tanto un bassista. In effetti, il basso è l’asse portante della musica d’insieme, l’impalcatura sulla quale si appoggiano la batteria e il pianoforte. «Perché non impari?», mi dicono. «Prova, vai d’istinto…». Io suono a orecchio, intuisco la musica sul pentagramma, ho studiato solfeggio ritmico, comprendo i segni per il batterista, ma non leggo le note. Non vi paia strano, ci sono fior di musicisti famosi che non la conoscono. Riccardo Cocciante, per esempio, compone al pianoforte ma non sa trasportare le note sul pentagramma. Non è essenziale, la musica è un’onda che nasce nell’anima e se le mani sanno trovare le note giuste su una tastiera, questo conta.


«Di là c’è un basso, prova», mi dicono. «Ma non saprei da dove cominciare», mi schermisco. «Prova e vedrai che prima o poi la nota che fai la faremo anche noi», ridono. Imbraccio il basso e mi butto come un kamikaze. In effetti qualche giro riesco ad azzeccarlo, altri no, ma i miei generosi compagni sono entusiasti di me. Ovviamente non ho imparato a suonare il basso quella volta, però i miei due compagni di viaggio musicale mi hanno dato una grande lezione di vita: per iniziare qualcosa bisogna uscire sempre dalla propria comfort-zone. Bisogna voler rischiare a costo di sbagliare, mai restare al sicuro delle proprie convinzioni, ma gettarsi a capofitto nelle avventure possibili perché il destino è pronto a premiarci.


La tastiera di un basso elettrico. Foto Pexels.

Il giorno dopo una mia amica mi ha rimproverato: «Ma non si possono imparare tutti gli strumenti…». Perché no? Perché finiamo sempre per limitarci, magari nel nome della serietà e della coerenza? Serietà e coerenza impediscono di esplorare il mondo? Non è più importante seguire i possibili richiami dell’espressività e del senso artistico che tutti – chi più chi meno – hanno? Chi vi impedisce di cantare (non esistono stonati), dipingere, scrivere, recitare? Chi vi impedisce di seguire lezioni o cimentarvi da autodidatti? Mio suocero ha imparato da solo il mandolino e quando lo suona è un uomo felice. Ma, per farlo, anche lui esce dal “non me la sento” dopo che un grande dolore lo ha colpito. Si sforza di suonare per ritrovare una parte di sé.


Posso solo ripetere a voi quello che mi ripeto da sempre, dal giorno in cui dissi ai miei genitori che volevo fare il giornalista e loro mi hanno risposto: «Ma figurati!». Non lasciatevi fermare dallo scetticismo altrui: talvolta gli altri ci vogliono tenere al palo per paura di vederci volare. Perché loro non lo hanno potuto o saputo fare.


PS. Per la cronaca ho acquistato un manuale di basso a prova di rimbambiti e forse quei due formidabili musicisti mi aiuteranno a interpretare i passi più ostici. Forse potrò imparare a leggere uno spartito, forse potrò arrivare a orientarmi in modo sensato sul manico di un basso. Forse. Ma con mia moglie tutto bene, grazie.

Foto di Dorota/Pixabay.




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