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  • Immagine del redattoreMario Raffaele Conti

Uscire dalle contorsioni della “logica”

Aggiornamento: 8 nov 2023

Non è semplice stare ancorati alla realtà. Non è facile uscire dalle contorsioni del pensiero che segue un ragionamento apparentemente logico e poi ti trascina in mare aperto. E non si capisce perché si fa naufragio.

Eppure la realtà appariva chiara come l’immagine di un film in uno schermo IMAX. Ma talvolta a tutti noi capita di essere in una condizione di un non-vedente. Non vediamo e pretendiamo di vedere senza poter vedere.

Non siete mai finiti in una situazione del genere? Lui o lei ti espongono il loro progetto che segue «un filo logico importante» e «dei bei ragionamenti» (cit.) ma totalmente... “campati per aria”. Non si avvedono che quei pensieri non hanno gambe, mentre voi ve ne accorgete perché da fuori è più semplice, perché avete già fatto esperienza...

Il risultato è drammatico, perché chi non vede si delude amaramente se il risultato delle sue intenzioni non è quello atteso. Ho parlato di «intenzioni» perché talvolta non c’è neppure l’azione a supportare i suoi progetti. C’è l’intenzione, ma poche, pochissime azioni, e i risultati non arrivano. «Com’è possibile?», si chiede il malcapitato. Il contatto con la realtà è perso e il rendersene conto dà un dolore autentico. Non ditemi: è accaduto anche a voi! Pure a me...


Esce sempre il tema del dolore, il dolore come leit motiv dell’uomo, come risultato delle azioni mentali non coerenti, non corrette. Dove il significato di coerenza e correttezza non è quello comune al nostro pensiero logico.

Cos’è la logica, poi? Non ne esiste una sola, ne esiste una per ogni tipo di cultura, per ogni persona vorrei dire. Eppure invochiamo la logica per ergerci a giudici della vita e del prossimo. E quando vediamo che l’altro non usa il sistema di pensiero che abbiamo noi, lo accusiamo di non avere logica. Al che l’altro ci risponde che siamo noi a non avere logica. E si va avanti all'infinito.

Colpa del “guasto della logica” del mondo individualista popolato da una massa anarcoide (e non anarchica perché l’anarchismo è un pensiero nobile, come mi insegnò Fabrizio De André in una telefonata di cui conservo ancora nelle orecchie la sua voce dolcissima e compassionevole). Massa anarcoide che si oppone alle masse indottrinate dove il pensiero individuale è sostituito dal pensiero di qualcun altro (chiese, guru, uomo del destino, moglie/marito despota, figli, eccetera)…


Insomma, quello che emerge da questa descrizione intricata un po’ angosciante è che per uscire dal confronto sterile, è prima di tutto necessario uscire dal confronto. È necessario uscire dalla guerra di logiche, dalla visione parziale della realtà e provare a cercare un terreno di visione che tenga presente dello stato delle cose, cioè che esiste una differenza intrinseca e scontata di pensiero. Uscire dal problema, per aggirarlo? Non sempre è possibile, ma vale la pena provarci. Cambiare il punto di vista? Anche, e non è debolezza. Le persone ragionevoli sono le più forti e non si dispiacciono di ricalibrare gli obiettivi alla luce della visione di una realtà nuova. Altrimenti? Game over e si va avanti.


Non sono un amante del pensiero unico, e osservo che le persone usano il motto che è della Chiesa cattolica e che si trova sul frontespizio dell'Osservatore Romano: aut mecum aut contra me, o con me o contro di me. Che in una visione escatologica può forse avere un senso (con il bene o contro il bene), ma nella vita di tutti i giorni no. Avete notato che siamo diventati tutti tifosi? Nella politica, nello sport, nella religione, nella salute. Tutti con casacche che costringono a un pensiero già pensato. Se stai con la casacca blu non puoi sopportare le critica al leader Blu, se hai la casacca verde guai a toccare quello Verde. È tutto un derby. Negli Anni 70 era così con eskimo e loden, ricordate ex-ragazzi? “Logica” che ha condotto alle brigate rosse e nere e al nulla di oggi. Ma la Storia si ripete e non riesce mai a essere maestra, sennò non ci troveremmo in questo stallo sociale e politico e religioso.


Critichiamo la Chiesa cattolica e molti di noi hanno ragione a farlo, ma l’induismo da cui molti di noi sono attratti “crea” mostri che stanno esacerbando lo scontro tra musulmani e seguaci del Sanatana Dharma, e le cui usanze distorte dall’inizio dell’anno hanno causato il suicidio di sette studenti dalit (intoccabili) di Delhi.

«È la mancanza di logica», verrebbe da dire. Senza ricordarci che quelle storture hanno una loro logica. Perversa, ma ce l'hanno.


Ecco perché esercitarsi quotidianamente a osservare la realtà della realtà può rappresentare un modo per arginare almeno in ciascuno di noi il ricorso alla “logica illogica” e a condurci verso l’inaspettato. Una vita di sorprese, del resto, non è più stimolante di un’esistenza… noiosamente “logica”?









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