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L'indiano che ha riscattato il suo popolo

Aggiornamento: 17 lug

Chi è appassionato di calcio più che di politica pensa che il primo ministro inglese abbia scelto di abitare al numero 10 di Downing Street perché il 10 porta fortuna. È il numero sulla maglia dei più grandi campioni: Pelé, Maradona, Messi, Totti, Del Piero, Baggio… nel Grande Torino la indossava Valentino Mazzola; nell’Ungheria sovietica Ferenc Puskas, che palleggiando superò la cortina di ferro e scelse la libertà. Per i napoletani è un numero sacro: Diego10, praticamente DIO.


Dispiace deludere i tifosi, ma non è vero: i premier abitano a quel numero 10 dai primi decenni del Settecento, un secolo e mezzo prima che il calcio fosse inventato. E non so quanto porti fortuna. Sicuramente non negli ultimi tempi: la porta di casa sembra diventata la porta girevole di un albergo e il Brexit è diventato un Pr…exit. Non lasciatevi ingannare dal suono: «pr» sta per premier, in meno di due mesi se ne sono avvicendati tre. Boris Johnson, che pure sembrava capace di restare in equilibrio in ogni situazione (famoso il suo avventuroso percorso appeso a un filo sul cielo di Londra quando ne era sindaco) è stato castigato per aver mentito su qualche party di troppo. Liz Truss ha battuto tutti record di durata come primo ministro, appena 44 giorni (troppo tardi si è resa conto del significato delle parole di re Carlo III, che ricevendola ha esclamato: «Ancora qui, santo Cielo…») ed è finita sulla copertina dell’Economist in cui lei è la Britannia, con uno scudo a forma di pizza e sul tridente una forchettata di spaghetti, una caricatura che prende in giro anche l’Italia, considerata un Paese dai continui cambi di governo (poi scopri con indignazione che proprietaria del settimanale è l’ingrata famiglia Elkann-Agnelli, che ha potuto mangiare ben altro che spaghetti e pizze, grazie ai miliardi e alle facilitazioni sempre ottenuti in Italia).



Liz, comunque, in qualità di ex premier avrà diritto per sempre a un’auto governativa e a un servizio di sicurezza. E infine Rishi Sunak, che a sua volta ha già conquistato una serie di record: a 42 anni, è il primo ministro britannico più giovane degli ultimi 200 anni, il primo premier non bianco, il primo di fede indù. Per di più è la prima volta che il Regno Unito ha un premier più ricco della famiglia reale: Sunak (grazie a un accorto matrimonio con Akshata Murty, la figlia di un miliardario indiano conosciuta in California, ma sposata con una cerimonia a Bangalore, in India) ha un patrimonio di 730 milioni di sterline, il doppio di quello che possiede re Carlo.


La pagina del primo ministro sul sito del governo inglese.

La sequenza nelle nomine è sconcertante: il Regno Unito è passato da Boris Johnson, eletto dall'intero elettorato, a Liz Truss eletta dalla base del Partito conservatore, fino a Rishi Sunak, scelto solo dai rappresentanti in Parlamento e soprannominato, dai nemici ma anche dagli amici, Slippery Sunak, Sunak lo Scivoloso.


Il nuovo premier è rigorosamente inglese, nato nell’Hampshire, a Southampton (è tifoso della squadra di calcio locale), da genitori d’origine indù, ma nati in Africa: il padre Yashvir, medico, in Kenya, la madre Usha, farmacista, in Tanzania. Rappresenta comunque una straordinaria rivincita per gli indiani. Ve lo ricordate? Fino al 1947 era “proprietà” della Corona britannica, che a metà dell’Ottocento ne era entrata in possesso dopo la soppressione della Compagnia delle Indie Orientali.


Nel 1876 la regina Vittoria è proclamata «Imperatrice delle Indie» (ovviamente, come si usa dire, «per grazia di Dio»). Le Indie comprendono sia i territori amministrati direttamente dal Regno Unito, sia gli innumerevoli piccoli Stati principeschi, governati da regnanti indigeni ma sottoposti a protettorato inglese. Tutti i successori della regina Vittoria, fino a Giorgio VI, si fregiano del titolo di Imperatore d’India e sono rappresentati da un Viceré: l’ultimo è Lord Louis Mountbatten, conte di Birmania (è lo zio del principe Filippo, marito di Elisabetta, non ancora regina).


Il monumento alla regina Vittoria a Londra davanti a Buckingham Palace..

L’indipendenza è concessa nell’agosto 1947, grazie alle campagne non violente del Mahatma Gandhi, culminate però in un bagno di sangue tra indù e mussulmani e poi, il 30 gennaio 1948, con l’assassinio dello stesso Gandhi. Le “Indie” si dividono in più Stati: India, Pakistan (dal quale si staccherà il Bangladesh), Birmania e Sri Lanka. In questo mondo rotondo (come un pallone da calcio) tocca ora alle Indie conquistare il Regno Unito: un mussulmano d’origine pakistana è stato l’ultimo amore della principessa Diana e un indù di origine indiana è il nuovo amore della classe politica britannica.

Il Mahatma Gandhi. (Foto Wikilmages/Pixabay).






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