Siamo tutti potenziali «Dorian Gray». Colpa dell'ego. Ma un rimedio esiste...
La scorsa settimana mi sono sentito fare questa domanda: «Che rapporto hai con il potere?». Ma si può fare questa domanda a uno che da adolescente si è nutrito dei fumetti Marvel? Sì perché non ho mai desiderato il potere bensì i superpoteri! È tutta la vita che sogno di svegliarmi con i superpoteri di Daredevil (aspetto interessante: è un avvocato cieco con una ipersensibilità tale che gli permette di “vedere” oltre la vista) o quelli di Torcia Umana dei Fantastici Quattro (che ha il potere di usare il fuoco - il che si abbina al mio doppio segno/ascendente di fuoco Ariete/Sagittario) e di correre velocissimo (il che si abbina con la mia iperattività). Ma niente, in decenni, non mi è mai accaduto, cosa abbastanza frustrante.
Quindi negli Anni 80 (poi mi sono ripreso...) sono passato da diverse fasi, da quella psicomagica del Dr. Strange (una sorta di mago dai poteri infiniti) alle fantasie New Age dei libri di Barbara Ann Brennan e di James Redfiled, fino alle reali e serissime possibilità date da un intenso allenamento nell’arte del Dim Mak/T’ai Chi Ch’uan. Ma, ahimè, ogni mattina mi svegliavo sempre… IO, sempre con l’unico potere di vincere (talvolta) la mia pigrizia e di cercare, cercare, cercare un’infinità di Graal musicali, letterari, psicologici, spirituali…
Fascino e frustrazione: questo ho imparato dal prendere in considerazione il concetto di potere personale. Seriamente, credo che non averne mai avuto sia stato un dono enorme, e l’ho capito quando ho compreso - guardando chi ce l’aveva - tutti i danni che causa. Quanti insegnanti e professori di qualsiasi tipo perdono la bussola e dalla cattedra passano al trono... Oggi non lo desidero più, anche se capisco benissimo che è un demone che si potrebbe riattivare in ogni istante e bisogna stare ben attenti.
Oggi quello cui anelo di più è la libertà degli altri (e di conseguenza la mia) da ogni potere e la capacità di apprezzare il libero arbitrio altrui, i tempi altrui, le possibilità altrui.
Quando sono diventato “insegnante” di yoga, poi, ho compreso tutta la delicatezza del mio ruolo perché l’insegnante (preferisco la terminologia francese, «prof de Yoga») dovrebbe solo essere un’antenna radio che riceve dai maestri, elabora gli insegnamenti e crea connessioni trasmettendo la tradizione e la propria ricerca. Uno Yoga Tuner, insomma. Ma - condizione essenziale - senza una propria ricerca personale, senza un sedersi ogni giorno in meditazione a respirare, senza entrare in crisi nelle relazioni per poi uscirne, senza tutto questo, l'insegnamento - qualsiasi insegnamento - diventa sterile.
È sempre e solo il relazionarsi con il proprio vicino che impedisce di lasciar crescere a dismisura un ego irreale quasi fosse il quadro nascosto di Dorian Gray. Il “patto col diavolo” è lasciare che l'ego cresca senza aver mai il coraggio di guardare quel quadro che ci restituirebbe il nostro vero volto. Ci vuole coraggio nell'ammettere le rughe dell'anima, nel togliere il velo alla più intima ipocrisia. «Non potevo fare altro», per esempio, è una frase che potrebbe nascondere quel “patto”. Si può sempre fare altro, ma dipende dalla scatola mentale in cui ci siamo rinchiusi. Dipende da quanto ossigeno abbiamo dato alla nostra mente, da quanto ci siamo ripiegati su noi stessi. Perché se continuiamo a guardarci indietro o solo il nostro ombelico, ecco, quella è la “firma” di un patto scellerato. «Io mi sono sempre comportato bene, ho avuto una vita specchiata» è il testo di un patto che ha reso ciechi e sordi. Il patto con l'ipocrisia che è, appunto, il demone di tutti i tempi.
Se vivi, sbagli. Se vivi, rischi. Se vivi, fai un passo avanti e due indietro e poi due passi avanti e uno indietro. Non esistono Carl Lewis nella vita, solo donne e uomini che provano a vivere, a superare i semi del karma, a scendere a compromessi col carattere, a superare talvolta l'impensabile e talvolta l'illecito. “Restare sulla retta via” è un'illusione. La via non è mai “retta” né “diritta” e sono le curve e le salite a dare un senso al viaggio, l'attenzione alle buche e agli strapiombi. Qualche volta si esce di strada, qualche volta si cade, qualche volta ci si ferma. Il resto è solo arido giudizio di chi è invidioso per non aver vissuto quanto noi.
Ecco qual è il “potere” più bello: il potere di potere, di osare, di affrontare col cuore aperto e il petto in fuori le sfide della vita. Se ci pensate, il vero potere dei supereroi è proprio questo.
P.s.: Per la cronaca la mia passione per i giornalini della Marvel naufragò miseramente dopo che chiesi a quella santa donna della prof di religione delle Medie, la professoressa Baxiu, come si inserisse il Mitico Thor nel progetto salvifico del Vangelo. Ricordo ancora il suo scoramento per la mia domanda…
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