Carlo Palumbo
Sfortunata Odessa, la città di «'O Sole Mio»
Aggiornamento: 20 mag 2022
Odessa, da sempre bella e sfortunata. Adesso è perseguitata dai missili di Putin, che le arrivano addosso dal cielo e dal mare. Ma un secolo e mezzo fa a bombardarla furono la marina inglese e quella francese durante la guerra di Crimea.
Nel 1905, si sa, furono i marinai della Corazzata Potiomkin a cannoneggiarla, in rivolta contro le truppe zariste; se non altro servì a ispirare il capolavoro di Sergej Eisenstein.

Il titolo del Corriere della Sera «Odessa espugnata» non è il sogno di Putin per domani: è del 17 ottobre 1941, quando la città fu occupata dalle truppe romene dopo un assedio di oltre due mesi: la settimana dopo 35 mila abitanti furono assassinati.

L’ultimo massacro è recente: nel 2014, ci furono sanguinosi scontri tra filoeuropei e filorussi con ampio scambio di bombe molotov; ebbero la peggio i filorussi, ne morirono 42 nell'incendio della Casa dei sindacati.
Putin, e non è l’unico, che accusa Odessa di essere una città nazista. Questa pessima fama nasce da un equivoco e dall’ignoranza di chi non sa leggere. Tutta colpa di Frederick Forsyth, che nel 1972 ha scritto il romanzo Dossier Odessa. Chi si è limitato (come Putin?) a leggere solo il risvolto o la quarta di copertina con il riassunto della trama può averne tratto l’erronea conclusione che Odessa fosse il centro di una rete di ex gerarchi e criminali nazisti organizzata per facilitare la fuga verso ospitali Paesi del Sud America.
In realtà Eichmann, Mengele e compagnia brutta usarono la “via dei monasteri”, passando di convento in convento attraverso la Svizzera e l’Italia, per imbarcarsi di solito a Genova, muniti di adeguati documenti falsi. Odessa non c’entra per nulla. Perché l’Odessa del romanzo, non è la città, ma un acronimo.
Qualcuno si chiederà: acro… che? L’acronimo è una parola formata dalle iniziali delle parole di una frase. Esempio: la misteriosa squadra di calcio Spal di Ferrara altri non è che una Società Polisportiva Ars et Labor; mentre la Fiat non è un omaggio al latino ma, banalmente, la Fabbrica Italiana Automobili Torino. E Odessa, dunque, è l’acronimo ovviamente in tedesco di «Organisation Der Ehemaligen SS-Angehörigen» (Organizzazione degli ex membri delle SS).

Niente di nazista, perciò, in Odessa, che caso mai dev’essere definita una città napoletana. Il suo fondatore nel 1794 fu Giuseppe de Ribas, nato a Napoli il 24 settembre 1749, che fece una brillante carriera militare da sottotenente della Guardia Napoletana ad Ammiraglio della Marina in Russia, dove aveva fatto amicizia con uno degli amanti dell’imperatrice Caterina la Grande.
Durante la guerra russo-turca occupò una zona sul Mar Nero che gli parve adatta per creare un grande porto. L’imperatrice diede il suo consenso e De Ribas fondò la nuova città chiamandola Odesso, ma Caterina voleva che la città fosse femmina e subito lo modificò in Odessa.
Un altro napoletano, Francesco Frapolli, fu il primo architetto capo della città e progettò stupendi palazzi e monumenti. Il locale più famoso di Odessa era la pasticceria Fanconi.
Infine, ultimo definitivo tocco di napoletanità, la mitica canzone ’O sole mio fu scritta e composta a Odessa nel 1898 dal giornalista Giovanni Capurro e dal musicista Eduardo Di Capua. A ispirarli non il sole di Napoli, ma una suggestiva alba sul Mar Nero.