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  • Immagine del redattoreMario Raffaele Conti

Quando incontri un narcisista

Qualche settimana fa avevo scritto un articolo sul narcisismo che ho cestinato. È un argomento che mi tocca molto, sono stato vittima di narcisisti ed è stato molto doloroso. Così, una volta scritto, mi sembrava di mettermi troppo a nudo e forse mi sembrava che poi non interessasse così tanto questo argomento.


Nei giorni scorsi però, ho letto un ottimo articolo di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera che parlava proprio di narcisisti, a proposito di Cristiano Ronaldo e di un articolo su La Stampa dello psichiatra Paolo Crepet. Scrive Cazzullo: «L’ambizione muove il mondo; il narcisismo lo estingue». Fantastico. Non avrebbe potuto riassumere meglio la differenza tra un desiderio e una patologia, che spesso vengono confusi tra loro. Spiega ancora Cazzullo: «Tra l’ambizione e il narcisismo c’è un ulteriore stadio: l’egoismo. L’egoismo non è l’attitudine migliore dell’essere umano; tuttavia può produrre risultati straordinari. Ha costruito i grattacieli di Manhattan. Ha eretto capolavori d’arte (...). Il narcisismo invece è sterile per definizione». E chiosa: «Di sicuro il narcisismo è il grande male del nostro tempo. E la rete ne è l’amplificatore».

Sono totalmente d’accordo con lui. Oggi si abusa del termine «narcisista», ma c’è differenza tra egotista e narciso. Il narcisismo è una patologia dello spirito, il primo a stare male è lui/lei, ma se lo incontri, farà in modo che tu stia peggio. Come dice Cazzullo, «se stai bene, il narciso sta male; se stai male, il narciso sta bene».


Vive una vita contro. È una modalità di vita, la sua, quella di essere sul piede di guerra in ogni momento della giornata. Si tratta di selezionare il proprio nemico, le persone che gli/le vogliono male, quelle che fanno le angherie, quelle che sono la causa di tutti i suoi problemi. E i suoi problemi sono sempre al di fuori di lui/lei. Stabilito il nemico, si passa al piagnisteo ed è certo che qualcuno penserà di questa persona che sia una vittima, che gli/le vada tutto male, che la vita sia stata ingiusta con lui/lei, che certamente meriti solidarietà e cura. E se ci credi, sei finito/a.


Chi incontra questa persona è una tipologia ben precisa, di solito un o una idealista, uno o una che ha dei progetti sulla propria vita, ma che desidera anche condividere, mettere a parte chi ama, gli amici come i partner, delle proprie scoperte, del proprio entusiasmo e della visione di quel momento dell’esistenza. È una tipologia facilmente attaccabile perché si mette sempre in discussione, sente le emozioni ed entra nella pelle degli altri, tende a colpevolizzarsi e a esaurire tutte le sue energie. Potrebbe anche essere un egoista o un egotista, ma contro il narciso è una guerra persa.


Quando la prima persona incontra la seconda e quest’ultima non riesce a creare la distanza di sicurezza, per lui/lei è finita. Dice Marie-France Hirigoyen, nel suo libro illuminante, Molestie morali (Einaudi) - che consiglio a tutti - che nei conflitti con un narciso l’unica arma è la legge. Se giochi sul suo campo, hai già perso. Vale per il mobbing sul lavoro come per le relazioni conflittuali.


Il narcisista ha sviluppato questo disturbo della personalità sicuramente per una sua sofferenza, per un trauma o una depressione gravi, ma avere pietà di un narcisista che ha deciso che sei il suo nemico non è una buona idea, perché ti fa a pezzi. Meglio uscire dal gioco, pur sapendo che questo scatenerà la sua furia distruttiva.

Ci sono casi in cui un narcisista guarisce, ma sicuramente la guarigione psicologica parte sempre e solo dalla presa di coscienza. Nessuno può aiutare nessuno a prendere coscienza di sé. E questo riguarda tutti noi, ma per un narciso è più complicato.


Ci sono vari stadi di consapevolezza di sé, perché i samskara (le stratificazioni karmiche delle nostre - o della nostra - esistenze/a) sono tantissimi: le esperienze (o le vite) pregresse hanno creato strati psicologici duri da infrangere e chi ha intrapreso il percorso di ricerca interiore lo sa bene e si astiene dal giudicare gli stati di “illuminazione” altrui.

Siamo tutti vittime di avidya, la non conoscenza, e solo con un duro lavoro quotidiano possiamo sperare di fare qualche progresso.


E, per finire, ci sono i ragazzi, i bambini di oggi, autoreferenziati e dispotici. Avete forse il dubbio che abbiamo cresciuto una generazione di narcisisti? Non so, non generalizzo perché sarebbe sciocco farlo. Ci sono indizi che lo farebbero credere. E questo interroga comunque noi adulti, genitori, educatori, e sul ruolo che abbiamo interpretato o interpretiamo ancora. Con una sola certezza: che la consapevolezza è l’unico dono spirituale cui aspirare. Per il bene nostro e di chi amiamo.









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