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  • Enrica Belloni

Per placare l'ansia ora c'è la mindfulness al museo

Una nuova idea anti-stress: la museoterapia è arrivata in Italia


di Enrica Belloni *

La visita al museo per provare a placare l’ansia, per mettere a tacere il mormorio incessante della mente e ritrovare la calma. Con uno sguardo davvero attento a un quadro o una scultura, si prova a centrarsi su se stessi. Si chiama museoterapia, ed è già realtà in alcuni Paesi europei, per esempio in Belgio, o oltreoceano, in Canada, dove i medici prescrivono un tot di gite alla settimana nei luoghi d’arte per arginare lo stress e ritrovare l’equilibrio.


Su questa onda, in Italia, a Milano, è partito il progetto Asba (Anxiety, Stress, Brain-friendly museum, Approach, ovvero: il museo alleato del cervello contro ansia e stress) promosso da Annalisa Banzi, storica dell’arte e dottore di ricerca in Interazioni umane all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

È uno studio scientifico che misura l’effetto antiansia di una visita al museo, nello specifico la Galleria d’arte moderna e il Museo di Storia naturale di Milano (si può partecipare all’esperimento registrandosi sul sito https://www.cespeb.eu/prenotazioni-progetto-asba/).


Niente a che vedere con la visita spesso troppo veloce di musei, mostre e gallerie, in cui si dedicano pochi secondi a ogni opera per poter vedere tutto, senza tralasciare niente, ma perdendo in realtà l’effetto dell’esperienza sullo spirito e sul benessere psicofisico.

In questo caso, l’esperienza tra le opere d’arte viene mediata da operatori mindfulness, una forma di meditazione, detta «meditazione di consapevolezza», che aiuta a concentrarsi sul momento presente, senza giudicare, ma semplicemente osservando se stessi. Fermando l’attenzione sul proprio respiro, sul proprio corpo, si migliorano le capacità percettive, aumenta la capacità di rimanere focalizzati su un compito, come per esempio ammirare un’opera d’arte.


La mindfulness è una strategia efficace contro il diffusissimo mind wandering, il “chiacchiericcio” quel vizio della mente che la porta a vagare da un pensiero all’altro senza sosta. Un fenomeno che ti fa rimanere intrappolato nei tuoi pensieri, che ti porta sempre al passato o ti trasferisce nel futuro, magari agitando preoccupazioni e fantasmi. Un’abitudine che ti porta altrove, sempre, impedendoti di essere consapevole del presente e aumentando il livello di stress dell’organismo. Sì, perché l’hanno notato gli scienziati, il mind wandering può abbassare il tono dell’umore, è una spirale che ci fa tornare ancora e ancora su contenuti negativi aprendo la strada all’ansia.

La pratica

Nella mia mente il chiacchiericcio è spesso presente, e raramente trova sosta, e il dubbio che alzi il mio livello d’ansia, sottraendomi un po’ di serenità, c’è. Ho provato quindi una seduta mindfulness alla Galleria d’arte Moderna di Milano.

Nella prima parte dell’incontro si compila un questionario per cercare di capire qual è lo stato d’animo dei partecipanti: il grado di soddisfazione (o di insoddisfazione) della propria vita, l’umore, il livello di stress, la propensione all’ansia, le preoccupazioni…

Poi, si parte per la vera e propria esperienza. A condurci nel viaggio è Lorenza Guidotti, istruttrice mindfulness.


Entriamo tutti nella Sala XIII, ognuno si siede di fronte a un quadro o a una scultura. Davanti a me c’è il Ritratto di Giovanni Juva, di Mauro Conconi, un’opera per la verità un po’ cupa che ritrae il facoltoso marito di Matilde Juve Branca, cantante lirica protagonista del panorama culturale milanese di fine Ottocento, vestito per andare a vedere l’opera.

Su indicazione di Lorenza, seduti sulla sedia chiudiamo gli occhi, ci radichiamo a terra con i piedi acquisendo consapevolezza dei punti di contatto tra il nostro corpo e il pavimento o la sedia. Passato qualche minuto, Lorenza ci chiede di concentrarci sul nostro respiro, sull’aria che entra e che esce. Senza giudicare e senza ansia da prestazione: non c’è un modo giusto o sbagliato per vivere quest’esperienza, ognuno la compie a proprio modo.


A questo punto nasce l’incontro con l’opera d’arte. Si aprono gli occhi, si osserva un dettaglio preciso, a scelta, mentre si respira lentamente. Io mi concentro sulla mano che regge il guanto. Comincio a vedere le vene, la trasparenza del tessuto…

Poi si apre lo sguardo a tutta l’opera, soffermandosi sui colori, la luce, le forme, i chiaroscuri, in un’attenta osservazione. Osservando, ci si apre alle proprie sensazioni. Quindi, si richiedono gli occhi e si torna ad ascoltare il proprio respiro, a sentire il contatto con la sedia e il pavimento. Qualche minuto di calma e poi si riaprono gli occhi.


Terminata l’esperienza, ognuno la condivide con gli altri. Tutti sono entrati in pieno contatto con il quadro, si sono fatti assorbire dalle forme, i colori, i rilievi, le espressioni dei volti, notando quello che in una normale visita sarebbe senz’altro sfuggito.

Inoltre, c’è chi, come me, dall’attenzione al proprio respiro e sul proprio corpo, ha avvertito che piano piano la mente si quietava, quel chiacchiericcio cominciava a placarsi e a tacere per lasciare spazio a un maggiore relax e stabilità mentale. C’è chi ha avviato un dialogo emotivo con il quadro o la scultura, ha cercato di cogliere lo stato d’animo della persona raffigurata.


Quel che rimane addosso, oltre a una reale conoscenza dell’opera, è una sensazione di calma, di attenzione a quel che ti sta accadendo ora. Che in quel pomeriggio, a sessione ultimata, significava gironzolare nel museo, fermandosi ad ammirare, tranquilla senza giudizio, l’opera che istintivamente mi attirava di più.


* Enrica “Chicca” Belloni è una giornalista professionista. Scrive per numerose testate nazionali. Questo è il suo primo articolo per Rispirazioni.






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