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  • Immagine del redattoreGuido "Guidozilla" Gabrielli

«Over the Rainbow», la magia di un'ottava celestiale

Aggiornamento: 21 ott 2022

Una giovane ragazza bruna con due belle trecce (Dorothy), passeggia malinconicamente in una fattoria insieme a dei polli e il suo piccolo cane (Toto). Tutto il mondo è in garbuglio disperato e il cielo, il fienile, i polli sono tutti virati in un antico color seppia. Si domanda se oltre quelle nuvole che oscurano il cielo non ci sia una strada, un arcobaleno da scoprire, un luogo appena dopo la pioggia di cui ha sentito parlare una volta in una ninnananna. È un luogo dove i pensieri si sciolgono come caramelle al limone, oltre i camini, oltre l’arcobaleno dove cantano gli uccellini. Perché, perché io non posso raggiungerlo…? Esprimendo questo desiderio, la sua mano e la zampa del cane si uniscono. Appare uno scorcio di sole tra le nuvole minacciose.


Siamo nel 1939, questa immagine e questo brano, Over the Rainbow (tratta dal film Il Mago di Oz), si affacciano indelebilmente nei cuori del mondo, di tutto il mondo. Oscar nel 1940 come migliore canzone, nel 1981 giudicata dal Grammy Hall of Fame Award come «Miglior canzone del XX secolo per il cinema». Judy Garland (la giovane bambina Dorothy) e il brano, per il messaggio di speranza contenuto nel testo è diventata uno dei più grandi inni del movimento di liberazione omosessuale, di cui la bandiera arcobaleno è appunto un simbolo.



Eppure il paradosso di questa storia è che si è arrivati all’unanime riconoscenza verso questa melodia, diventata un manifesto della tolleranza e della diversità, attraverso un affastellarsi di errori e casualità che sembrano disegnare un percorso opposto a quello che la storia ci ha restituito.


Un buffo genio di altri tempi

All’inizio di tutto c’è Frank Baum, nato nel 1856, un personaggio multiforme: un sognatore, un militare suo malgrado (all'età di 12 anni fu mandato alla Accademia Militare motivata dal desiderio dei genitori di rinforzarne il carattere e la costituzione), fu giornalista, fondando diverse testate, anche allevatore di polli (fondò anche un giornale sull'allevamento di pollame da esibizione, The Poultry Record, e pubblicò un manuale sull'accoppiamento, l'allevamento e la gestione di diverse varietà di galletti Amburghesi). Ma sua vera passione era il teatro come scrittura, regista e produttore. Ma in tutto ciò che fece fu un continuo fallimento. Dopo averne provate tante, nel 1900 scrisse un romanzo per bambini Il Meraviglioso Mago di Oz: un successo trionfale, in testa alle classifiche per due anni.


La trama vede Dorothy, una bambina rimasta orfana (come tutti gli eroi dei libri per bambini) che vive in una modesta fattoria del Kansas assieme ai vecchi zii e al cane Toto. Vive giornate grigie e il mondo appare confuso e senza speranza; si domanda se ci sia una strada dietro il sole e oltre le giornate uggiose. Sogna scenari e destini celesti e che un giorno dolore e mestizia possano avere una soluzione. Quel giorno arriva: un poderoso tornado solleva la casa di Dorothy, con la bambina e il cane, la trasporta in volo e la fa atterrare nel Regno del grande Mago di Oz.

In questo strano luogo, la bambina si affiancherà a tre personaggi, anche loro desiderosi di un cambiamento trascendentale: uno Spaventapasseri, un Uomo di latta e un Leone codardo, che decidono di accompagnarla nella speranza di poter fare anche loro delle richieste al mago. Un cervello per lo Spaventapasseri, un cuore per l’Uomo di latta e il coraggio per il Leone codardo. In realtà il Mago risulterà un millantatore; come afferma Dorothy, «una brava persona e un cattivo Mago», che a modo suo riuscirà a esaudire i desideri, ritornare al reale.

Nel 1902 Fank Baum pensò subito di dover produrre un musical della sua opera a Broadway, e lo fece nel 1902, ma fu un fallimento. Seguirono circa una ventina di libri sequel della saga del Mago di Oz e di Dorothy, passati quasi inosservati.

Dall’uscita del libro nel ‘900, furono tratte anche adattamenti radiofonici e due cortometraggi muti (prodotti dallo stesso Baum) e una serie di adattamenti cinematografici, non di particolare menzione.


Il Mago di Oz

Nel 1938 la Metro Goldwin Mayer (MGM) decise di riaffrontare il tema allettato dal successo dello stesso anno di Disney, con il rivoluzionario Biancaneve, che aveva aperto il mercato ai film per le famiglie.

La scrittura richiese almeno 14 sceneggiatori, la scelta di Dorothy inizialmente era Shirley Temple, ma il contratto la legava alla rivale Century Fox, che non dette liberatorie. Judy Garland, allora promettente attrice e cantante di 15 anni, fu la scelta conseguente. La produzione tecnologica, all’epoca ambiziosa, prevedeva che il girato fosse in un antico color seppia nella parte iniziale per poi passare a un fastoso Technicolor durante il viaggio di Dorothy .


Durante la lavorazione si succedettero 4 registi, tra cui (quello che durò di più e cui furono assegnati o crediti) Victor Fleming, che però non concluse il girato perché fu chiamato a dirigere le magagne nello studio accanto mentre si girava Via col Vento.


Per le canzoni del film furono scelti due giovani promettenti Harold Arlen per le musiche e Yip Harburg come paroliere. Il primo aveva già raggiunto una certa notorietà per delle hit dell’epoca come It’s Only a Paper Moon, Stormy Weather, Let’s Fall in Love, il compito assegnato era di scrivere 14 brani che puntellavano la scansione degli eventi salienti della narrazione, in 12 settimane.



I due di buona lena si misero al lavoro e pare che tutto andò per il verso giusto, tranne per un brano in cui Dorothy nella fattoria. Non se ne veniva a capo.

Poi una sera Arlen, ispirato da “una mano divina” (pare che stesse passeggiando per andare al cinema) venne fuori con una melodia di cui si meravigliò lui stesso.


Somewhere Over the Rainbow

La canzone stessa inizia con un salto di ottava, celestiale. Un salto che incarna le speranze di tutte le persone che bramano una felicità che non potrà mai essere loro, e lentamente, frase dopo frase, scende di nuovo alla tonica iniziale.

Il ponte della melodia a seguire, ha una semplice melodia ripetitiva e ipnotica come una ninnananna per arrivare a un finale che sale al della voce di Dorothy/Garland. Salendo letteralmente oltre l'arcobaleno per chiudersi sull'eterna domanda «perché non posso?»,

Alren, l’autore della musica era commosso, e la presentò al suo collega Yip, il quale non ne rimase folgorato. O meglio, trovava che non fosse un brano adatto a rappresentare una bambina adolescente sperduta in una fattoria del Kansas. Con delle variazioni melodiche più simili all’opera che non a un musical per famiglie (come descrive il musicologo Luca Bragalini «sembrava più un audace tema sinfonico che una filastrocca infantile»). In effetti se si ascoltano gli altri brani e le parole costruiti per il film erano strettamente legate alla narrazione e alle scene adattate per la storia.

Questo brano svincolato dalla trama e dalla psicologia del personaggio era osteggiato dalla produzione. Ne rallentavano la dinamica. Il dilemma andò avanti a lungo fino ad arrivare a giudicare disdicevole che una star della MGM dovesse esibirsi nel cortile di una fattoria. Insomma il brano era destinato a essere eliminato.


Harold Alren, disperato, chiese l’aiuto di un suo vecchio compagno di scuola, particolarmente influente nell’ambiente all’epoca, Ira Gershwin, uno dei più noti parolieri della storia (e fratello del celebre George). Ira sosterrà il brano a ogni costo. Suggerisce qualche semplificazione e Yip Hamburg comincia a dare il verbo a Dorothy/Garland. Parole semplici, piene di sostantivi visivi, onomatopeiche, piene di ripetizioni e affinità che renderanno a questo brano un viaggio verso l’arcobaleno, certo e perennemente commovente. Il brano verrà inserito nel film e diventerà storia.



Epilogo

All’uscita del film sono passati 40 anni dalla nascita del libro del nostro tenero, poliedrico e dimenticato Frank Baum (che nel frattempo morì tra le difficoltà economiche, nel 1919). Lui che, anziché cavalcare il mito della frontiera e del sogno americano, si inventò un sogno fasullo: il Mago di Oz. Ma suo malgrado, come nella sua vita, diede vita all’immagine persistente di un'accogliente speranza, oltre l’arcobaleno.










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