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  • Immagine del redattoreGuido "Guidozilla" Gabrielli

La sliding door di Pat Metheny

Aggiornamento: 17 mag 2022


Are you going with me? Forse un giorno qualcuno te lo chiederà, oppure te lo ha già chiesto. Storia musicale di una sliding door della vita.

Are you going with me? è un brano scritto da Pat Metheny e dal tastierista Lyle Mays, nel 1983 (al tempo erano i Pat Metheny Group). Forse è meglio descriverlo come un racconto musicale che raffigura l’insieme di dubbi, emozioni, timori, desideri, a una domanda vitale che qualcuno un giorno ci chiederà. Un momento lungo più di 8 minuti, che comunque prenderà residenza nel nostro museo di memoria «di quello che sarebbe potuto essere».


Nominato per Grammy Awards come migliore composizione strumentale e anche “fusion ballad” di quell’anno. Diventò uno dei brani cardine degli eventi dal vivo del Pat Metheny Group di quel periodo.

Io l’ho conosciuta tardi. Un’amica, che me l’ha segnalata, come uno dei brani cardine della sua vita, e non si spiegava, ripensandoci dopo molti anni di perché finisse sempre per piangerci su.

La sua importanza è stata anche confermata dal pianista jazz Brad Meldhau, testimoniando che ascoltandola a 13 anni, diventò uno dei brani che segnò la scelta della sua vita di diventare musicista ( lo scrive tra le note del disco Metheny/Mehldau che lo vede in duo con il suo idolo Metheny più di 20 anni dopo). Quindi essendo molto rispettoso delle tracce emotive che la musica lascia nella vita, l’ho subito trattata con cura.


Analisi Sintattica

La struttura del brano è una pulsazione apparentemente semplice, tra due accordi e note. Quasi fosse un codice binario 1-0 (si o no). Accompagnati da una ritmica tra basso batteria e percussioni in controtempo a circa 80 battiti per minuto. Un giovane battito cardiaco in apprensione. Un ostinato ticchettare della chitarra tra la nona e la tonica. La Domanda, «Are you going with me?», sottolinea un momento di emozione gentile, malinconicamente contagioso. A un crocevia , appunto.


Il Mood

Nonostante l’impressione sia di sentire soprattutto la tensione di due sole note, queste vivono su un bordone molto ampio e spazioso, in cui appare un tema molto discreto, lieve, suonato su un ottava molto bassa: la domanda, «Are you going with me?», richiede spazio di elaborazione.

Gli accordi nascondono molte insidie. Nel lessico musicale sono definiti “alterati”, ossia non sono accordi pieni, tranquilli che ti fanno sentire comodo, qui stiamo decidendo se vuoi venire con me o no; con me, non con uno qualsiasi. Tutto il dubbio è raccontato con forme un po’ sospese e nascoste (a volte né maggiori, né minori), giocando sempre sul alternarsi di un riff semplice nona e tonica.

In realtà poi il brano si arricchisce di altri accordi che muovono un po’ l’umore del racconto, pur rimanendo sempre lì aderente agli accordi di base. Cambia qualche accento, una nota, la tonalità cresce di mezzo tono, a volte il dilemma sembra dipanarsi ma in realtà rimane ancora chiuso dentro sé stesso. Sembra quasi che guardandoti negli occhi e ponendoti la domanda, cerchi di ostentare una sicurezza, che non ti appartiene.


Il racconto

Parte con un doppio colpo di rullante, come se si stesse bussando a una porta. Per i primi 2 minuti sentiamo prevalentemente il sintetizzatore di Lyle, che in maniera soave accenna a una melodia, mai prevalente. È timorosa di chiedere e di sapere la risposta. Prende atto della situazione, un po’ come se stesse mugugnando qualcosa tra sé e sé: «Avrei una cosa da dirti e adesso devo trovare le parole…».

Le prime parole per eviscerare il tema arrivano dopo 2 minuti, le esprime la tastiera con un suono tra una armonica a bocca e una fisarmonica. Emette note lunghe, 2/4 e 4/4, spesso calanti. Come parole un po’ strozzate, senza riuscire a pronunciare la frase fino alla fine. Nel sottofondo emergono anche delle voci che accennano alla leggera e impalpabile melodia del brano. Sono in un registro di una ottava più alta, come il coro di una tragedia greca, un personaggio collettivo, che partecipa alla vicenda tanto quanto gli attori stessi.


Il nostro Eroe

In questo dramma al minuto 3’47 entra Pat Metheny, il nostro eroe. Una chitarra sintetizzata (per gli storici fu la sua prima, una Roland GR-300), il cui suono, somiglia a una tromba. Come in una finale olimpica della staffetta 4 X 400, prende il testimone per percorrere l’ultimo e definitivo giro.

Nelle prime 8 battute dell’assolo, insiste sempre solo su quelle due note (9° e 8°- preciso che adesso il brano è salito ancora di ½ tono), ossia il nocciolo della questione, «Are you going with me?». Il suono della chitarra prende spazio e mentre prima il brano si caratterizzava per l’equilibrio dei vari ingredienti, adesso il pathos di Pat prende il sopravvento.

Il fraseggio è ricco di scale ascendenti che partono dalle viscere ad innalzarsi verso una speranza. Fino al momento in cui al minuto 5,’12 il brano si alza di un altro mezzo tono e Pat prende definitivamente residenza dal 12° tasto della chitarra in poi e se potesse andrebbe anche a suonare le note del suo ventre per suonare su tutta la disperazione. Note glissate, il levare a raffica senza pausa perché alla prima pausa tutto finirebbe in un nulla.


Eccolo in una delle sue performance dal vivo in Canada.

In questa fase lo si vede dimenare la folta capigliatura con un sorriso estatico a occhi chiusi ( e improbabili pantaloncini da tennis Anni 70). Sono assenti frasi musicali ragionate, ricerca di scelte melodiche. Le frasi diventano ossessive e ripetitive e sempre più alte. Quasi insostenibili. Ma dal minuto 7’39 in poi ha compreso come finirà questa storia. Si apre qualche frase di riflessione su registri più bassi, si tira un pò su il naso, gli occhi sono umidi. Fermo immagine.


Non sapremo mai il vero finale o forse lo sapevamo già dall’inizio. Sappiamo però che in quel museo di memoria «di quello che sarebbe potuto essere‚, le nostre canzoni vegliano su una vita parallela inesauribile.





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