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  • Immagine del redattoreRiccardo Serventi Longhi

Karma e Dharma: siamo frutto delle nostre azioni, se cambi azione cambia il frutto

Aggiornamento: 27 nov 2022


Ogni volta che pratichiamo, che meditiamo, che respiriamo accorgendoci di farlo, che siamo presenti, insomma, che non ci perdiamo nei pensachetiripensa che ci fagocitano a nostra pseudoinsaputa, entriamo nella possibilità di risplendere nel nuovo, nella trasformazione del karma futuro.

La vita si apre alla Vita. È una questione di minuscole e maiuscole a volte. Il karma (Azione) è ciò che ci ha condotti a essere quello che siamo, nel bene e nel male, e che rischia di farlo proseguire esattamente nello stesso modo, se non ci accorgiamo di essere sul destino della ripetizione. Vista così, apparentemente il karma potrebbe essere considerato qualcosa di “sgradevole”, ma solo come un amico che ti mostra una verità su te stesso che non vuoi accettare. In realtà è un’occasione di risveglio. Insomma, chi è felice nel ricadere in continuazione negli stessi errori e nelle stesse esperienze negative o distruttive?

Eppure c’è una straordinaria notizia: possiamo intervenire sul nostro karma. Non certo su ciò che è stato o che è in questo momento, certo, ma su ciò che creerà il nostro futuro. Sui pensieri che creeranno il nostro futuro, sulle azioni conseguenti. Ciò che modifichiamo darà frutti nuovi.

Il karma è qualcosa che ereditiamo per nascita, è una vera ricchezza se ne comprendiamo il senso. Siamo treni superveloci, infilati in meccanismi di coincidenze fra un impegno e una preoccupazione, fra un divertimento e un’opinione, fra doveri e saperi di ogni tipo e questo, nel tempo crea quello che vediamo. Non si cerca di osservare rallentando, ma di accelerare nel frastuono in un circuito chiuso. Si pratica e si medita per fare silenzio. Per ascoltare. Per rallentare. Per affidarci al capostazione che finalmente potrà deviare lo scambio che altrimenti portava il treno della nostra vita a deragliare sempre sullo stesso punto del binario. O poco prima. O poco dopo. Bloccato dalle incrostazioni delle nostre abitudini.

Sciogliere questa filastrocca monoritornello non spetta però a una decisione mentale, che potrà solo replicare se stessa o al massimo darci l’abbaglio di un cambiamento che poi si rivelerà comunque un prodotto del vecchio, ma è più che altro la risposta a una resa al Ministro dei trasporti Universale. Lasciamo che i pensieri siano in queste mani, fidiamoci. Diverranno intuizioni. La soluzione è all’interno di ciò che accade.

E allora ci avvicineremo a quella sensazione che stiamo percorrendo la strada giusta, che ci stiamo allineando a qualcosa che sentiamo la nostra via, non separati dallo scorrere delle altre esistenze. Siamo sul binario corretto, anche se ritardi, imprevisti, vagoni scomodi e altro, non mancheranno. Avremmo comunque la percezione della direzione. Questo binario nello yoga ha un nome: Dharma.


Il Sovrano Universale che fa girare la Ruota (Andhra Pradesh, I sec. a.C), Museo Guimet, Parigi.

Trovare la propria giusta via è, anche se a volte inconsapevolmente, lo scopo di ognuno di noi. E ognuno sa quanto è difficile “il giusto per me”, perché è più forte l’essere attratto dai punti di riferimento noti, esterni, passati, da ripetere e riprovare fino allo sfinimento, che il fermarsi e accorgersi della fotocopia che si crea nelle situazioni che viviamo. più semplice, anche se doloroso, arrendersi al fatidico «È sempre stato così» o «Sono fatto così» o «Tanto le cose vanno in questo modo». È attraverso le lezioni che impariamo. È attraverso il karma, che costruiamo il nostro Dharma.

Swami Kriyananda, discepolo diretto di Paramhansa Yogananda, utilizzava un’affermazione particolare per descrivere questo stato di realizzazione: «Accolgo tutto ciò che viene come un’ulteriore opportunità di crescita». Tutto è guida, verso la ripetizione o verso la trasformazione, la scelta è nostra. Questo è il libero arbitrio. Se guardiamo alla sua radice, Dharma - come ogni parola in sanscrito - ha più significati: «costruire, creare una struttura, sostenere». È qualcosa che dona ordine. C’è un dharma universale, ovvero l’ordine delle cose che guida le leggi dell’esistenza e che tutto sostiene, c’è un Dharma personale (Svadharma) che riguarda lo scopo personale, il talento di ognuno, le scelte che compiamo; quando sentiamo che siamo in un flusso, che siamo intonati con la sinfonia della vita attraverso il nostro operato. E c’è un Dharma che ci accomuna tutti (Sanatana Dharma): trovare il nostro vero Sé, riconoscersi nella Sorgente di ogni manifestazione.

Negli insegnamenti dello yoga questa origine è Brahman, Dio, pura Coscienza, Assoluto, Infinito. Ognuno di noi è in viaggio verso questa direzione. È un ritorno a casa, visto che anche noi facciamo parte di questa provenienza. I grandi maestri che ci hanno lasciato i diversi sentieri, dicono che non c’è nulla da trovare, in realtà, ma solo da svelare, da riconoscere. Da ricordare. Lo abbiamo dimenticato nascendo e identificandoci con ciò che illusoriamente crediamo felicità e invece sono gocce passeggere che evaporano in fretta, mentre in verità siamo onde dell’Oceano. Anzi, Siamo Oceano. «Io son l’onda, rendimi mare» recitano dei versi dell’autore di Autobiografia di uno Yogi. Allora al prossimo passaggio a livello che incontriamo sul nostro cammino, proviamo a non abbatterlo per proseguire nel solito cerchio, rallentiamo e, sorridiamo alla deviazione indicata (era lì da parecchio).

Diveniamo noi stessi strumento per la trasformazione.

Nuovi pensieri, nuove azioni, nuovi frutti. Buon raccolto e… buon viaggio nel dharma!


Binari, strade, incroci. Foto di Michael Treu (da Pixabay).






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