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  • Immagine del redattoreMario Raffaele Conti

Così il mercato sfrutta lo yoga per aumentare la produttività

«E lo yoga salverà il mondo, da Katmandu a la Silicon Valley» è il titolo che Le Monde Diplomatique ha fatto per descrivere il successo dello Yoga nel mondo. Un successo per certi versi problematico e discutibile perché - lo scriviamo spesso -dobbiamo sempre intenderci di cosa stiamo parlando. Difatti il sommario dell'articolo di Zineb Fahsi, insegnante di yoga e autore del libro Lo Yoga nuovo spirito del capitalismo (Le Yoga, nouvel esprit du capitalisme - Textuel, Paris 2023) fa notare che questa disciplina così in voga, per esempio, ha finito per essere strumentalizzata dal mercato per migliorare la produttività nelle aziende.

Sono tante le imprese che organizzano corsi di yoga per i propri dipendenti al fine di creare migliore interazione tra loro, relazioni meno tese e una maggiore concentrazione. Insomma, si tratta di un nuovo tradimento dello spirito originale di una via filosofica che è nata come via escatologica e si è trasformata come terapia per lo stress e per la schiena.



Non pensiamo minimamente che lo yoga che pratichiamo possa essere quello che si praticava in India 200 anni fa. Nessuno di noi potrebbe farlo. La difficoltà di certe pratiche di austerità ci apparirebbero prive di senso se applicate alla vita di tutti i giorni, e sarebbero difficilmente inglobate nel quotidiano. «Oggi è largamente insegnato come un metodo di sviluppo personale», ricorda Fahsi, «ma con una vernice orientalista che conferirebbe la sua autenticità e il prestigio associato a una tradizione lontana e millenaria». D'altra parte - ricorda - sono 7 milioni e seicentomila francesi a praticarlo uno o due volte al mese. Amazon ha inventato perfino delle cabine ribattezzate «AmaZen» dove si può recitare mantra o meditare e ricaricare le batterie. Insomma, siamo passati dalla promessa della liberazione dalle rinascite a quella di un miglioramento di sé qui e ora.


Nulla nasce dal nulla. In molti abbiamo letto Yoga Body che ci ha spiegato come sono stati gli stessi indiani a iniziare il “circo” per sfruttare i loro oppressori che volevano nutrirsi del benessere della “ginnastica yoga”. Lo spiega bene anche l'ottimo libro di Marie Koch, ancora non tradotto in italiano, Yoga, une histoire-monde (La Découverte, Parigi 2019); Faeq Biria, insegnante di Iyengar Yoga a Parigi svela alla giornalista della rivista Stylist come lo yoga fisico si è affermato qui in Occidente: «Quando Iyengar ha cominciato a insegnare in Gran Bretagna alla fine degli Anni 60 era stato avvicinato da Peter McIntosh che gestiva i programmi di educazione fisica di Londra. Era interessato al metodo Iyengar, ma gli pose tre condizioni: non si parla né di mistica, né di religione, né di reincarnazione, né del karma. Al che il mio maestro rispose: “Accetto la sfida”.

E ha cominciato a formare degli insegnanti concentrandosi unicamente sul lavoro muscolare, sugli allineamenti e sui benefici fisiologici». Invece, aggiunge «quando Iyengar insegnava agli allievi indiani, la filosofia e i testi indiani uscivano come torrenti dalla sua bocca».

Un libro che si può trovare solo nei mercatini dell'usato o su eBay, Karma Cola - Il supermarket del misticismo orientale della giornalista e scrittrice Gita Mehta, scomparsa il 16 settembre scorso, spiega qualcosa in più e cioè una sorta di colonialismo al contrario avvenuto negli anni della beat generation dove gli invasori sono stati ingannati a dovere dagli invasi. Sprovveduti occidentali spesso attratti da spinelli e altro, si sono fatti infinocchiare da improbabili guru che promettevano una facile illuminazione in un'India trasformata in Yogaland. «Finimmo con soccombere fantasticando che i prodotti indiani reincanalati attraverso l'America, più non erano noiosamente etnici: erano i nuovi entusiasmanti accessori dell'Età dell'Acquario», scrive Mehta.


Si arriva ai giorni nostri dove Jaggi Vasudev, cioè Sadhguru, per 100 giorni ha attraversato 27 Paesi da Londra all'India meridionale in moto (Bmw K1600 GT e Honda Africa Twin), per “salvare il suolo” e spiegare alla gente che esiste il problema della desertificazione. Una contraddizione? Per i suoi detrattori non sarebbe l'unica visto che - come ricorda La Gazzetta dello Sport - gli ambientalisti lo hanno accusato di aver costruito il suo ashram in una foresta protetta. Ma ogni tempo ha i suoi guru e se oggi c'è chi è disposto a spendere da 105 a 900 euro per un posto al suo incontro di Milano (a quelli del Dalai Lama in Italia il costo del biglietto era popolare, per quelli con Radhanath Swami non c'è biglietto.... ma tant'è), la sua Isha Foundation nel 2021 ha fatturato quasi 30 milioni di dollari e tra i suoi discepoli occidentali ci sono Will Smith e Matthew McConaughey. Ogni tempo ha i suoi guru, sì: per Tulasi Srinivas, docente di Antropologia e Religione dell'Emerson College, lui è un guru neoliberale per tempi neoliberali che ha superato la contrapposizione tra ascetismo e materialismo.


Il grande Shiva eretto da Sadhguru. Foto di Adiyogi da Pixabay

L'unica immagine di Lahiri Mahasaya.

Ce n'era bisogno? Non avevano provato a farlo - in altro modo - i maestri tantrici moderni come Swami Satyananda o il mistico padre di famiglia Lahiri Mahasaya? Ma oggi il vento è diverso. Lo storico e sociologo Christopher Lasch del resto ci ha spiegato che l'individuo si impone nel nuovo orizzonte politico: «Non avendo la speranza di migliorare la loro vita in maniera significativa, le persone si sono convinte che quello che contava era migliorare la loro psiche».

Insomma, ricorda Fahsi su Le Monde, «profondamente politico e profondamente depoliticizzato, lo yoga contemporaneo contibuisce alla diffusione di discorsi in apparenza emancipatori, ma in realtà colpevolizzanti e controproducenti», perché le persone finiscono per trovarsi «incatenati in una corsa permanente verso il miglioramento di sé che li lascia perennemente insoddisfatti o addirittura depressi».

Eh sì, perché qualsiasi cosa ti capiti, per questa mentalità New Age, la colpa è tua.

Ecco i risultati sociali dello yoga moderno (eletto come soluzione dei mali dell'individuo), spiegati su un giornale per intellettuali: promettendo l'alleggerimento dall'ansia e dallo stress, questo modo di intendere lo yoga porta a distogliere lo sguardo dal miglioramento sociale. E allora, spiega Fahsi, ricordando il lavoro della scrittrice Virginie Despentes, ci sono voci che propugnano un'altra visione che abbandona la performance a favore del semplice respiro. Perché fino all'ultimo respiro... «il respiro» è il metodo gratuito che ha attraversato i secoli per ritrovare un metodo vero di emancipazione personale e sociale. Senza bisogno di guru e di illuminazioni prêt-à-porter.


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