Franco Acquaviva
I cieli di guerra sono sereni
1.
I cieli di guerra sono sereni,
che sia una menzogna il bene
con la sua luce pura di primo mattino
o al crepuscolo che fascia la notte
di rosa, perché offre una vista perfetta
al bombardiere?
È senza attributi morali il cosmo,
creazione è la nostra
entrata in scena col gioco sulle dita
disposti a cantare ciò che si unisce –
o a dispetto tra le quinte, del calcolo
di funzione uso abuso annessione
fare mestiere di distruzione.
Così il soldato carica il mortaio
e non vede come noi che l’azzurro
sovrasta e tremendo non dice
e annuncia ripetuti splendori.
Non vede come noi non vediamo
l’attesa del ragazzo e la luce
che lo investe in pieno come in un giorno
di festa in camera sua o in strada
di qualcosa che gli cambi la vita;
non vede come noi non vediamo
come lo investe in pieno il fiore
dell’esplosione con i suoi petali
crepati di ruggine e carminio.
2.
Nell’azzurro del mattino, profezia
di più larghi splendori al mezzogiorno,
che preme per trionfare, è mostrato,
tra dita fluttuanti di bianchissime
nubi strappate dai venti, il sogno
di pomeriggi devoti al silenzio:
lì correrà per strada,
di ritorno da scuola,
col sorriso negli occhi saltando
di piede in piede,
col suo antico
divagare di bimbo appena arrivato,
una piccola cosa vivente
in pace.
