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  • Immagine del redattoreGuido "Guidozilla" Gabrielli

Da dove viene «Yesterday», la canzone che vanta più cover al mondo (secondo il Guinness dei primati)

Aggiornamento: 29 ago 2022

Che cosa succede, quando ti svegli con un motivo in testa e non sai a chi o a cosa appartiene? Continui a canticchiartela e chiedi in giro di chi è questo motivo? Poi magari ti chiami Paul McCartney e ti risvegli con un tesoro. «Vivevo in un appartamento in cui avevo un pianoforte accanto al letto. Mi sono svegliato con questa melodia in testa, l’ho abbozzata sul pianoforte e mi sono domandato: “L’ho già sentita o no?”. Per circa un mese mi aggirai chiedendo alla gente dell'ambiente musicale se riconoscessero qualcosa. Le persone mi dicevano, non assomiglia a nulla che abbia già sentito, ma è buona. Alla fine era come riportare un oggetto smarrito alla polizia. Pensai che, se nessuno la reclamava, dopo qualche settimana avrei potuto tenerla» (intervista a Playboy 1984). E così fu. La gestazione del testo, in seguito, si sa, è stata molto più lunga: per mesi ha avuto come titolo di lavoro Scrambled eggs (Uova strapazzate), prima che «l’amore smettesse di essere un facile partita con cui giocare».

Da dove provenga la melodia, da quale piano astrale o da quali derivazioni musicologiche sia stata ispirata, ha scatenato la curiosità di tutti per molti anni. Io ritengo che, da questo brano in poi, sia diventata una cifra stilistica distintiva dei brani di McCartney: un istinto melodico per cui, una volta ascoltato il brano, non la dimentichi più. Semplici, ovvi, quasi sulla punta della lingua, come aver trovato un cruciverba già risolto, ma mai banali,


Yesterday sembra essere figlia una di tante discendenze: c’è Georgia on My Mind dal punto di vista armonico e in parte melodico (nella versione di Ray Charles), Answer me di Nat King Cole (You were mind yesterday/ I belive love was here to stay…); poi c’è la pista napoletana (suggerita da Ludovico Tondelli – Getting Better - Arcana), con Monastero ‘e Santa Chiara nella strofa «All my troubles seemed so far away». Yesterday è un po’ come i prodotti creati dal genio di Steve Jobs, che rendeva concrete e migliorava tante idee prematuramente intuite prima di lui, per diventare poi quel monumento del ’900 che conosciamo da oltre 50 anni.


In retrospettiva è un brano coraggioso, rivoluzionario, e fu uno spartiacque nella storia dei Beatles. Una volta composta, fu difficile trovare una modalità di essere suonata e interpretata da tutti e 4 i Fab, quindi si orientò solo sulla chitarra suonata da Paul e su un quartetto d’archi. Nel pieno della Beat Generation e della Swinging London, di gruppi con chitarre che nascevano ovunque, sembrava un controsenso che imbarazzava non poco. Inoltre Brian Epstein, il manager dei Beatles, il cui fine è sempre stato di comunicare e tenere compatto il gruppo, pensava che questo brano suonato e composto da un solo membro, avrebbe creato una disgregazione irreversibile.


Inizialmente scettico alla soluzione degli archi, Paul si raccomandò che si mantenesse un registro poco classico, eliminando del tutto i vibrati (alla Mantovani). La chitarra è accordata un tono sotto per dare un registro un po’ più grave ed essere più in sintonia con il quartetto, la tonalità è quella di Fa, ma la diteggiatura sulla chitarra è in Sol.

L’incipit è stabile sul Sol Maggiore («Yesterday…). Poi subito dopo si scende con il basso di ½ tono. Questa discesa è la scena madre del brano: la rottura tra un presente facile, incontaminato e un passato irreversibile: è un Fa # minore 7. Da lì in poi il brano ha un fare discendente scandito dal basso della chitarra sola per tutta la prima strofa. Al minuto 0,22 un inevitabile brivido all’attacco della seconda strofa («Suddenly…»): entrano gli archi («sono la metà dell’uomo che ero prima»). Il genio di George Martin (produttore /arrangiatore di tutta la loro opera) riesce a inserire nella partitura d’archi anche dei passaggi di pentatoniche blues, per creare un legame solido tra la tradizione classica e il nuovo mondo.


Questo brano diede modo ai Beatles di esplorare timbri musicali classici fino allora inimmaginati, che saranno ripresi e sviluppati in seguito, poco più di un anno dopo, nella loro inesauribile capacità esplorativa, (Eleanor Rigby, She’s Leaving Home, A Day in the Life).


Ancora oggi l’ascolto di questo brano lascia dentro un senso di solennità, un magone in gola, l’emozione rarefatta di un tempo in cui tutto era facile, anche sognare e trovare nuove melodie. Non ci resta che credere in Yesterday.








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