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  • Immagine del redattoreRiccardo Serventi Longhi

Quell'ascensore fermo che mi ha portato in paradiso

Aggiornamento: 27 apr 2023

Fermo tra un piano e l'altro... Un disagio? No, se il respiro conduce più in alto


Fermo in un ascensore che non va né su né giù. Non c'era apparente motivo per cui accadesse. Corrente elettrica ok. Luce accesa. Il fatto è che mi ritrovo seduto in terra in attesa che accada qualcosa in una situazione che non ho mai vissuto. Un contrattempo? Un ostacolo? Una manna dal cielo?

Non posso far altro che mettermi comodo e lasciare che sia.


«Il respiro. Come va?  Tutto quello che conta», mi segnala la gentile voce femminile che risponde al telefono chiamato digitando il numero inciso sulla targhetta all'interno dell'ascensore, «è che lei respiri bene. Non si preoccupi».

 «Grazie non sono preoccupato».

«L' apparecchio è di vecchia generazione, ha molte entrate per l'aria».

Valentina cerca di rasserenare a prescindere. È brava nel cercare di convincermi che non sono in pericolo di nulla. Le dico che non ho alcun dubbio, la ringrazio a ogni sua intenzione, anche quella di poter rimanere al telefono con me, se lo desidero.

«Magari si distrae un po’ in questo stato di disagio».

«Non sono a disagio, Valentina, grazie, ora mi godo questo momento, pensi che avevo da fare e posso non farlo».

La conversazione si dissolve serenamente, è chiaro anche per lei che non sono a disagio.


L' apparecchio è di vecchia generazione...

Questa immagine mi riporta al mezzo di più vecchia generazione, immutato per lo più da millenni, con cui posso interfacciarmi in questo istante, molto più antico del luogo che lo ospita ora. Il corpo umano. Il mio corpo. Il corpo umano e il respiro, come sottolinea Valentina del servizio di pronto intervento. Il respiro. La forza motrice che accompagna nelle ere l'intera umanità, altro che energie rinnovabili. Dovremmo inventare un motore "a respiro".

Bussano dall’alto, da una porta ad uno due piani sopra di me: «Tutto bene? Come sta? Stia tranquillo, adesso la liberiamo».

«Tutto bene grazie, sono tranquillo. Aspetto» (mi sento libero).

La «meditazione in ascensore» di Riccardo.

Il respiro si rinnova ogni 5-6 secondi.  È tutto ciò che conta per potersi accorgere di esistere. Non desidero distrarmi dall'esistere. È quello che cerca di fare tutto ciò che ci circonda, stimolando i nostri sensi, disperdendo l'energia vitale: distrarre. Tutto vuole distrarci dalla vita che, in noi, tende alla fine sin dall'inizio. Per questo ci è stato insegnato a riempirla di appagamento, pur di distrarci da quel conto alla rovescia che in India ha un nome, Kala, il tempo, ma, non troppo curiosamente, significa anche morte. Sorella, la chiama S. Francesco. Parente strettissima da custodire e che ci custodisce.

Noi siamo in mezzo a questa avventura, e cerchiamo di sfuggirne la fine, nel chiasso sensoriale.


Faccio silenzio al «A dopo!» della voce gentile di Valentina e al clic che interrompe la chiacchierata. Torno al respiro. Mi ascolto respirare.

Ho smesso di fare su e giù, in ascensore e altrove. Ma lui no. Inspirazione ed espirazione non cedono al disguido tecnico. Garantiscono la presenza H24. Non fanno turni, se non fra di loro, senza discutere. E (ho imparato nello yoga), la loro sospensione non è neanche un problema. Anzi diviene un dono. Nell'esistenza del su e giù di questo ascensore che mi ospita, ora vivo il suo dono. Mi ha abbracciato nel suo fermarsi.


Mi accorgo che finalmente ho smesso di salire e scendere freneticamente in modo abitudinario, non solo come permette di fare il mezzo su cui mi trovo, ma come di solito fanno le emozioni che invadono l'esistenza. Qualcosa di apparentemente esterno, un evento (per niente) casuale, mi ha detto: stop.

Stop, prendi fiato ora. Prendi un tempo per tornare a te. L’esterno è un amico prezioso se non fai finta che sia destino o ostacolo.


Suoni di voci preoccupate si alternano al di là dell'acciaio e del legno che mi custodiscono da istanti che non misuro. Non sono preoccupato. Mi godo il silenzio e l'immobilità.

È un esterno che non mi coinvolge.


Il pronto intervento chiama per sapere se va tutto bene. Dico:

«Mi sento un privilegiato oggi. Ho tempo per stare fermo e la mia mente non si offende».

Dall'altra parte, dopo una pausa come a dire «questo è matto« un'altra voce gentile risponde: «Sicuro?».

Sorrido con lei: «Non è Valentina?».

«No sono Giulia»

Mi chiede: «È buddhista?».

«No, sono sereno».

«Le prende Internet? Magari si distrae...».

«Grazie infinite. Attendo tranquillamente il tecnico».

Lei: «Ci vorrà ancora una mezz'ora»

Io: «Bene!».

Lei: «Se ha bisogno la richiamo fra un po'».

«Credo non servirà, ma la ringrazio Giulia, buon lavoro».


Veniamo instradati verso la distrazione continuamente, a fin di bene in questa occasione, forse, ma in fondo siamo sempre distratti. Torno al respiro. Le gambe si accomodano all'attesa curiosa. Ai dolci rumori di sottofondo che accolgo e che lentamente svaniscono pur continuando la loro presenza. L'attenzione esterna di estranei accorti mi avvolge. È una dolce forma di amore.


Torno al respiro.

Mi sono fermato fra un piano e l'altro. Scopro che ero appena partito. Fra il primo e il secondo. La mente è abituata a dividere, ma ora mi accorgo di essere semplicemente immobile mentre il viaggio continua. Appena partito, per me oggi era già ora di fermarmi. Eccomi sono pronto a «Essere qui e ora».


Torno a essere silenzio. Senza attesa. Chissà quanto passa. Scoprirò dopo, un’ora quasi, per me pochi minuti. Ora un movimento secco fa ripartire l’ascensore. Quasi mi dispiace. La mente cerca subito di tornare agli impegni. Non la seguo. Mi alzo. Arrivo al piano d’uscita. Il custode del palazzo, una condomina furiosa per l’accaduto (perché qui non funziona mai niente, perché il condominio, perché il governo etc etc…) e il tecnico, nel vedermi uscire mi accolgono con un  «Finalmente libero!»(da cosa?) guardandomi sorridente e incuriosito dalla loro esclamazione, mi fanno: «Sei stato in vacanza?».

«In un certo senso… grazie, buona giornata a tutti, quando lo rifacciamo?».


Fra un piano e l’altro delle nostre esperienze, fra l’alto e il basso, fra l’inspirazione e l’espirazione, c’è uno spazio straordinario per non chiedere nulla. Per Essere. Il regno dei cieli, non prevede sostegno. Accade. Puoi cercarlo o trovarlo. Fra un piano e l’altro. Nella Fiducia. Quando non sei più dov’eri, ma non sei ancora approdato.


Benedetta ascensore...

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