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  • Immagine del redattoreMario Raffaele Conti

Un respiro per l'estate

Amo l’inclusività. Non ne faccio un concetto politico, anche se mi rendo conto che qualsiasi scelta, qualsiasi idea, in definitiva è politica. Se sei una persona consapevole avrai attenzione verso l’ambiente e verso l’altro perché “sai” che l’altro e l’ambiente sei tu. Niente è diverso da te, perché il tutto è contenuto in te e tu sei nel tutto.


Sono le basi, penserà qualcuno, ma purtroppo in questi tempi queste sono le… “altezze”. Abbiamo perso il senso del sociale perché ci siamo rinchiusi nel privato e siamo convinti di essere talmente unici al mondo che l’altro non ha gli stessi diritti nostri. Invece non è così, e lo sappiamo bene noi che abbiamo iniziato una ricerca interiore. Anche se anche noi siamo contenuti in queste contraddizioni e in questa nescenza. Niente risparmia nessuno. Anche se sappiamo che noi siamo gli altri.


Viviamo in tempi in cui ci dividiamo per qualsiasi cosa e ci si accapiglia perché non sappiamo accogliere l'altro e le idee dell'altro. Non sappiamo accogliere la diversità di idee, opinioni momentanee, pelle, sesso, mode, vestiti, menù.

Quello che piace a noi è normale, l'altro si adegui o venga esiliato senza diritto di parola. Quante volte assistiamo a questi discorsi sui social o per strada? Ma perché anche chi ha brevi ma significative illuminazioni a riguardo (non parlo di me) non riesce a farle intendere a tutti? Una risposta è «perché non è facile». Tra l'emozione o l'idea e la comunicazione stessa ci passa l'oceano; le parole non riescono mai a esprime l'anima, la ricchezza o la povertà che abbiamo dentro. La seconda risposta è «perché l'altro deve essere disposto ad ascoltare, ad accogliere» e se è chiuso nel proprio mondo, non è in grado di farlo. Su quest'ultima eventualità possiamo fare poco, non dipende da noi e si finirebbe per cadere in un giudizio sommario. Ma sul fatto che non sia facile comunicare qui si può discettare.


Scrive Swami Shankarananda Giri in uno splendido e non facilissimo libro, Kriya Yoga Darshan (Edizioni Cerchio della Luna): «Qualsiasi cosa diciamo o

scriviamo a proposito della spiritualità, è ciò che esce dall'Anima dopo essere stato “digerito”, e di conseguenza non può corrispondere alla verità». Dice questo monaco discepolo di Swami Sri Yukteswar che «la verità è il respiro, la vita, l'inspirazione» e che «il respiro è digerito dall'Anima che se ne nutre, quindi l'essenza resta e ciò che è inutilizzabile, inadeguato o cattivo, è espulso». La comunicazione è ciò che espelliamo di un pensiero, di un'emozione, di una fragilità, di un sentimento, e come tale è inadeguata, se non cattiva.

Questo, in termini spirituali, è il motivo per il quale spesso non ci sentiamo compresi e non comprendiamo gli altri come meriterebbero e desidererebbero. Ed è il motivo per il quale non si riesce a comunicare come vorremmo.



Ma questo swami allarga la nostra visione: «La verità è il respiro». Ogni giorno la gente si accapiglia nel nome della verità senza sapere che l'unica verità è dentro di noi, è quel gesto automatico del diaframma indotto dal nervo frenico che ci mantiene in vita. Il soffio ha dato la vita secondo tutte le tradizioni religiose, il soffio è quello che accomuna me, te, il tuo nemico, la tua amata, il cane, il gatto e l'elefante. Siamo tutti immersi nella verità del respiro e Swami Shankarananda Giri dice: a Oriente o a Occidente «la spiritualità è ovunque la stessa. Essa si basa sul respiro, tutto il resto è invenzione umana. La spiritualità è per tutti». Lahiri Mahasaya, guru della tradizione del Kriya Yoga, diceva di praticare la religione del respiro.


È il respiro il maestro che ci insegna l'inclusività. È il respiro che ci impedisce di fare la guerra quando siamo in auto, quando la compagna o il compagno sono in giornata «no», quando i nostri figli sembrano non aver recepito niente della nostra educazione. Il respiro è la pausa che ci mette nelle condizioni psichiche di accettare l'altro e di farci capire dall'altro. È il respiro la forma più sottile e profonda di comunicazione non-verbale. Quest'estate mi dedicherò al respiro per viverla appieno, per godere di ogni attimo di bellezza e di gioia, per superare gli ostacoli e l'impazienza.


Qualche sera fa il mio caro amico Piero mi poneva domande sullo yoga e io gli ho spiegato che la prima cosa che insegno a lezione è respirare: s'inizia ascoltando il respiro, si respira in asana, si respira nel pranayama... «Lo yoga è respiro», gli dicevo. E il mio amico Piero che è una persona intelligente ha capito subito che questa disciplina è inclusiva, che può essere accolta da qualsiasi religione perché insegna essenzialmente a conoscere se stessi attraverso il respiro e a mettersi in contatto con l'Anima e con l'Anima Mundi cara a Platone e Plotino. E, sì, tutto il resto è invenzione dell'uomo.




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